Com'è cambiata l'Inter dopo il mercato?
Un mercato a dir poco peculiare quello dell'Inter, vissuto su vere e proprie montagne russe e senza avere mai la sensazione di un controllo pieno e completo dell'area sportiva sugli eventi, nello specifico in uscita. L'addio di Conte poteva rappresentare la consueta voglia del tecnico di inseguire nuove sfide, rifuggendo l'idea di un mercato conservativo, ma più avanti le cessioni di Hakimi e soprattutto di Lukaku hanno fatto capire come le logiche non fossero più legate al rafforzamento sportivo come faro principale, con conti da far respirare e un bilancio da porre come priorità.
I movimenti di mercato
In un contesto simile, sulla carta fitto d'insidie, gli uomini mercato nerazzurri hanno saputo fare di necessità virtù e hanno tutto sommato valorizzato il ruolo di Simone Inzaghi anche dal punto di vista manageriale, individuando soluzioni che tenessero sì conto del bilancio ma che incontrassero le esigenze del tecnico. L'addio di Hakimi, vera sorpresa nell'anno dello Scudetto, sembrava il solo sacrificio necessario e in realtà ha solo anticipato il caso Lukaku, dagli effetti ben più potenti anche a livello mediatico. L'arrivo di Dumfries, in prospettiva, non colma del tutto il vuoto ma regala comunque a Inzaghi un elemento dalle caratteristiche affini a quelle del partente in direzione PSG. L'assenza forzata di Eriksen, dopo la grande paura di Euro 2020, è stata rimpiazzata da un colpo a parametro zero che, di certo, eleva il giudizio sul mercato nerazzurro: Calhanoglu ha già dimostrato di poter fare la differenza, ancor più di quanto non accadesse dall'altra parte di Milano. In avanti è partito Lukaku e l'idea non è stata quella di trovare un clone del belga, missione impossibile: Marotta, su spinta di Inzaghi, ha portato a Milano due elementi perfettamente complementari sia tra loro che con Lautaro, come Dzeko e Correa, in modo da dare più soluzioni al tecnico e di abbinare tecnica, potenza, cinismo e abilità nel dialogo coi compagni. Le partenze di Lazaro, Nainggolan, Young, Dalbert e Joao Mario non hanno certo spostato gli equilibri ma, al contempo, non hanno dato quella spinta attesa a livello di introiti, tale da risparmiarsi cessioni eccellenti.
Il colpo: Hakan Calhanoglu
Sicuramente l'idea di non puntare a un clone di Lukaku, andando ad ampliare le scelte di Inzaghi con due elementi complementari come Correa e Dzeko, finirà per premiare gli uomini mercato nerazzurri ma, al contempo, assicurarsi Calhanoglu a zero non può che essere definito come un colpo a pieno titolo: una situazione totalmente non preventivabile, come il dramma sfiorato di Eriksen, ha condotto Marotta a estrarre il proverbiale coniglio dal cilindro e a mettere sotto contratto un elemento già protagonista in Serie A sull'altra sponda di Milano. Un interprete, Calhanoglu, in grado di dare qualità al centrocampo e, al contempo, di rivelarsi efficace con inserimenti, tiri da fuori e calci piazzati perfetti. Il debutto col Genoa è stato da incorniciare, la missione ora è quella di trovare continuità di rendimento.
Il colpo sfumato: Duvan Zapata
Il vero e solo rimpianto riguarda la mancata permanenza di Lukaku, il mancato arrivo di Zapata in sostanza non è un fattore che abbassa la valutazione del mercato nerazzurro ma rappresenta una scelta alternativa alla coppia Correa-Dzeko. Certo è che l'attacco dell'Inter ha perso potenza, fisicità e muscoli: il colombiano, in tal senso, poteva essere una delle rare soluzioni valide per cambiare in modo minore il volto del reparto avanzato rispetto a quanto sia poi accaduto. Ma non è detto che sia realmente un male.
Il nuovo undici titolare
3-5-2: Handanovic; Skriniar, De Vrij, Bastoni; Dumfries, Barella, Brozovic, Calhanoglu, Perisic; Dzeko, Lautaro Martinez.