Com'è nato l'inno del Napoli? Storie, aneddoti e curiosità

Nino D'Angelo al San Paolo
Nino D'Angelo al San Paolo / Sergione Infuso - Corbis/GettyImages
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Il capitolo legato al Napoli e alla musica che risuona all'interno dello stadio partenopeo, da quando lo chiamiamo Maradona e finché era San Paolo, presenta tratti del tutto peculiari e unici rispetto a quanto emerso fin qui, riferendoci alle altre big di Serie A e alla loro specifica "storia musicale". Tratti di unicità che, a conti fatti, si legano in modo profondo all'identità azzurra e alla capacità che il pallone ha, nel capoluogo campano, di trascendere etichette e timbri di ufficialità per diventare parte dello stesso tessuto popolare, per intrecciarsi con la vita della città anche a prescindere dai novanta minuti vissuti in campo.

Quel ragazzo della Curva B

Un esercizio di appartenenza che rifugge dunque dalla necessità di entrare in una routine, di rispecchiarsi in un singolo brano celebrativo come riferimento stabile e duraturo, attraversando invece momenti diversi, umori variabili e simboli della città in senso lato. La natura atipica del legame tra il Napoli e la "sua" musica si riscontra anche in Napoli di Nino D'Angelo, adottato nel 1987 come tema musicale che accompagnò la squadra verso la conquista del suo primo Scudetto.

Non si tratta di un inno celebrativo realizzato a posteriori, come accaduto in altri casi, ma di una sorta di magico intreccio che - come detto - prese per mano la squadra di Maradona verso il trionfo. Il brano non nacque in modo esplicito per diventare l'inno della squadra azzurra, si trattava infatti della colonna sonora al film Quel ragazzo della Curva B, interpretato da Nino D'Angelo e incentrato sulle vicissitudini di un giovane tifoso che professava l'idea di un tifo "sano" all'interno di un contesto che, al contrario, sfruttava la Curva per alimentare traffici illeciti.

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Un tema che, per certi versi, s'intreccia in modo piuttosto diretto a quanto proposto dall'attualità e dalla diatriba tra De Laurentiis e una frangia "delinquenziale" (citando il patron azzurro) della tifoseria, con polemiche esplose anche nei mesi allietati dal sogno del terzo Scudetto. A livello di tematiche il brano in questione ripercorre tutto un insieme di punti fermi dell'immaginario associato al capoluogo campano: "‘Na bandiera tutt’azzurra c’arrassumiglia ‘o cielo e ‘o mare ‘e sta città" ma anche il ricorso continuo all'idea di tifo come momento di aggregazione mirato a trovare sollievo e gioia in mezzo alle difficoltà del quotidiano.

Napoli e gli inni: una storia diversa

Anche andando a ritroso, pur riscontrando tentativi più o meno efficaci indirizzati in quel senso, non si può trovare un momento in cui effettivamente il club azzurro sia arrivato ad avere un inno ufficiale, niente di universalmente riconosciuto e di duraturo ma, semplicemente, esperimenti dettati dalla popolarità di singoli interpreti e dall'annesso riscontro popolare. In tal senso si può citare il brano interpretato da Nunzio Gallo nel 1972, definito appunto Inno del Napoli e - a conti fatti - il progetto più vicino a quello di un inno ufficiale in senso stretto.

Nel novembre del '72, infatti, il quotidiano Sport Sud si riferiva a tale brano definendolo "un inno tutto azzurro che possa essere per i tifosi l'etichetta della loro passione", sottolineando l'importanza di avere un inno ufficiale. La canzone scritta da Sciotti e Aterrano era la proverbiale marcetta, un brano da varietà più che da stadio, caratterizzato da trombe e da tamburi. Il testo rappresentava semplicemente un incitamento alla squadra, non privo dei cliché che spesso abbondavano negli inni realizzati tra i '70 e i primi '80: "Son giovani leoni che van sempre all'attacco, spaventan gli avversari solo con un ruggito, alé alé Napoli".

O' surdato 'nnammurato e Napule è: oltre il pallone

Se da un lato si può dunque riconoscere un'assenza innegabile, quella di un inno ufficiale dall'impatto duraturo e riconosciuto, si può al contempo riconoscere come la Napoli calcistica abbia saputo assorbire e far proprio un immenso bagaglio musicale: diventa cruciale in tal senso il ruolo di 'O surdato 'nnammurato e di Napule è. Si parla in entrambi casi, pur in epoche distanti e non solo a livello di esiti sportivi, del naturale assorbimento del sentimento popolare e, dunque, di un'emotività che non può essere raggiunta (ragionevolmente) da inni scritti a tavolino, anche se esplicitamente legati alla squadra.

'O surdato 'nnammurato, scritta da Aniello Califano e musicato da Enrico Cannio nel 1915, rappresenta un esempio ideale di cultura popolare trasportata - sull'onda dell'emotività - in un contesto calcistico. Un binomio, quello tra la Napoli del calcio e il brano storico in questione, percorso in modo incessante dalla stagione 1975/76 sull'onda di un grande inizio di stagione e del sogni di poter lottare per obiettivi importanti. Non si tratta dunque di un inno ma più di un canto liberatorio, di un segno totalmente viscerale di appartenenza, che - solo incidentalmente - sconfina nelle faccende di pallone.

Il lato emotivo e di appartenenza prevale su qualsiasi tentativo di definizione a tavolino anche nel caso di Napule è di Pino Daniele, un brano "intimo" in cui il compianto cantautore (giovanissimo al tempo della scrittura del pezzo) si rapportava in modo diretto, a tu per tu, con la propria città. Napule è percorre Napoli fuori da ogni retorica e da ogni costruzione posticcia o forzata, mantenendosi costantemente in bilico tra luci e ombre, tra amore e amarezza, regalando dunque un quadro del tutto spassionato e sincero.

Anche in questo caso, dunque, si riscontra un ruolo della musica ben lontano da quello formale di inno (come celebrazione e come routine): si tratta di intercettare e sublimare il momento, di assecondare un entusiasmo o un impeto di passione. Una storia in musica a tinte ben diverse da quelle già raccontate, tanto da rendere chiaro quanto il rapporto tra una piazza calcistica e la musica del cuore sia l'espressione di un più profondo senso identitario, ci suggerisca tra le righe (e tra le note) qualcosa sul DNA di una città e della sua gente.