Chi disprezza compra? Il sorprendente successo di vendite delle maglie più criticate

La terza maglia del Milan, dopo le critiche social, si riscatta in termini di vendite: non è un caso isolato.

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Esiste una linea ben chiara e netta che separa, soprattutto in tempi recenti, l'auspicio di tradizione dalla necessità (commerciale e non solo) di intercettare esigenze diverse, slegate dalla storia di un determinato club e proiettate verso qualcosa di altro. Una sorta di invasione di territori che ognuno rivendica come propri, di sconfinamenti che non tutti gradiscono ma che - a conti fatti - trovano una propria ragione logica e avvalorata dai numeri.

A titolo puramente esemplificativo, senz'altro efficace, si può sottolineare come la terza maglia del Milan, presentata recentemente dai rossoneri e da Puma, rappresenti in modo anche plastico la contrapposizione descritta e ne spieghi le ragioni (quelle di una parte e quelle dell'altra).

Lasciando la vecchia strada

Il punto di partenza, quello dei critici, appare comprensibile fin dalla prima occhiata: si tratta di una maglia che - anche al di là del concept e della volontà di promuovere l'inclusività - non trova un riferimento nel passato del Milan e non trova dunque sponde identitarie, anche andando a scomodare terze maglie più o meno bizzarre viste nel corso dei decenni (già alla metà degli anni '90 non mancarono del resto divise controverse in ambito rossonero).

Come spesso accade, dunque, esiste un nutrito gruppo di puristi che (pensando anche alle reazioni social) si oppone all'utilizzo di abbinamenti cromatici così audaci e originali per le maglie di un dato club che, peraltro, non vede in quei colori un qualche nota di identità o di riconoscimento. Ma, appunto, c'è un ma.

La posizione dei detrattori, dotata come detto di una logica di principio abbastanza evidente, si scontra con dati espressi con soddisfazione del Milan stesso: "La risposta entusiasta dei tifosi non si è fatta attendere: il launch-day di ieri ha registrato le quantità di vendita più elevate degli ultimi cinque anni, seconde solo a quelle ottenute in occasione della presentazione della maglia Home 2022/23, presentata immediatamente dopo la vittoria del 19° Scudetto" ha comunicato infatti il club rossonero.

A flag bearing the crest of AC Milan is waved during the...
Milan / Nicolò Campo/GettyImages

In sostanza una delle maglie meno "prevedibili" e tradizionaliste della storia rossonera finisce, almeno inizialmente, per essere una delle più premiate a livello commerciale. Il Milan, comunicando la propria soddisfazione per i dati, ha sottolineato un aspetto chiave, il "contesto di crescita commerciale che ha visto AC Milan consacrarsi come brand globale e capace di andare oltre il terreno di gioco grazie anche a partnership prestigiose e al posizionamento del Club nell’intersezione tra mondi differenti quali sport, intrattenimento, moda e lifestyle".

Si tratta quindi, a maggior ragione parlando di terze maglie, di individuare un territorio ibrido tra evento sportivo, moda e lifestyle: non più, dunque, un dominio palese da parte del percorso tradizionale di un club (a livello cromatico e di scelte) ma la possibilità di ribaltare prospettive, far correre la fantasia e individuare via via concept differenti, anche slegati dal pallone in senso stretto come nel caso descritto.

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Dalla storia allo storytelling?

Più tendente sul versante della moda, comunque calzante e altrettanto efficace, è l'esempio delle maglie del Napoli realizzate da Marcelo Burlon nel 2021: divise criticate sui social, tutt'altro che gradite ai tradizionalisti ma, al contempo, premiate dal successo di vendite fin dai primissimi minuti (sia per la maglia dedicata ai giocatori di movimento che pensando a quella per il portiere).

Un polverone social che, insomma, si è tradotto nell'esatto contrario di qualsiasi forma di boicottaggio o di presa di distanze. Esiste, a conti fatti, una spaccatura evidente tra due target dotati di esigenze e abitudini d'acquisto diametralmente opposte: da un lato si trova la celebrazione del tratto identitario come massima aspirazione, in una sorta di ricerca della purezza originaria. Un pubblico che, insomma, vedrebbe nella terza maglia (ritenuta evitabile) un pretesto per riproporre semplicemente soluzioni passate, magari di un passato anche remoto.

Al contempo, dall'altra parte, c'è la chiara esigenza da parte dei club di aprirsi alle nuove generazioni e di "raccontare qualcosa" che non sia semplicemente la stessa vecchia storia, prendendosi dei rischi, sporcandosi le mani. Dall'identità già scritta, insomma, si sconfina nello storytelling e nel saper mutare forma, intercettando segnali. La prospettiva si muove dunque in equilibrio sul filo, sull'esigenza di lanciare segnali validi e accattivanti su ognuno dei due fronti.

Al di là dei numeri

Al di là di un mero discorso numerico, in assenza di dati, si può sottolineare un altro esempio: la seconda maglia della Fiorentina 23/24, bianca con abbondanti inserti floreali sulle maniche e nella parte frontale (in diagonale), ha raccolto immediatamente ironia e sfottò social (da parte degli stessi tifosi viola) ma - anche semplicemente recandosi nel capoluogo toscano - si può capire quanto Kappa abbia intercettato una domanda, abbia saputo incuriosire o comunque uscire dalle soluzioni più classiche. Sono maglie che, insomma, circolano e hanno avuto un loro seguito (ben maggiore di soluzioni più tradizionaliste percorse in passato).

In questo caso, peraltro, la volontà di osare si è unita al richiamo identitario e a ai gigli ripetuti sulla maglia, provando a unire esigenze più "reazionarie" e idee inedite. Territori che si intersecano dunque, zone in cui ognuno continua a reclamare il proprio dominio, con la prospettiva necessaria di far coabitare le due anime che (del resto) ci raccontano l'universo calcio nel suo complesso.