Cakir e il Bel paese (non per lui): due pesi, due misure, infiniti rimpianti
C'è una pubblicità di una decina di anni fa in cui Gerard Depardieu, figura leggendaria del cinema, firma il proprio insolito patto d'amore da francese verso l'Italia con un memorabile "Tengo o core italiano". Anche i francesi possono arrivare ad amarci pare, in uno slancio persino antistorico che supera veleni e antipatie tra vicini di casa, tutti potenzialmente hanno modo di fare qualche passo, tutti tranne uno: Cuneyt Cakir.
C'è chi scomoda un debole del fischietto in questione per il richiamo dei poteri forti, una calamita per il potente di turno da accarezzare, ma perdersi nella dietrologia apre orizzonti infiniti e complessi da esplorare uscendone vivi, assecondando accuse e teorie audaci; più spontaneo immaginare un giovanissimo Cakir (poco prima dell'inizio di una precoce carriera da arbitro) perdere a carte contro un ragazzino di Biella, di Lecce o di Frosinone. Nemmeno se lo ricorderà, non gli sarà più ben presente la sua faccia o come si chiamasse ma, questo è certo, era italiano. E la vendetta, si sa, va dosata bene e servita nel tempo, senza accelerare le cose: Cakir è stato un maestro nel diluire la rivalsa, nel presentare un conto via via diverso a squadre italiane di differente colore o provenienza, giusto per non rischiare di mancare la squadra del cuore di quella peste che, anni fa, tanto lo fece avvelenare.
I numeri parlano
Come sempre, prima ancora di dover interpretare o leggere tra le righe, esiste il solido conforto dei numeri a rappresentare le questioni, i fatti: dei 32 incroci tra Cakir e squadre italiane, tra club e Nazionale azzurra (Under 21 compresa), sono appena 10 quelli che hanno condotto a un successo, con 4 pareggio e un pesante contraltare di 18 sconfitte. La squadra italiana diretta più volte è il Napoli: 7 volte, con 2 vittorie, un pareggio e 4 sconfitte. Nello specifico gli azzurri ricordano in modo particolarmente vivido la sconfitta contro il Barcellona di Champions League, nell'agosto 2020: il gol del vantaggio blaugrana, negli ottavi di ritorno, era difatti viziato da una vistosa spinta di Lenglet su Demme, tale da tagliar fuori il centrocampista partenopeo.
Per quanto riguarda Roma e Juventus gli intrecci sono 5: un successo e 4 sconfitte per i giallorossi, 2 vittorie e 3 sconfitte per i bianconeri. Entrando più nel dettaglio la Roma ricorda senza dubbio l'uscita di scena in Champions contro il Porto, nella stagione 2018/19: ottavi di finale e rigore non concesso per fallo di Marega su Schick, senza neanche consultare il VAR per rettificare quanto deciso in un primo momento. Episodio certo fondamentale, tanto da scatenare l'indignazione di Pallotta. C'è spazio anche per la Juve in questa galleria dei rimpianti, ripensando in particolare alla finale di Champions contro il Barcellona e al mancato rigore per spinta di Dani Alves su Pogba, nella sfida vinta poi per 3-1 dai Blaugrana a Berlino.
Due pesi e due misure
E se l'Inter, con 3 sconfitte su 3 partite, non ha comunque recriminazioni epocali da ricordare al di là dei risultati in sé (con zero gol fatti) ecco che il Milan, da ieri, è andato ad aggiungersi a pieno titolo al poco invidiabile nucleo di squadre cadute nella rete del rapporto conflittuale tra Cakir e il Bel paese (bello non per lui, a tutta evidenza). Una nuova tappa sancita in parte dalla severità del doppio giallo a Kessié, con un bel pezzo di partita ancora tutta da giocare, ma che ha toccato l'apoteosi nella ripresa, con un rigore concesso e poi ribadito dal VAR per mano di Kalulu senza però ravvisare il tocco precedente, anche questo di mano, da parte di Lemar. Il tutto a completare minuti di decisioni a senso unico, col proverbiale metro dei due pesi e delle due misure diverse, pensando anche al mancato cartellino per De Paul.
Anche l'Italia, e come potrebbe essere altrimenti, non è passata indenne dal fatale incontro: e quando se non nell'epocale (in negativo) doppio scontro con la Svezia per accedere al Mondiale del 2018? In occasione dell'andata, conclusa col successo svedese poi decisivo, Cakir omise infatti di espellere Toivonen, provocando peraltro l'ira di Tavecchio. Tracce disseminate in una carriera tanto lunga quanto infausta per l'Italia, ormai pronta a vivere come una sentenza l'abbinamento con l'assicuratore turco, abile più che mai ad assicurare (appunto) notti di rabbia e di rimpianti alle nostre squadre in Europa.