Antonio Rosati non è più un portiere: ora è qualcosa di più

Antonio Rosati
Antonio Rosati / Vincenzo Izzo/GettyImages
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Arriva un momento della carriera in cui ci s'inizia a sedere in panchina indisturbati, senza telecamere che indugiano su di te o senza che ci si aspetti qualcosa, tantomeno che tu possa addirittura entrare in campo.

Una situazione che, per un ego smisurato e bisognoso di quelle attenzioni, può apparire come l'anticamera dell'inferno, il proverbiale inizio della fine. Immaginiamo ad esempio uno Zlatan Ibrahimovic privo del suo palcoscenico, senza fotografi che si voltano o senza quell'impressione di essere al centro del gioco pur senza giocare.

Si chiude una porta...

C'è poi chi si prepara a vivere una nuova stagione da terzo portiere, dopo l'ennesimo raduno, e a margine della prima di campionato - senza proclami o senza prima avvertire - sceglie di farsi da parte, di abbandonare ufficialmente il calcio giocato dopo 18 anni da professionista.

Da portiere a ex nell'arco di pochi minuti, perlomeno agli occhi di chi sta fuori, avendo peraltro dimostrato sul campo di essere tutt'altro che ex (andarsi a rivedere la prova da migliore in campo contro il Benevento, nella Coppa Italia della scorsa stagione).

Antonio Rosati non è Ibrahimovic, non lo è nel bisogno di sentirsi il fulcro di un mondo, ma è riuscito a scoprire nel tempo una seconda fase del proprio ruolo, tanto da diventare ufficialmente parte dello staff di Italiano (come vice-allenatore dei portieri) e tanto da rappresentare un vero riferimento per il gruppo, un fratello maggiore, un pilastro su cui contare nel quotidiano.

Già con Lupatelli la Fiorentina scoprì quanto un terzo portiere potesse dare a un gruppo, pur senza giocare, ma adesso - con Rosati - la funzione di "uomo spogliatoio" ha saputo raggiungere livelli ancora inesplorati, ponendo le basi ideali per diventare "più di un giocatore" (anziché meramente un ex).

Il racconto di un gruppo

Un ruolo che vale sia rispetto al gruppo che rispetto allo staff e che conta, a maggior ragione grazie alla finestra offerta dai social, anche agli occhi dei tifosi, anche a livello comunicativo. Parte della forza di un gruppo, insomma, si spiega nel racconto che se ne fa, nella voce che questo gruppo scopre: Rosati ha rappresentato in questi mesi quella voce, non soltanto per le ormai iconiche cover di Celentano con cui ha allietato il ritiro di Moena.

Le foto con gli autori dei gol decisivi, il rinnovo contrattuale annunciato in "corsivoe", la disponibilità totale a mettersi in gioco coi tifosi, riducendo sensibilmente la distanza tra spogliatoio e curva (virtuale oppure effettiva). Non più colpi di reni o riflessi provvidenziali ma tappe cruciali per costruire le fondamenta di un progetto, per renderlo sempre più credibile e solido. Qualcosa che a una prima occhiata strappa una risata ma che, più in profondità, vale più di un nuovo acquisto.


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