Peggior finale possibile per il Pioli bis: l'antagonista che non ti aspetti

Stefano Pioli
Stefano Pioli / Nicolò Campo/GettyImages
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Il sentimento di familiarità e di casa che risiede in ogni ritorno presenta talvolta un conto, rivela il suo lato più oscuro. La Fiorentina lo sa bene e, ormai da un decennio, vive come arrotata in un senso di eterno ritorno: gli avvicendamenti storici - ripetuti - tra Corvino e Pradè, fresco di dimissioni, danno un po' la cifra di quanto i viola non abbiano saputo, da tempo, scoprire una strada effettivamente nuova, non abbiano saputo emanciparsi dai percorsi già tracciati.

Storia di un fallimento

L'ennesimo ritorno, quello di Stefano Pioli, seguiva la narrazione di un salto di qualità e di un'ambizione rinnovata ma, nei fatti, ha condotto a un epilogo opposto: ritrovare un amico, insomma, e scoprire spigoli che una volta non c'erano oppure, dall'altra parte, scoprirsi diversi e non così aperti alla rimpatriata. Una sorta di rigetto paradossale del mondo viola nei confronti di un tecnico messo sotto contratto, pochi mesi fa, con un triennale da 3 milioni di euro a stagione.

Stefano Pioli
ACF Fiorentina v US Lecce - Serie A / Gabriele Maltinti/GettyImages

Un lato oscuro sorprendente, oggi, emerge nel rapporto tra Pioli e la piazza: quello stesso tecnico in parte "adottato" dalla realtà gigliata, dalla squadra in cui ha militato più a lungo da calciatore e che ha guidato da allenatore nel momento drammatico della morte di Astori. Gli eventi di inizio stagione, del tutto lontani da ogni logica prevedibile, hanno condotto a uno scenario irreale, persino fantascientifico. Uno scenario riassunto (oltre che dall'ultimo posto) da un Pioli diretto negli spogliatoi, in solitaria, dopo la sconfitta col Lecce, con la squadra nel frattempo immobile e attonita di fronte alla Curva.

Da amico ad alieno: un Pioli diverso

Nelle ore successive, poi, una potenziale pietra tombale sui rapporti tra ambiente e tecnico: niente dimissioni, nessuna intenzione di rinunciare a quel ricco contratto, assolutamente nessuna voglia di farsi da parte se non obbligato (come poi in effetti è stato, con l'esonero). Il Pioli umano, il Pioli normalizzatore, quello che Firenze sentiva amico - insomma - ha assunto contorni diversi, quasi da antagonista.

Una metamorfosi che, del resto, aveva concesso qualche spoiler anche nel corso dell'estate: i riferimenti all'asticella da alzare, la volontà personale di tornare in una Serie A per giocarsela coi migliori tecnici, le frecciatine (invecchiate malissimo) ad Allegri per aver tenuto fuori i viola dalla lotta Champions. Tutti momenti che, nel racconto, hanno iniziato a tracciare un solco tra il Pioli familiare e quello alieno, quello dello Scudetto col Milan, dei contratti milionari, quello che ha allenato Cristiano Ronaldo.

Corto circuito tra passato e presente, tra ricordi e realtà, che può accompagnarsi a una forma di lezione: l'invito, finalmente, ad emanciparsi da un senso di inesorabile ritorno e di individuare - con chiarezza e coraggio - un percorso nuovo, senza bisogno di un timbro che arrivi da epoche diverse. Un monito che riguarda anche la dirigenza e la tentazione, che serpeggia nelle voci in città, di appoggiarsi ancora su Pradè nonostante le recenti dimissioni.

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