La rivincita di McFratm: da gregario a leader tecnico, il tragitto di McTominay

Un nome può portare in sé un destino, può condurre ad associazioni libere che tracciano per intero un tragitto: quello di Scott Francis McTominay non risulterebbe - in linea teorica - un identikit in grado di far risuonare corde emotive particolari nel contesto calcistico italiano. Il Regno Unito del resto, volendo restare nell'ambito degli eufemismi, non ha rappresentato per il nostro calcio - in una prospettiva storica - una riconosciuta fucina di talenti (al di là di fisiologiche eccezioni) e delle annesse suggestioni.
L'idillio che non ti aspetti
Una realtà come quella di Napoli, che spesso ha saputo vivere proprio di emotività e delle libere associazioni di cui sopra, sarebbe potuta apparire come aliena rispetto a un calciatore inglese naturalizzato scozzese, cresciuto tra Lancaster e Manchester - un che fin da piccolo sognava di vincere il campionato (la Premier, sottinteso) - che adesso si trova a poter realizzare il proprio desiderio lontano anni luce, non solo geograficamente, dal mondo in cui è cresciuto. Accanto alle fascinazioni più ovvie e percorse, Napoli e l'Argentina come esempio più automatico, il calcio sa proporre anche combinazioni più audaci, meno leggibili a priori, arrivando a connettere panorami diversi, prospettive inconciliabili.
Si può per certi versi riflettere su quanto questo sia già accaduto in passato con Kvaratskhelia, portando la Georgia al centro dell'universo partenopeo e proponendoci latitudini mai percorse, ma in quel caso erano le caratteristiche tecniche del calciatore a rendere automatici paragoni e ricorsi storici: lo stesso soprannome, Kvaradona, ci dice tanto a riguardo. Con McTominay la bussola si sposta ancora e lo fa in modo ancor più imprevedibile, come del resto ci racconta quel McFratm così efficace nel connettere realtà divergenti, suoni che generalmente non accostiamo ma che - alla fine - suonano persino armoniosi.
L'esotismo di tanti talenti passati per la Serie A, l'attrazione fatale per i guizzi funambolici, il genio e la sregolatezza, si distaccano profondamente da ciò che accompagna McTominay e basta un ideale terzetto di tecnici (Ferguson-Mourinho-Conte) per darci la cifra di tale distanza. Non è un caso che, oggi, nel raccontare McTominay si ricorra spesso a una terminologia militaresca - lo si definisca soldato - per descriverne più o meno efficacemente l'indole, la prospettiva. Un universo che si può collegare coerentemente con quello di Antonio Conte, condottiero che chiede tanto, che spreme i propri calciatori, che abbina etica del lavoro a una metodologia spesso raccontata come sfiancante, come massacrante.
McTominay veste in modo naturale l'abito del jolly, lo fa oggi ma lo ha sempre fatto in carriera, nel modo più virtuoso ed efficace possibile (tanto da spiegare al meglio l'idillio che si è realizzato coi vari tecnici che lo hanno avuto in rosa). Un profilo che, e non è casuale, è spesso risultato più gradito e incensato dagli allenatori che non a livello mediatico e ambientale. Lo scozzese ha giocato ovunque, è partito dall'ammirazione per calciatori dichiaratamente offensivi (Rooney e Zidane come idoli) per spostarsi gradualmente in posizione più arretrata e per tornare - con Conte - a farsi attaccante aggiunto, arma letale in zona d'attacco.
Da gregario a leader
La carriera di McTominay e la sua natura di jolly, in uno United lontano da quello vincente del passato, hanno fatto sì che la versatilità mostrasse anche il suo lato oscuro: si è trovato confinato all'idea di mediano aggressivo ma poco abile in costruttore, uno che "dove lo metti sta" e che non presenta velleità da leader tecnico, ancorato alla nomea di gregario legato al club. Una deriva che finisce spesso per avvelenare il percorso sportivo del calciatori più versatili, utili ovunque ma mai necessari del tutto, che ha trovato in Conte una via di uscita e che permette a McTominay - finalmente - di brillare di luce propria, lontano dal racconto che spesso lo ha accompagnato in Premier.
Ce lo raccontano gli 11 gol siglati in campionato, conditi da 4 assist, ma ce lo racconta la capacità del calciatore di abbandonare l'indole da tappabuchi e di abbracciare quella di pedina universale: i suoi inserimenti rappresentano una chiave di volta cruciale, letale se abbinata al lavoro di boa svolto da Lukaku, ma si può sottolineare come McTominay abbia trovato finalmente una collocazione efficace anche a prescindere dalla variazione di modulo. Le statistiche legate ai tocchi nell'area avversaria e più in generale alla partecipazione attiva alla fase di possesso riescono ad allontanare McTominay da quel racconto fatto semplicemente di aggressività e atletismo: mezzala nel 4-3-3 e nel 3-5-2, esterno sinistro nel 4-4-2, a prescindere dall'assetto tattico lo scozzese è rimasto un perno insostituibile di questo Napoli.
Anche come esterno sinistro nel 4-4-2, infatti, McTominay non ha stravolto le proprie caratteristiche ed è riuscito al meglio ad alternare momenti in cui ricercare l'ampiezza ad altri - più numerosi - per accentrarsi e sorprendere la difesa avversaria, restando dominante. Il percorso virtuoso e inatteso del Napoli di Conte, chiamato a difendere i tre punti di vantaggio sull'Inter per raggiungere un clamoroso Scudetto, passa dunque dalla scoperta di un nuovo McTominay, dall'esaltazione di ciò che era rimasto a lungo sopito, incompreso, in un contesto come quello dei Red Devils che - troppo spesso - sa inghiottire e celare anche le risorse più cristalline.
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