Fiorentina già in crisi: i tanti volti di un avvio da incubo
- Nuovi arrivi che non convincono e punti fermi da ritrovare
- Discontinuità tattica e statistiche impietose
- Pradè e i malumori della piazza

Esistono due racconti distinti (e soprattutto distanti) sul momento della Fiorentina, ancora a secco di vittorie in Serie A dopo cinque giornate e lontana dalle ambizioni che accompagnavano il precampionato: dal catastrofismo di tifosi e addetti ai lavori ai "segni di crescita" ravvisati da Pioli dopo lo 0-0 di Pisa. Sono numerose le sfumature della partenza da dimenticare dei viola, aspetti connessi al rendimento della squadra, a dati meramente statistici e a un distacco evidente tra la realtà di oggi e le aspettative (anche logiche) rimaste disattese.
Punti fermi in crisi, delusioni dal mercato
Partendo da quest'ultimo aspetto si può riconoscere come la permanenza dei punti fermi della scorsa stagione fosse un punto di partenza incoraggiante: Kean innanzitutto ma anche Dodò o lo stesso Gudmundsson, unanimemente riconosciuto come l'elemento dal maggior tasso tecnico della squadra. Non era scontato che rimanessero, per ragioni diverse, ma si tratta di elementi accomunati fin qui da un rendimento ampiamente inferiore alle attese (discorso che parzialmente vale anche per Gosens e che lascia immune, in sostanza, il solo De Gea).
Accanto all'assenza dei leader più attesi si può anche sottolineare come i rinforzi arrivati dal mercato non abbiano avuto l'impatto sperato, complice ovviamente la discontinuità tattica e le rotazioni continue degli uomini a disposizione: Piccoli e Sohm, data la spesa sostenuta, rappresentano fin qui punti interrogativi e sperano di poter dimostrare a breve quanto gli investimenti fatti siano stati avveduti. Anche gli arrivi di Viti, Nicolussi Caviglia e Dzeko non stanno lasciando il segno, Fazzini dal canto proprio appare probabilmente il più convincente tra i volti nuovi.
Pradè e Pioli: nessun ribaltone
Sullo sfondo rimangono aspetti più slegati dal campo ma ugualmente dirimenti, persino più profondi: la stagione scorsa si è chiusa con la piazza avversa a Pradè, il mercato sostenuto non sembra aver giovato all'immagine del DS e non manca chi vorrebbe un cambio di rotta a livello dirigenziale. Un epilogo che appare però lontano dalle prospettive gigliate e che verosimilmente non potrà concretizzarsi, considerando anche la gestione di tipo "familiare" di Commisso e la sua volontà di preservare il nucleo di uomini fidati, anche al di là del riscontro del campo e delle spinte (più o meno umorali) della piazza.
Resta altrettanto difficile immaginare ribaltoni in panchina, sempre che la situazione non degeneri ulteriormente: l'investimento fatto su Pioli - a livello economico ma in primis di fiducia pluriennale - rende quasi surreale immaginare un dietrofront, pur in presenza di risultati allarmanti e di risposte sconfortanti dal campo (viola sedicesimi per gol fatti, diciottesimi per passaggi completati e in grande difficoltà a creare occasioni effettivamente pericolose, al di là di tentativi velleitari).
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