Scaroni parla del nuovo San Siro e allontana le accuse di speculazione

Paolo Scaroni
Paolo Scaroni / PIERO CRUCIATTI/GettyImages
facebooktwitterreddit

All'indomani dell'acquisizione di San Siro e dei suoi terreni limitrofi da parte di Milan e Inter, Paolo Scaroni ha rilasciato un'intervista ai microfoni de Il Corriere della Sera per ripercorrere la lunga trattativa con il Comune di Milano, ma anche per fissare i prossimi passi per la costruzione del nuovo stadio. Un impianto che secondo il presidente rossonero non solo sarà all'avanguardia, ma andrà anche a rivalutare l'intero quartiere. Ecco le sue parole.

Sull'acquisto di San Siro:
"Da milanese d’adozione ho sempre creduto nella città del fare, non in quella che abbassa le braccia. È stata una trattativa complessa. Su rinnovamento e parziale demolizione sono emerse posizioni legittime ma ideologiche, che andavano superate. Il mondo cambia, se è successo nel tempio del calcio a Wembley, può accadere qui. Non è tempo di palle al piede. Abbattimento del Mezza? Ne resteranno le vestigia, come richiesto dalla Soprintendenza: una memoria importante per ricordare i momenti felici. Ma l’obiettivo è sempre stato solo quello di dotare la città di uno stadio moderno ed efficiente".

Sulle accuse di voler soltanto fare speculazioni:
"Faremo un albergo, le sedi di Inter e Milan, i musei delle due squadre, del vecchio e del nuovo San Siro, con un centro commerciale da 15mila mq: non certo il più grande d’Europa. Speculare è l’ultima intenzione dei club, altrimenti avremmo forzato sulla legge per gli stadi che ci permetteva di costruire ancora di più. Vendere i club con il nuovo stadio? Anche se non escludiamo altre scelte in futuro, oggi siamo lontanissimi. La nostra vocazione è sportiva. Non c’è alcuna vendita in programma a breve o medio termine. Il progetto sarà un patrimonio in grado di generare entrate maggiori, spazi più agevoli, praticabili e belli per invogliare i tifosi a venire ancor di più, così da comprare grandi giocatori e vincere le coppe come tutti i grandi club. Nessuno scappa con i soldi in tasca".

Sul nuovo stadio:
"Sono passati tanti anni e diverse gestioni, da Yonghong Li a Elliott. Io c’ero allora (nel 2017, ndr ) e ci sono adesso con RedBird: una società specialista in sport e stadi, in grado di dare un nuovo impulso a tutta la zona con un impianto moderno ed efficiente in un quartiere che oggi risulta troppo pieno durante gli eventi o troppo vuoto nei giorni della settimana. Con questa operazione, il quartiere diventerà più vivo, valorizzato, con uno stadio chiuso e in parte interrato, più silenzioso e meno impattante, firmato da grandi nomi come Norman Foster e Manica. E che cercheremo di minimizzare gli inevitabili disagi di cantiere: prima costruiremo il nuovo stadio, poi scatterà la demolizione. Soldi tutti privati (equity e in parte debito) ma interesse pubblico".

Su San Donato:
"Ci abbiamo lavorato come alternativa. Un’area su cui restiamo propositivi: abbiamo speso 40 milioni, e manteniamo l’idea di portarci attività sportive. Stadio condiviso? Funzionerà perché ha sempre funzionato. Dividerci e restare al Meazza? Non è mai stata un’opzione in campo. San Siro è già lo stadio più bello al mondo per vedere le partite. Lo sappiamo, e per noi è un must assoluto fare in modo che si veda ancora meglio, con gli spettatori ancora più vicini e le tribune altrettanto verticali, se non di più".

Sul rischio inchieste e ricorsi:
"Milano resta il posto migliore in Italia, anche se nella sensibilità degli investitori esteri i tempi sono fondamentali. Gerry Cardinale subisce il fascino di Milano, ne è entusiasta, vede tanti giovani e stranieri e crede nella sua capacità di continuo cambiamento. Io gliel’ho sempre detto: “vedrai che ce la faremo”. Europei? È una scadenza naturale, non nostra. Ma arrivarci senza stadio a Milano sarebbe stato grave per tutto il Paese, nel frattempo continueremo a fare manutenzione e siamo disposti a riconoscere quanto dovuto al Comune prima del rogito".


feed