Ranieri non fa promesse ai tifosi della Roma e critica la burocrazia per gli stadi

Domenica pomeriggio la Roma affronterà la Fiorentina all'Olimpico nel match valido per la 35ª giornata. Un impegno delicato per i giallorossi, galvanizzati dal colpaccio di San Siro contro l'Inter e intenzionati a portare a casa un risultato positivo per legittimare le proprie ambizioni per il quarto posto. A due giorni dalla sfida, Claudio Ranieri ha già preso parte alla consueta conferenza stampa di rito, ecco le sue parole.
Come sta la squadra? E com'è la crescita di Manu Koné?
"La squadra sta bene, abbiamo recuperato Nelsson e Abdulhamid. Manu è un giocatore universale. Può comprare più ruoli. Lui gioca in Nazionale con due mediani. E' un giocatore che si adatta alle situazioni. Può essere box to box o davanti alla difesa. Lui lo metto o da una parte o dall'altra a seconda delle situazioni e delle squadre che affrontiamo".
In questa corsa per la Champions in cui ci sono 5 squadre in pochi punti quale può essere l’elemento decisivo?
"Intanto dipende dalla freschezza della squadra e dagli episodi che arrivano, chi li sfrutta prima ha una grande possibilità. Sono questi i due elementi fondamentali. Serve la freschezza in questa lunga lotta per entrare in qualcosa di importante. Io chiedo sempre il massimo a me stesso, mi critico sempre e per cui chiedo lo stesso ai miei giocatori. All’ultimo vedremo dove saremo, senza rimpianti, senza pensare al prima, a cosa è stato, a cosa poteva essere. Queste sono cose che non portano punti in classifica, i punti li portano la determinazione e la concentrazione. Domenica affrontiamo una signora squadra che nelle ultime 10 partite ha perso soltanto ieri sera. Per me la Fiorentina ha tutte le carte in regola per andare in finale, ha battuto la Juventus. E’ una squadra che ha buonissimi giocatori e grande qualità. Dovremo fare una grandissima partita perchè è una gara da prendere con le molle”.
Su Dovbyk:
“Io ancora ci credo, è un giocatore che ha fatto notevoli progressi e ha ancora tanto da migliorare. Non è un acquisto sbagliato, perchè quando tu prendi il capocannoniere della Liga significa tanto. poi ci sta chi si adatta prima e chi si adatta dopo. Spesso voi ricordate Dzeko che il primo anno non ha fatto bene. Dovbyk ci ha portato tanti punti, credo che come primo anno sia positivo. Deve migliorare perchè ha i mezzi e le capacità per farlo”.
L'ucraino è incedibile?
“A me non piace parlare di questo, mi piace parlare di quello che possiamo fare in questa stagione. Queste sono tutte parole che possono distrarre la nostra concentrazione sull’oggi. Quello che avverrà dopo la fine del campionato sono altre considerazioni”.
Giocare la Champions potrebbe farle cambiare idea?
“Nulla potrà farmi cambiare idea. Io amo la mia squadra, i miei colori. Tutto quello che mi porterebbe a fare un altro anno sarebbe egoisticamente uno sbaglio per la Roma. Il nuovo allenatore dovrà avere il tempo per fare un anno da solo e avere la possibilità di conoscere tutto. Io lo aiuterò in tutto quello che mi chiederà”.
Andare in Champions con la Roma vale l’impresa di Leicester?
“No, più di Leicester non c’è niente, anche se io sono legato alla Roma, proprio perché quello che è successo lì è qualcosa di incredibile. È un altro tassello che porterò dentro il mio cuore, e questo per me è importante. Però quello che io dico è: lottiamo, lottiamo perché non dobbiamo avere recriminazioni, non dobbiamo avere scusanti, non dobbiamo avere niente. Abbiamo da fare quattro partite e le dobbiamo giocare proprio col coltello tra i denti”.
Perché Paredes è stato utilizzato così poco ultimamente?
“Perchè ho scelto altri giocatori. Stanno tanno tutti bene. Veramente, quando dico che scelgo all’ultimo – il sabato sera, la domenica mattina – è la verità. I miei pensieri sono soltanto legati alla squadra avversaria e a come metterla in difficoltà. Scelgo i giocatori che reputo più adatti”.
Dovbyk e Shomurodov sono riproponibili insieme?
“È un’opzione che avete richiesto a più riprese. Io ci ho pensato, forse più del dovuto, non lo so. Ma loro possono giocare, a prescindere che si giochi a tre, a quattro o a due. Sono due giocatori complementari, che si aiutano a vicenda e aiutano la squadra. Per cui è un’opzione”.
Non è convinto della lotta Champions?
“Io sono convinto che dobbiamo lavorare, non promettere niente e dare il massimo. Questo non significa che non siamo ambizioni. A me non è mai piaciuto dire no. Allora, si lavora”.
Ci dobbiamo aspettare l’annuncio dell’allenatore a fine stagione?
“Quando lo deciderà il presidente”.
Come prepara le partite?
“Io lavoro in questa maniera. Vedo chi è in forma. Quando sono tutti in forma, guardo l’avversario, come gioca, come sviluppa il suo gioco. Cerco sempre di mettere dei granelli di sabbia nel loro ingranaggio, di capire come posso vincere. Questa è la mia visione del calcio”.
Con l’Inter più coraggio. Una partita che vi ha aperto nuovi orizzonti? È la strada da seguire?
“Io non ho mai chiesto alla mia squadra, al pronti-via, di mettersi dietro. No. Evidentemente, se succede, è perché la squadra avversaria è stata più forte. Anche loro si adattano a noi: c’è chi dice “aspettiamoli 30 metri più indietro e vediamo cosa succede”, oppure, come la Juventus, “andiamoli a prendere alti e vediamo cosa succede”. Anche gli altri hanno le loro strategie tattiche, e noi dobbiamo essere bravi a controbilanciarle. A volte ci riusciamo subito, altre volte subiamo oltre misura. Poi, come in tutte le cose, si legge meglio la partita: l’avversario o noi, e i ragazzi riescono a sviluppare il proprio gioco. Tutto qua. Non è che io dica ai ragazzi: “mettiamoci dietro”. Posso dire: “aspettiamoli a metà tra la loro area di rigore e la nostra metà campo”, proprio perché magari loro giocano molto col portiere. Perché dovremmo andare lì a pressare il portiere, che ha un uomo in più? Sono tutte strategie che scegliamo, ma poi c’è anche la forza dell’avversario, che in certi momenti prende il sopravvento, spinto dall’entusiasmo, e ti costringe a difenderti. È come un pugile: quando ti metti bene, aspetti solo il momento per sferrare il colpo del ko, se possibile”.
Passa la narrazione che non si vince senza lo stadio nuovo, eppure alcune squadre ce la fanno. Lei come la pensa?
"Si è vinto anche con stadi più piccoli, no? Però, se vuoi competere con grandi squadre, ma anche solo per decoro del calcio italiano, andiamo. Dove andiamo, andiamo, vediamo stadi che sono gioielli. Abbiamo visto ieri il Villamarin del Betis di Siviglia, e tra poco andranno a giocare nel terzo stadio, la Cartuja, perché rifanno quello loro. Cioè, tutti nel mondo stanno rimodernando gli stadi, gli unici che lo fanno lentamente siamo noi. C’è troppa burocrazia, troppa gente dietro, troppe cose. E questa è una vergogna, onestamente, dell’Italia. Mi dispiace dirlo, ma è così. Controllate: c’è qualcuno che sbaglia? In galera, via, dentro. Ma non per dire: ci deve restare, buttate la chiave. Siamo stufi di questo, ma in tutti i casi".
Confermare questo percorso mette pressioni alla squadra in questo rush finale?
"Noi non abbiamo pressioni. Sappiamo da dove veniamo. Non dobbiamo avere pressioni. Stavamo sotto bagno. Abbiamo alzato la testa e cominciato a respirare. Ora che respiriamo, dobbiamo spingere. La pressione ce l'hanno gli altri che stavano lassù dall'inizio".
Shomurodov è un giocatore fondamentale per questa Roma?
"Lui è già fondamentale per quello che ha fatto, per l'impegno che mette e quello che ha dà. Dà tutto a cento all'ora. Lui si impegna tantissimo e qualcosa sbaglia. Poi sta a me vedere se cambiare strategia. Io amo lui perchè è un ragazzo d'oro, ma non si risparmia mai. E' un ragazzo che dà tutto se stesso".
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