L'uomo del ritorno delle semifinali di Champions: Riyad Mahrez, la lenta rivincita dell'ex sottovalutato
Claudio Ranieri ha pilotato la Sampdoria ad una facile salvezza, ma medita l’addio ai blucerchiati. A quasi 70 anni il tecnico di Testaccio fa ancora gola a diversi club, in Italia e non solo, in particolare a chi viene da annate deludenti e cerca riscatto. Dal Cagliari al Parma, piazze peraltro dove l’ex allenatore di Roma e Chelsea è già stato compiendo qualcosa di simile ad un miracolo, da una parte la scalata dalla C alla A, dall’altra una salvezza inaspettata a metà stagione.
Prima di decidere il proprio futuro, tuttavia, Ranieri palpiterà non poco nella serata del 29 maggio per la finale di Champions League in programma a Istanbul tra Manchester City e Chelsea. Sì, perché all’Ataturk ci sarà davvero un bel pezzo di cuore del tecnico italiano. Il riferimento non è solo ai Blues, dove ha scritto pagine di storia pur non vincendo titoli e dove tuttora i tifosi lo ricordano anche con più piacere rispetto a chi ha alzato coppe, bensì ai due pupilli che si troveranno di fronte. Ngolo Kanté e Riyad Mahrez sono infatti stati anche due simboli del Leicester dei miracoli che Ranieri seppe portare al titolo inglese del 2016.
Con tutta la riconoscenza per l’algerino, fautore delle fortune offensive delle Foxes insieme a Jamie Vardy, il cuore di Ranieri starà dalla parte di Kanté che indossa la maglia del Chelsea, ma in ogni caso Sor Claudio potrà guardare commosso uno dei propri figliocci riuscire a toccare uno dei punti più alti della carriera di un calciatore, sollevando la Champions. Meglio una Premier da underdog con il Leicester o una Coppa dei Campioni? Impossibile a dirsi, vincere dà sempre emozioni, le stesse che Ngolo e Riyad proveranno nell’abbracciarsi prima della partita ricordando la gioia sfrenata provata insieme solo cinque anni prima e la strada fatta in mezzo per ritrovarsi da avversari nella notte più importante della carriera.
In realtà Kanté ne ha già vissute altre di vigilie calde, dalla finale degli Europei 2016, persa, a quella del Mondiale 2018, vinta da protagonista sulla Croazia, mentre per Mahrez quella di Istanbul potrà davvero rappresentare la partita di una carriera. La sensazione, a 30 anni compiuti, è sempre quella di non aver ancora espresso tutto il proprio potenziale, ma la prestazione offerta contro il Psg nella semifinale di ritorno è di quelle che non si dimenticano. Per i due gol, certo, prima doppietta in Champions della carriera, che poteva anche essere hat trick, negatogli da Navas, ma anche per la consueta interpretazione data al proprio ruolo di esterno d’attacco vecchi tempi, implacabile negli scatti, negli allunghi, nei dribbling e nel creare la superiorità numerica, ma anche generoso nei ripiegamenti, come richiesto dal verbo calcistico aggiornato di Guardiola che prevede anche attenzione in fase difensiva e, perché no, di segnare in ripartenza.
Così se quella contro il Psg è stata la notte della rivincita nei confronti di un calcio, quello della sua natia Francia, che non lo ha saputo capire. Rivincita per una carriera arrivata troppo tardi ad alti livelli dopo essere stato sottovalutato in patria, dove fino a 23 anni giocava in seconda serie con il Le Havre, quella di Istanbul può diventare la notte della storia che lo vede candidato a diventare il secondo algerino, pur naturalizzato, dopo Rabah Madjer in grado di vincere la Coppa dei Campioni. Riuscirci anche senza il tacco di Allah che ha reso immortale l’ex Porto nel 1987 contro il Bayern non avrebbe prezzo per Riyad, che, musulmano praticante, avrà la motivazione ulteriore fornita dalla possibilità di giocarsi la gloria in una città come Istanbul. E a fine partita, comunque vada, ci sarà spazio per un sorriso con l’amico Kanté e con l’altro connazionale Edouard Mendy, portiere del Chelsea, un altro che fino a pochi anni fa guardava al calcio dei grandi dall’osservatorio della B francese.
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