La Roma e la sindrome da big match: come mai i giallorossi faticano con le grandi?

La curva della Roma
La curva della Roma / FILIPPO MONTEFORTE/GettyImages
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Per la Roma, quello dei big match è diventato ormai un tabù, un tema sul quale l'ambiente deve confrontarsi. Con la sconfitta casalinga contro il Milan, la striscia negativa dei giallorossi si allunga a 25 partite senza vittoria. In altre parole, i capitolini hanno giocato 25 volte contro le grandi di Serie A senza mai vincere, solo vittorie o pareggi.

Il che vuol dire che negli ultimi due anni, la Roma non ha mai trionfato nelle gare che contano. Il trend era diventato preoccupante già nella passata stagione e la società aveva provato a invertire la rotta esonerando Paulo Fonseca e ingaggiando uno degli allenatori più vincenti del decennio. Tuttavia guardando l'avvio di campionato, sembra che nemmeno José Mourinho conosca la formula magica per spezzare questo incantesimo.

Ma come mai la Roma non riesce a vincere un big match?

José Mourinho
José Mourinho / Danilo Di Giovanni/GettyImages

Sembra facile lasciarsi andare alle solite polemiche qualunquiste verso gli arbitri che secondo i tifosi più impulsivi danneggerebbero i giallorossi. Certo, è capitato di assistere a degli errori o ad alcune decisioni quantomeno discutibili da parte dei direttori di gara, ma il problema della Roma è più profondo.

Purtroppo, non basta un allenatore plurimedagliato per infondere la mentalità vincente. Lo Special One ha sicuramente portato un'attitudine alla lotta che dalle parti di Trigoria si è vista raramente e lo abbiamo visto negli ultimi tre big match che i giallorossi hanno giocato con un piglio ammirevole. Questo sembra però non essere abbastanza.

All'Allianz Stadium, la Roma ha addirittura dominato contro una Juve che già mostrava i primi segnali della sua crisi, ma non è riuscita a recuperare il gol fortunoso di Kean e se n'è tornata a casa col codino tra le gambe. Con il Napoli, i ragazzi di Mourinho partivano da grandi sfavoriti, quindi quel pareggio è stato da tutti considerato un punto d'oro. Nella partita di ieri sera, Pellegrini e compagni hanno mostrato ancora una volta un atteggiamento propositivo, però i 3 punti non sono ancora arrivati.

Lorenzo Pellegrini
Lorenzo Pellegrini / Danilo Di Giovanni/GettyImages

A questo punto, le colpe non si possono scaricare sull'allenatore. A Mourinho spetta il compito di conferire un bel gioco alla squadra e di creare i presupposti per una vittoria, ma non può essere di certo lui a buttare la palla in porta. Alla Roma manca qualcosa in termini di organico, serve un giocatore che possa garantire tranquillità ai compagni e redarguirli invitandoli a mantenere alta l'attenzione. Serve un campione, un uomo d'esperienza che di grandi partite ne ha vinte e che può insegnare ai più giovani come si fa. A mio avviso, la scelta di rinunciare a Pedro così a cuor leggero è stata fin troppo azzardata.

Inoltre, la sindrome dei big match si alimenta di un perverso circolo vizioso. Se infatti non vinci una partita importante, sei chiamato a vincere quella successiva e più questo successo non arriva, più i giocatori si sentono la responsabilità di doverci riuscire, creando aspettative e - di conseguenze - errori.

Esiste una soluzione a questo problema? Probabilmente sì. Ovviamente non sono un mago e non ho la palla di vetro, quindi non so quale sia la chiave di volta, ma a mio modesto parere, la Roma riuscirà a uscire da questo tunnel solo quando comprenderà che un big match è solo una partita come le altre; che sia contro Napoli, Milan, Salernitana o Venezia, i punti in palio sono sempre 3.


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