Napoli, Koulibaly: "Spalletti è come un cowboy. Voglio bene a Chiellini ma..."
Dopo un'annata difficile, Kalidou Koulibaly è tornato a giocare ai massimi livelli e la sua grande tenuta difensiva sta permettendo al Napoli di competere per la vetta della Serie A. Il centrale senegalese ha rilasciato una lunga intervista a DAZN; ecco le sue parole:
Mantenere i piedi per terra:
"Ho sempre avuto amici stretti che vengono a vedermi e non voglio cambiarli. Ho sempre fatto tutto con loro, crescendo con loro mi sono detto che le persone che mi conoscono devono farlo come loro. La cosa più importante era quella di restare umile, le persone devono vedermi come Kalidou Koulibaly, il piccolo che andava a scuola e che giocava con i suoi amici e non come il calciatore famoso che è diventato. Per me è importante".
Sulle bellezze di Napoli:
"La gente rende magica questa città, poi Napoli ha dei posti bellissimi. Quando mi sveglio la mattina ho la fortuna di vedere il lungomare, il Vesuvio, Capri. Qui se vai in centro incontri tutto l'affetto dei tifosi, capisci l'importanza che ha il club per la città. Secondo me sognano, dormono e mangiano Napoli, quindi lo vedi dal primo giorno in cui arrivi. La cosa che mi hanno sempre detto è che quando arrivi a Napoli piangi due volte, quando arrivi e quando parti".
Il suo rapporto con i compagni di squadra:
"Ci conosciamo tutti, da anni le nostre famiglie si frequentano. Usciamo tante volte a cena insieme e quindi la bellezza nostra è questa, viviamo bene e insieme. Quando sento gli altri parlare delle loro squadre noto che non c'è paragone, nessuno vive come noi a Napoli. Penso sia molto importante e si riflette sul campo".
Su Ghoulam:
"Con Ghoulam ho fatto alcune iniziative benefiche in ospedale, anche altri eventi. Abbiamo trovato studenti a scuola. Ghoulam lo reputo un fratello".
Su Jorginho:
"È un grande. Quando sono arrivato a Napoli è stata la prima persona con cui ho condiviso la stanza. Lui mi ha insegnato un po' di italiano. Ricordo che eravamo sul letto e mi correggeva sempre le parole. Poi in campo è stato straordinario, sappiamo tutti che giocatore è e l'importanza che ha nel Chelsea e nella Nazionale italiana. Mi divertivo tanto a giocare con lui, ci guardavamo e trovavamo. Un grande giocatore".
Su Insigne:
"Lorenzo è la storia del Napoli, un giocatore fortissimo che ha fatto sempre bene e gli voglio tanto bene. È anche una grandissima persona. Tiro a giro? Non lo dice mai, lo fa e quello è il bello. Ci tengo tanto a lui, sono molto vicino a lui e quando siamo in Nazionale siamo spesso al telefono insieme, ci chiamiamo. Non so se mi ha insegnato il napoletano però una parola che dico sempre è 'fratmo'. L'italiano lo capisco bene e provo a farmi capire".
La sua infanzia:
"Sono nato in Francia da genitori senegalesi. Mio padre era falegname e mia madre cameriera. Ero circondato da tante persone di origini straniere, di diverse nazionalità ma parlavamo tutti francese. Eravamo tutti fratelli, una grande famiglia. Tanti amici venivamo a casa a mangiare senegalese, preparava mia mamma. In casa parlavamo solo senegalese però fuori francese e già da bambino parlavo già due lingue e questo voglio trasmetterlo ai miei figli perché mi ha fatto crescere più velocemente. La cosa più speciale che ricordo è associata al calcio. C'era Francia-Senegal nel 2002, ho avuto la fortuna di vederla a scuola e cantavamo per entrambe le squadre. È stato un bellissimo momento. Segnò Papa Bouba Diop. Il maestro della mia classe era il mio allenatore di calcio e ci ha fatto una sorpresa perché eravamo sui libri e ci ha fatto girare accendendo la tv. Un momento bellissimo. Alla fine della partita turchi, francesi, senegalesi, arabi, tutti insieme a ballare di gioia. Un momento che non dimenticherò mai".
Perché ha scelto di giocare per il Senegal:
"È una scelta a cui ho pensato per un anno intero, se giocare con il Senegal o con la Francia. Poi con l'aiuto dei miei genitori, dei miei amici la decisione è venuta quasi naturale. Quando sono con gli altri giocatori mi sento in famiglia. Non mi sono mai pentito, neanche nel 2018 quando la Francia ha vinto i Mondiali. Magari se ci fossi stato io non sarebbe arrivata la coppa, io credo nel destino delle persone. L'hanno meritato e sono molto felice per la Francia ma spero che un giorno la alzerò con il Senegal".
Perché i senegalesi sono i "Leoni della Teranga?
La Teranga è la terra d'accoglienza, tutti devono sentirsi a casa. Quando un ospite viene vogliamo che si senta in famiglia. Ho avuto la fortuna di portare due amici napoletani in Senegal e quando sono arrivati lì sono stati sorpresi perché dicevano 'Guarda, ti trattano meglio di come fanno con le loro famiglie'. Gli ho detto che quello è lo spirito Teranga, devi sentirti come se fossi in famiglia, a casa tua. Se siamo arrivati a questo punto vuol dire che la nostra missione è compiuta".
Cos'ha portato Spalletti al Napoli:
"Ci ha dato tanto soprattutto nella mentalità. Lui ha sempre stimato il Napoli. La prima cosa che ha detto è che deve trovare il problema di questa squadra perché non è normale che non vince e quello ci ha subito dato un segnale perché se una persona da fuori dice così allora vuol dire che veramente abbiamo potenzialità. La cosa più bella è che ha avuto l'umiltà di dire che il lavoro di mister Gattuso è stato buonissimo, ha fatto molto bene e che non è qui per cambiare tutto ma per dare delle cose in più. I compagni di squadra mi dicono sempre che quando c'è un allenatore è mio padre, anche di Gattuso si diceva lo stesso. Secondo me bisogna chiederlo più a Spalletti".
La leadership di Koulibaly nello spogliatoio partenopeo:
"Spalletti mi chiama 'Sua Maestà', 'il Comandante', un po' in tutti i modi perché dice che sono un leader ma io faccio ciò che credo sia giusto. Se devo aiutare la squadra lo faccio, sono qui da 8 anni. Mi metto sempre a disposizione. Qualsiasi giocatore mi chieda aiuto gli do una mano volentieri. Sono consapevole che se giochiamo nel Napoli giochiamo per una città intera, per milioni di persone perché Napoli è una grande città e ci sono milioni di tifosi in tutto il mondo. Quando scendiamo in campo dobbiamo essere al 200-300%".
La sua passione per il cinema:
"Dovessi fare un film western Spalletti sarebbe un cowboy perché lui può avere l'atteggiamento misterioso che è un po' contro le regole. Un titolo per un film sul Napoli 2021/22? Sicuramente in memoria di Maradona, magari con lo scudetto sarebbe ancora più bello".
Sui complimenti ricevuti da Maradona:
"Quando una leggenda come Maradona spende parole importanti per te è un vanto, non è una cosa di cui possono godere in tanti. Ho avuto la fortuna di ricevere parole di stima. Gli ho mandato una maglietta e gli ho detto che lo aspettavo a Napoli. Ho avuto la fortuna di vederlo quando giocammo contro il Real Madrid e ne sono molto felice".
Sul grande avvio di stagione di Osimhen:
"Il suo primo anno è stato difficile. Nessuno si aspettava il livello che ha raggiunto oggi ma non ha finito di dimostrare, ha tanto che la gente vedrà stagione dopo stagione. È un ragazzo tranquillissimo, umile che fa ridere e scherza con i compagni. Soprattutto con Manolas. Quando fa gol balla con Insigne. È una persona straordinaria e voglio aiutarlo a realizzare ciò che vuole perché se lo merita. È sempre a disposizione di tutti e questa è la bellezza che lui fa vedere. Gli dico chapeau. Spalletti l'ha caricato, quando è arrivato si è messo subito dietro di lui, lo ha spinto a migliorare ciò che non faceva bene. Gattuso lo ha aiutato tanto, gli ha dato molta fiducia e forza. Questa combinazione oggi dà i suoi frutti".
L'importanza di Benitez per la sua crescita:
"Al mio primo giorno qui ho pranzato con lui. Ha messo undici bicchieri davanti e mi ha mostrato i movimenti del difensore. Con lui è stato bellissimo per me perché era il mio primo anno in Italia e mi ha aiutato tanto. I primi sei mesi mi ha fatto giocare tanto poi sono sceso meno in campo dopo la sosta. Mi ha spiegato che il calcio italiano è molto diverso da quello che conoscevo e lo ringrazio tanto per ciò che ha fatto perché mi ha fatto crescere tanto. Ricordo che gli ho staccato anche il telefono due volte. Ho ricevuto una chiamata quando ero al Genk, parlava in inglese e diceva 'Sono Benitez' ma pensavo fosse un mio amico con cui ero ogni giorno e doveva venire a prendermi. Credevo si trattasse di uno scherzo fino a quando mi ha chiamato il mio manager per dirmi che era veramente lui. Poi mi sono scusato penso cento volte".
Il problema razzismo:
"All'inizio è difficile, pensi di sbagliare urlando che qualcuno ti ha ferito. Il bello però è che la città ti ricorda che non sei sbagliato e sei la persona giusta. Questo problema si può combattere ancora di più e lo faremo. Ma vedo che siamo andati avanti rispetto agli anni passati. Chiellini mi ha chiamato, gli voglio molto bene. Solo sul campo quando lo affronto non posso essere suo amico (ride, ndr). È una persona straordinaria e mi ha sempre difeso su tutti i fronti. Mi ha dato consigli da calciatore e da uomo. Era molto dispiaciuto e si è scusato a nome di tutta l'Italia. Alla fine è una lotta che dobbiamo fare tutti e lui mi ha sempre detto che era con me. Mi ha aiutato ad andare avanti. È un buon segno per il futuro".
La decisione di Irrati:
"Stimo molto l'arbitro Irrati, in quel Lazio-Napoli ha fatto un gesto molto forte perché è venuto con molta calma dicendomi 'Se c'è un problema fermiamo la partita'. Io ero sorpreso e devo ringraziarlo perché mi ha dato la forza per iniziare a lottare veramente contro questa discriminazione. L'uomo che sono oggi lo devo anche a lui".
Le maschere con la sua faccia:
"Quando sono arrivato sul campo e ho visto tutti i tifosi con la mia faccia ero molto sorpreso, non me l'aspettavo proprio. Siamo 22 sul campo e tutti questi tifosi sono con la mia maschera, mi sostengono e sono dietro di me. Questi tifosi mi hanno sempre incitato e voglio dare loro qualcosa. Spero che io lo stia facendo in campo, ma anche fuori dal campo gli voglio tanto bene. Quando vado via per giorni e poi torno a Napoli sono felicissimo perché vedere l'affetto che questa gente ha per me".
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