Dal duro lavoro, passando per il Crotone, fino alla favola Milan: Messias si racconta

Junior Messias
Junior Messias / Jonathan Moscrop/Getty Images
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"Sono stato bene in questi primi giorni, è una città più moderna rispetto a Torino. Venivo spesso a Milano per il consolato brasiliano. Devo ancora trovare casa, stavo aspettando l'arrivo di mia moglie da Crotone, vediamo dove è più comodo per lei e per i bambini. Piano, piano ce la facciamo. Sono appena arrivati. Sono felice, loro sono un supporto grandissimo". Parola di Junior Messias, ultimo acquisto del mercato estivo del Milan, ai canali ufficiali del club rossonero: il fantasista brasiliano, a 30 anni, ha finalmente coronato il sogno di vestire la maglia di un grande club dopo una lunga carriera di sacrifici.

LA PRIMA EMOZIONE -"E' stato bello, vedere un centro sportivo così... E' stato un piacere allenarmi con Ibra, con mister Pioli. Quando vedo il Milan penso a Dida, che è ancora qui, a una squadra che ha rivoluzionato il calcio, al direttore (Maldini, ndr), che è una leggenda del calcio, agli altri brasiliani. Penso al Milan e penso a chi ha fatto la storia, li vedevo in tv ed è emozionante. L'anno scorso ho fatto un'intervista dove dicevo: mi sono reso conto di essere un giocatore di Serie A quando sono entrato in sala video per studiare gli avversari. E c'era il Milan". 

WALTER JUNIOR - "Mio papà è Walter senior, da qui junior. Siamo due fratelli e due sorelle, sono tutti in Brasile. Mio fratello è venuto nel 2002, ha vissuto qua fino al 2011, ero venuto a Torino con lui. E ho iniziato a costruire la mia storia e nel 2015 ho iniziato a fare il calciatore.Micoil mio soprannome? Sì, in Brasile mi chiamano così, perché quando ero piccolino mia cugina ha chiesto un passaggio a un suo amico che gli ha detto "te puoi salire, ma lui no, sembra unmico", cioè una scimmietta piccolina. E da lì i miei fratelli hanno iniziato a prendermi in giro, io mi arrabbiavo e poi dopo è diventato il mio soprannome"

IN BRASILE - "Ho iniziato a giocare da piccolino, all'epoca facevo l'esterno, ho sempre fatto quello". 

RAPPORTO COI GENITORI - "La cosa più importante dopo mia moglie e i miei figli. Il mio papà non mi ha mai dato niente, mi ha detto se vuoi vai e prendi. Fiero dell'educazione che mi hanno dato. Io guardavo papà, ho imparato con lui a lavorare. So fare un po' di tutto, muratore, elettricista, grazie a lui. Sono stato il figlio che è stato di più con loro. Ed erano felicissimi alla firma col Milan, era quello che volevano loro. Mia madre è molto credente. Una mia zia, che aveva fatto una preghiera, mi ha detto che sarei diventato calciatore in Europa, in una big. Non ci credevo più, e sono felice. E mia mamma è felicissima. E fa capire che dio veramente esiste: avevo 18-19 anni, era già tardi per fare il calciatore".

LA FEDE - "La fede è molto importante per me. Prima del match prego sempre. A Torino andavo sempre in chiesa prima della partita, il lunedì andavo a pulirla, martedì il culto. Diventa una grande famiglia. Ho tanti amici di tante nazioni".

GLI INIZI - "Ho iniziato coi peruviani nel torneo Uisp, ed è stata la mia famiglia in Italia. Poi mister Ezio Rossi mi ha indirizzato nella strada per fare il calciatore". Poi è intervenuto Ezio Rossi, il suo primo allenatore: "Ti dico solo una cosa, non nascondo le mie emozioni. Quando ho ricevuto la notizia mi sono messo a piangere. Sei stato come un figlio". "Mister, grazie di cuore. Mi ricordo che ci faceva faticare tanto, era duro". 

TORINO E IL LAVORO- "Quando sono arrivato qua lavoravo, poi nel 2015 e 2016 ho iniziato a giocare. Quei due mesi che non giocavo andavo a fare le consegne, perché avevo un grande rapporto coi ragazzi che avevo conosciuto lì". 

CROTONE - "Mi ha cambiato la vita, ho iniziato in B, ho fatto la A, lì ho iniziato a diventare calciatore vero. Ho trovato un allenatore bravo, come mister Stroppa, e ho trovato una famiglia. Nello spogliatoio ragazzi unici. Non è stato semplice dopo 5 anni che sei partito dall'Eccellenza arrivare in Serie A non è normale... E ho ripensato alla preghiera di mia zia. A 29 anni non sono arrivato, io voglio imparare ancora tanto, ci tengo molto, voglio fare. Cerco sempre di migliorare ogni giorno, di fare sempre di più di quanto fatto il giorno prima, perché nella vita e nel calcio quello che fai oggi per domani non serve, bisogna lavorare giorno per giorno. Questa favola me la sono meritata. Ho fatto tanti sacrifici: non sono stato sul divano ad aspettare, sono andato e me la sono presa. Questo è l'insegnamento che mi ha dato mio padre". 

L'AMORE- "Ho conosciuto Thamyris in chiesa e da lì è nato qualcosa. Abbiamo vissuto tante cose che l'hanno trasformata in qualche cosa di solido. Non riesco a stare lontano da lei. Calciatrice? Sì, ha giocato nel Crotone femminile. Da giovane ha giocato nel Torino, nella Juve, era brava, era forte, anche sua sorella giocava. Lei è prima punta, io esterno. Lei è stata sempre il mio appoggio, anche nei momenti duri, quando mi sentivo solo, quando ti senti abbandonato da tutti... lei è essenziale. Miguel ed Emanuel? Sono i miei gioielli, bambini fantastici. Miguel ha un'intelligenza fuori dal normale, Manuel è più vivace. Il primo ha 8 anni, il secondo 5. Che papà sono? Cerco di giocare con loro, ma sono anche severo quando serve, voglio insegnargli i valori della vita. Io ho vissuto un mondo diverso, loro possono avere tutto quello che vogliono ma non glielo do, non voglio che diventino viziati. E perdi il gusto di guadagnarci qualcosa. Gli faccio mandare di tutto, anche quello che non gli piace, ci sono tanti bambini che non hanno da mangiare. Gli piace giocare a calcio, a Manuel piaceva fare il portiere. "Io da piccolo voglio fare il portiere, da grande l'attaccante", questo mi dice". 

SU PIOLI - "Ha le idee chiare, che mi piacciono, sa quello che vuole fare". 

CREDERE NEI SOGNI- "La cosa principale è studiare, poi credere nei sogni sacrificandosi. La vita non ti regala niente, ma devi crederci. Se non ci credi, non ci arrivi. All'inizio è un no, ma se ti fermi al no non vai avanti. Non bisogna mai mollare. Non è mai tardi. Io sono al Milan a 30 anni, questo fa capire che tutto è possibile. Io non ho mai pensato in alto, ma ho pensato a gradino dopo gradino. In Eccellenza pensavo di fare fatica, così come in Serie D. Quando pensi che non ce la farai, darai tutto, il doppio".


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