Gazidis: "Volevo Fabregas. Donnarumma? Rispetto la scelta. Ibra, Superlega e futuro: dico tutto"

Ivan Gazidis
Ivan Gazidis / Jonathan Moscrop/Getty Images
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In una lunga intervista al Corriere dello Sport, l'amministratore delegato del Milan Ivan Gazidis ha parlato dell'annata rossonera culminata con il secondo posto in classifica, il ritorno in Champions, ma anche l'addio di Gigio Donnarumma. Prima però si parte da Zlatan Ibrahimovic.

Ibra?

"E' stato sorprendente conoscerlo. E' straordinariamente divisivo: o lo ami o lo odi. Penso che investa su questa caratteristica per motivare se stesso. E' un uomo molto intelligente e ha anche un lato soft, che esprime nel rapporto con la squadra. Non è sufficiente ruggire come un leone sul campo per guadagnarsi il rispetto dei compagni. Sono molto utili i momenti - diciamo così - di tenerezza. Una parte di lui è destinata all'immagine pubblica. Prevale comunque la componente motivazionale: Ibra non si accontenta mai, è sempre sopra le righe, il leone se lo sente addosso. E ovviamente non pensa di essere Dio. Il desiderio di essere qualcosa in più, e di diverso, è nella sua natura. Il gruppo è fortemente stimolato dalla sua presenza. Ed è un fatto notevole che, a 39 anni, Ibra riesca ancora a competere a questi livelli e a essere così determinato a vincere - è eccezionale".

Il rapporto Ibra-Pioli?

"C'è un ottimo equilibrio. E come Ibra mi ha sorpreso per il suo lato tenero, così Pioli mi ha colpito per il carattere. Mi ha impressionato la forza di Stefano, oltre alla sua sensibilità".

Giroud?

"Quando arrivai al Milan, credo addirittura il primo giorno, dissi che avremmo costruito la squadra sui giovani, ma senza escludere elementi esperti che avrebbero rinforzato il gruppo dandogli una guida. Non ho mai detto no a Ibra. Anzi, fu lui a dirci di no un anno, non voleva lasciare i Galaxy. Ne favorii l'arrivo e, per di più suggerii l'acquisto di Fabregas, che non andò in porto per altre ragioni".

Donnarumma?

"Non voglio rivelare i dettagli, né la tempistica, e non conosco i confini del rapporto tra Gigio e Raiola. Alla fine, ovviamente, la decisione è sempre del calciatore. Quello che posso dire è che Gigio è stato un professionista eccezionale, in ogni singolo giorno, e nell'ultima partita contro l'Atalanta non c'era nessuno più felice di lui per la qualificazione in Champions. Nutro una stima assoluta nei suoi confronti, così come rispetto le sue scelte. Nessun accento negativo. Ha fatto ciò che pensava fosse meglio per lui, e ci sono alcune ragioni dalla sua parte, ma non indico quali".

L'addio degli assistiti di Raiola?

"No, non è un nostro obiettivo. Non abbiamo alcun problema con Raiola, siamo in buoni rapporti. Certe decisioni vengono prese dai giocatori, non dai loro agenti. I singoli casi li analizziamo senza alcun pregiudizio". 

Ivan Gazidis
Ivan Gazidis / Jonathan Moscrop/Getty Images

Modello Milan?

"Se penso alle sfide che abbiamo dovuto affrontare al Milan, sin dal primo giorno... Dovevamo portare in pari i conti, perché il rosso aveva superato il livello di guardia, e allo stesso tempo migliorare le performance sul campo. Se avessimo copiato dei modelli esistenti avremmo fallito entrambi gli obiettivi. Dovevamo fare qualcosa di rottura, trovare un modo di agire tutto nostro, altrimenti non avremmo avuto alcuna possibilità di evitare l'angolo morto. Siamo in viaggio, la cosa difficile da accettare è che non esistono scorciatoie. La buona notizia è che in questo viaggio non vi è nulla di misterioso. Altri l'hanno affrontato prima di noi e con successo. Se guardiamo alla Premier, la base del rilancio sono stati gli stadi. Quando il calcio inglese ha toccato il fondo, il governo ha incoraggiato la costruzione di nuovi impianti. La comodità dei posti e la facilità dell'accesso all'evento hanno migliorato il rapporto pubblico-calcio. Si sono riviste le famiglie, poiché c'era più sicurezza, e la qualità dell'esperienza è cresciuta. I ricavi e la capacità di spesa hanno fatto immediatamente un balzo in avanti. Al rilancio del football hanno concorso anche altri fattori, ad esempio Sky, e così via. La stessa cosa è successa negli USA. Quando fu fondata la MLS non c'erano stadi dedicati. Ora invece, con 29 o 30 squadre, se non sbaglio, ci sono 20 strutture nuove di zecca, impianti incredibili. Burocrazia? E' un problema, bisogna trovare una soluzione. Se riusciremo a costruire il nostro stadio qui a Milano, rendendolo uno dei migliori al mondo - il più bello in assoluto - potremo dare inizio a qualcosa di importante anche per l'Italia".

La Superlega?

"La Superlega, per come era stata concepita, è morta. Tuttavia, i problemi che hanno portato a quel progetto rimangono inalterati. Tutti nel calcio, in particolar modo coloro che sono incaricati di regolamentarlo, devono riflettere seraimente sulle origini dei mali e su cosa si può fare - insieme - per ottenere un calcio migliore e sostenibile. Mi preoccupo quando si parla di vincitori e vinti, non vedo vincitori. Mi auguro che non ci sia alcuna "rottura". Un processo si terrà alla Corte Europea e di Giustizia, non sono un avvocato competente, ma il dialogo è sempre la soluzione più valida. Gianni Infantino ha detto qualcosa al riguardo, non mi faccia aggiungere altro... La gente parla di avidità. Il nostro club ha perso 200 milioni l'anno scorso. E' forse da avidi provare a inseguire lo zero, il punto di pareggio? E' da avidi affermare che saremmo felici se lo raggiungessimo? Perdere 200 milioni significa che qualcosa si è rotto. Non siamo un unicum, riguarda tutti".

Boban, Maldini e Massara?

"La squadra sta sopra ogni cosa e persona. Quindi il punto è trovare qualcosa o qualcuno che funzioni per essa, e quel qualcosa o qualcuno può essere frutto di scelte originali. Da fuori la gente può pensare che ognuno operi all'interno di perimetri fissi, le cose non stanno così. Noi lavoriamo come un team, con altre persone coinvolte, non solo Maldini e Massara. Ho creduto in Paolo fin dal primo momento, sapevo che sarebbe potuto diventare un direttore sportivo top level, ed è proprio ciò che è oggi".

Le aspettative?

"Il calcio non può crescere ripetendo se stesso. Abbiamo imparato qualcosa negli ultimi dodici mesi e abbiamo il dovere di sfruttare le nuove informazioni. Il Covid c'entra fino a un certo punto, le difficoltà erano evidenti anche prima del lockdown. Si sta verificando un adeguamento mondiale che deve precedere un rinnovamento sostanziale. Il mercato che vedremo quest'estate sarà diverso da quello dell'estate scorsa e da tutti quelli cche l'hanno preceduto. Il nostro obiettivo è continuare a essere ambizioni e ottimisti, migliorare la squadra seguendo il giusto cammino e coniugando risultati e stabilità finanziaria. Questo è importante, perché senza la stabilità la squadra ripiomba nell'incertezza. Servono disciplina e chiarezza. L'attenzione continuerà ad essere focalizzata sui giocatori giovani, con alcuni elementi esperti. Ciò che sta succedendo con i nostri tifosi è davvero speciale, mai visto prima. All'inizio - e posso capire i motivi - ponevano molte domande: questo percorso può funzionare? E' così diverso rispetto al modo in cui il Milan si è mosso in passato...Ma adesso la fiducia sta crescendo. Non ho mai visto niente di simile a ciò che è successo a Casa Milan: vedere i tifosi sotto i nostri uffici per esprimerci il loro supporto è stato un segnale estremamente potente: questo senso di unità e condivisione è una spinta eccezionale".

I fondi?

"Fin dal primo giorno ho fatto ciò che credevo fosse necessario per il bene della squadra ma ragionando sempre al futuro. Il mio atteggiamento non ha niente a che vedere con il fondo e con la possibilità che possa vendere: non so se questo accadrà tra uno, tre o dieci anni. La vision è molto chiara: riportare il Milan al top. Poi, ovviamente, il fatto che questi fondi entrano nel calcio deriva dal fallimento della regolamentazione e dell'organizzazione. Molte di queste situazioni si verificano perché alcune squadre sono in difficoltà - ed è nelle difficoltà che i fondi intervengono ed investono. Il calcio potrà avere delle proprietà molto più forti, se il nostro modello di business sarà regolamentato meglio e se le norme saranno rispettate da tutti. Questo è un altro grande obiettivo: avere i migliori proprietari, forti e solidi. Se hai un modello di business folle, non avrai proprietari forti, ma folli. Oppure fondi che raccolgono i cocci".


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