De Ligt: "In Italia ogni partita è una guerra. L’infortunio alla spalla mi ha reso più forte"
Nuove dichiarazioni da parte del difensore della Juventus Matthijs de Ligt. Il centrale olandese, classe '99, perno dell'Olanda e della Juve, ha detto la sua sull'annata in bianconero ma anche dell'infortunio alla spalle e del vaccino. Ecco le sue dichiarazioni al quotidiano olandese Trouw riprese da JuventusNews24.com.
Vaccini?
"Ho visto di nuovo l’intervista. Non era un’opinione ponderata. Noi giocatori potremmo vaccinarci tutti a Zeist mercoledì, ma io non c’ero. Quel giorno ero con la famiglia, con mia nonna a Heeze. Volevo solo aspettare che arrivasse la mia età prima di vaccinarmi. Non ci avevo davvero pensato così tanto. Da calciatore vivi sempre in una bolla. Non ero ancora pronto per decidere. Poi le mie parole sono esplose considerevolmente. Lo capisco, perché c’è una discussione in corso. Ecco perché ho pensato che fosse bene dare la mia vera opinione tramite un tweet più tardi".
Papà farmacista?
"Sì, ma non ne ho parlato con lui. Ora lo so: non stai solo prendendo il vaccino per te stesso, lo stai facendo anche per le persone intorno a te. Ecco perché lo voglio anche per avere più libertà nelle nostre vite. E non voglio pensare che mi venga improvvisamente il Covid prima di una partita molto importante della nazionale olandese. L’allenatore della nazionale aveva detto: non è obbligatorio, è stata una nostra decisione".
Sempre sotto la lente d'ingrandimento?
"Ci sono un po’ abituato. Ti accorgi ora che sta arrivando. Per noi ora è importante rimanere uniti, con tutto ciò che accade intorno a noi. Non dovremmo essere distratti da questioni marginali. Ma non sarei onesto se dicessi che non mi riguarda affatto, quello che pensano di noi tutti gli altri allenatori nazionali in Olanda".
L'infortunio alla spalla?
"Alla fine ne sono uscito più forte, penso, mentalmente e fisicamente. L’ho notato alla Juventus nelle ultime settimane. Mi sento forte, in forma ed esplosivo e personalmente ho giocato partite abbastanza buone".
Il cambiamento?
"All’Ajax era tutto più frivolo. In Eredivisie abbiamo avuto regolari cavalcate senza avversari, sicuramente nell’ultimo anno. In Italia ogni partita è una guerra. Uscirai ammaccato da tutti i calci. È davvero sopravvivenza. Sono diventato molto più duro. Ora il mio atteggiamento è: tu ed io duelliamo, vinco o perdo, ma tu non passi".
L'assenza di Van Dijk?
"Abbiamo bisogno di più leader e li abbiamo: Wijnaldum, Memphis Depay, Daley Blind. La cosa divertente è che anche le altre persone mi vedono come un leader, mentre questo è il comportamento più normale per me. No, non credo che la leadership abbia a che fare con l’età. I giovani possono essere leader, mentre gli anziani con esperienza non sono automaticamente leader. Deve essere in te".
Leader alla Juve?
"Penso che i leader diano sempre il buon esempio. Ci sono giocatori che parlano molto, ma si tratta di comportamento. Dusan Tadic può spesso dire ai giovani giocatori dell’Ajax che dovrebbero fare più allenamento per la forza, ma solo quando un giovane giocatore vede Tadic farlo lui stesso inizierà a pensarci e inizierà anche a partecipare. Virgil ha quel comportamento esemplare, alla Juventus è Chiellini. E Ronaldo, soprattutto per la sua spinta a voler sempre vincere. E Buffon, per come vive lo sport. È sempre allegro, ma quando necessario è molto brillante. Questo fa una grande impressione. Lo è: devi sentire esattamente quando è necessario. Se urli sempre, il resto penserà subito: lascia stare".
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