Deschamps: "Quando la Juve pareggia è una catastrofe, se perde uno tsunami. Vi spiego la mentalità bianconera"

Didier Deschamps
Didier Deschamps / FRANCK FIFE/Getty Images
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Il commissario tecnico della Francia Didier Deschamps ha parlato ai canali ufficiali della nazionale francese riguardo la sua esperienza alla Juventus. L'ex tecnico e centrocampista bianconero guiderà la Francia il 7 ottobre all'Allianz Stadium di Torino per il match di Nations League contro il Belgio. E, in vista dell'avventura a Torino, ha parlato proprio della sua esperienza alla Juve.

La Juve?

Ho cambiato completamente pianeta, anche se avevo avuto una buona introduzione al Marsiglia. Ma la Juve è la Juve, uno dei più grandi club a livello europeo e mondiale. Una mentalità diversa, approccio agli allenamenti diverso, una preparazione lunga, molto specifica e dura, ma c’era l’orgoglio di indossare quella maglia. Sono arrivato in punta di piedi, chiaramente. L’inizio è stato complicato perché ho subìto un infortunio al tendine d’Achille e mi sono dovuto operare. Ho vissuto 5 anni da calciatore meravigliosi, con questa cultura del vincere che è presente tutti i giorni, e nonostante questo c’è un ambiente familiare, creato dall’allenatore, Marcello Lippi, e dalla dirigenza, Moggi, Bettega e Giraudo. Un grande club dal punto di vista dell’organizzazione, dal magazziniere al presidente, tutti orgogliosi di essere a servizio del club e questo dà ai giocatori nessuna scusa quando la partita arriva. Tutti sono ai loro posti per permettere ai calciatori di dare il massimo”.

Didier Deschamps
Didier Deschamps / John Berry/Getty Images

Cultura della vittoria?

Quando la Juve pareggia è una catastrofe, se perde uno tsunami. C’è un grande professionismo, ciascuno ha un ruolo ben definito. Grazie a questo, tutti sono riconoscenti di avere un posto in questo club

Avventura da allenatore?

Il club era in difficoltà, dopo essere stato retrocesso in Serie B. Siamo partiti con dei punti di penalizzazione e siamo arrivati ad essere campioni della Serie B. Molti calciatori di livello internazionale sono rimasti, perché legati al club. Ogni volta che ci spostavamo, c’erano migliaia di persone ad attenderci, era il folklore. Non entrerò nei dettagli, ma dopo aver vinto il campionato non c’erano più le condizioni per proseguire l’anno dopo. Spero che non succeda più, che la Juve si ritrovi a giocare lì. Per me è stato un modo di restituire qualcosa ad una squadra che mi ha dato tanto”.


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