Totti: "Spalletti mi provocava. Roma? Ora non ci penso"
La rivista Vanity Fair ha dedicato la copertina a Francesco Totti, che la prossima settimana sarà nei cinema d'Italia con il documentario sulla sua vita. L'ex capitano della Roma, attualmente a socio di un'agenzia di scouting, ha raccontato alcuni attimi della sua carriera.
PAPÀ ENZO - “Quando da piccolo mi chiamavano lo gnomo e non mi volevano far giocare con quelli più grandi, papà insisteva. Loro cedevano, poi mi vedevano giocare e volevano rifare le squadre. Io zitto, muto, ma orgoglioso. Papà, forse, ancora più di me”.
ROMA - "Ad oggi non ci penso. Ho un’agenzia di scouting, curo i ragazzi, mi diverto. Sono contento e faccio quello che mi piace”. Di certo, per lui è ancora difficile ammettere del tutto (a se stesso) che non può più indossare (calcio a 8 a parte) gli scarpini: “Potrei fare ancora la mia figura, magari non per tutte le partite, ma potrei. Credete che Ibra corra ancora come ieri? No, ha 39 anni, eppure regge ancora l’attacco del Milan. Io sogno ancora il calcio di notte: a volte il Passato, altre il futuro”.
SPALLETTI - “Voglio fare una premessa: l’allenatore sceglie chi mettere in campo in totale autonomia. Io non mi sono mai permesso di mettere in discussione le sue scelte. Poi c’è un discorso di umanità: io mi impegnavo e lui cercava la provocazione, la rottura, il litigio. Capii in fretta che in quella situazione sarebbe stato impossibile continuare e così, per la prima volta in 25 anni di Roma, mollai. Se gli stringerei la mano? Nel calcio si sbaglia, sbagliamo tutti. Diciamo che dovrei capire in che luna sto quel giorno”.
NO ALLENATORE - “Io sono troppo buono e poi avrei un problema: vorrei far giocare tutti. Sono stato calciatore, so cosa pensano del tecnico quelli che vanno in panchina. Dovrei diventare severo, aspro, antipatico. Se non ci nasci, figlio di m..., non ci diventi”.
GRANDE PAURA - “Solo una cosa: morire. Prima o poi tocca a tutti”.
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