Tifare Weston McKennie
Lo ammetto, sono un tifoso della Juventus. Sono un privilegiato, uno che negli ultimi nove anni è riuscito a soffrire (tanto, tantissimo) soltanto in Champions o, al limite, in Europa League, negli anni di Conte. Facevo anche parte, però, di quella minuscola fazione di ribelli che, quando la Serie A divenne teatro dello scontro Allegri-Sarri, risultatisti-giochisti (termini che fanno accapponare la pelle), quasi desideravano la vittoria di Sarri e di quel suo Napoli così perfettamente vorticoso.
Immaginate la gioia di tutti noi, piccoli juventini amanti del sarrismo, quando quel mozzicone iniziò a posarsi sui posacenere degli uffici della Continassa. Immaginavo già il palleggio continuo nello stretto da un lato, e il cambio di gioco successivo su Alex Sandro, Danilo o Cuadrado che si involano nella prateria formatasi, Ramsey nell'olimpo delle mezzali d'inserimento, Pjanic che tocca anche i palloni tra le mani dei giovani raccattapalle e Cristiano Ronaldo che segna 400 gol a partita, terminando la stagione con uno score di 13.600 gol e 16 assist, tutti per Higuaín.
Ma un anno dopo mi sono risvegliato con la consapevolezza di aver visto ben poche partite "à la Sarri", e un gioco troppo spesso sterile, privo di quella spettacolarità che aveva portato il Napoli ad essere una delle squadre più belle del decennio. Poi l'uscita dalla Champions contro il più che abbordabile Lione aveva definitivamente demolito le mie illusioni, nonostante un campionato vinto, o meglio, perso da tutte le altre squadre.
Le mie timide speranze in una riconferma del tecnico toscano vennero sacrificate all'altare del "ritorno allo stile Juve", perché va bene il calcio, ma l'eleganza non deve mancare mai, e con una tuta e un filtro di sigaretta masticato per 90 minuti di certo non potevamo puntare alla Milan Fashion Week. Arriva Pirlo, allenatore-non-ancora-allenatore, che sembra quasi una mossa della società per salvare la faccia, e solo quella. I risultati fino ad ora sono stati tutt'altro che esaltanti, e la vittoria della Supercoppa solo un palliativo di una stagione che difficilmente porterà dei trofei pesanti a Torino, per la prima volta dopo quasi un decennio.
Ma non voglio (ancora) criticare Pirlo per due motivi: per prima cosa, non credo ci si potesse aspettare di più. Non ha la minima esperienza in panchina, ed è stato catapultato in una squadra che deve vincere tutto e sempre, bisogna dargli il tempo per crescere e capire che tipo di allenatore vuole diventare "da grande". Magari non arriverà mai ad essere in panchina quello che era in campo, ma iniziare a giudicare già adesso non tanto il suo lavoro (che deve costantemente essere criticato), quanto lui come allenatore mi sembra quantomeno avventato. E poi sono troppo legato al giocatore Pirlo, e ammetto di faticare a guardarlo con un occhio oggettivo, che separi l'atleta dal tecnico.
Però l'ultimo anno e mezzo è stato davvero sfiancante, da tifoso. Una squadra che non ingrana, e tecnici che non riescono ad eccitare, ad attivare quel tifo juventino che spesso e volentieri sembra quasi invisibile, nonostante sia il più diffuso d'Italia. Ricorda un po' quella cosa che si diceva di Berlusconi, o, prima ancora, della Democrazia Cristiana: nessuno li vota, ma stravincono sempre le elezioni. Mi piacerebbe vedere qualcuno, in campo, in panchina o in dirigenza che mi spinga un po' di più, che mi inciti ad incitare, che mi faccia tifare esattamente come lo stereotipo del tifoso classico. E invece, per la maggior parte delle partite, mi ritrovo a guardare per 90 minuti una squadra di robot programmati per provare poche emozioni e dire sempre le stesse cose*.
*A proposito, siamo riusciti a scovare un prototipo del programma installato all'interno dei replicanti juventini, potete provarne una fedele replica a questo indirizzo (funziona, anche se è chiaramente un prototipo).
Ma il calciomercato estivo ha portato con sè un giocatore che avevo già bollato come un sicuro flop, un giocatore che in poche partite è riuscito a diventare importantissimo per la Juventus, e importantissimo per me. Il primo giocatore statunitense che veste la maglia bianconera, Weston McKennie.
Già al suo esordio con la maglia della Juve, alla prima di campionato contro la Sampdoria, si possono notare le principali caratteristiche che lo porteranno ad essere fondamentale nella Juventus, ancora acerba, di Pirlo. McKennie è arrivato in Italia con la fama di essere un recuperatore di palloni, un centrocampista votato più al gioco difensivo, un Lil' Matuidi. Tuttavia, contro la Samp, e fino ad ora, McKennie sembra molto più a suo agio sul versante offensivo dell'azione. I suoi inserimenti non sono tanto votati al gol, ma più al portarsi dietro i difensori e liberare lo spazio per Morata, Ronaldo o Dybala, come ha fatto più volte nel corso della stagione.
Attualmente, in campionato, ha messo a segno 4 gol e 2 assist, numeri assolutamente nella media per un centrocampista, anzi, addirittura ci si potrebbe aspettare di più da uno come lui che si presenta spessissimo in area di rigore. Ma nella maggior parte delle azioni pericolose della Juventus, quando gioca, c'è il suo zampino: un movimento preciso a tagliare dentro l'area, un tacco inaspettato o una corsa disperata verso la porta che precede un filtrante per l'esterno. Eccola, l'altra caratteristica che ha aiutato McKennie a risaltare così tanto, questa sicuramente più legata a quella sensazione di mediano che ci regala il suo fisico: l'instancabilità, la frenesia totale dei suoi movimenti, memorie del suo passato nel football americano. McKennie, in alcuni momenti della partita, sembra impazzire e muoversi da una parte all'altra, guidato dal solo istinto come un cane che rincorre la palla, una pedina impazzita negli schemi a volte troppo leggibili di Pirlo.
Ma più che soffermarmi sulla funzione di McKennie nella Juventus, che è quella di accelerare e favorire le azioni dei bianconeri, quello che mi ha colpito è la sua profonda semplicità, sia nel gioco, che a livello umano. Nelle interviste, parla della sua amicizia di lunga data con Pulisic, per esempio, e devo dire che non ricordo nessun altro giocatore della Juve che dica di avere degli amici d'infanzia, oppure parla di Fortnite, di quanto poco lo appassioni il calcio in TV rispetto al viverlo in presa diretta, di quanto sia fan di Harry Potter (Read Another Book, direbbe qualcuno su Internet), tanto da dedicargli un tatuaggio e l'esultanza per il gol contro il Bologna.
Un calciatore così umano, e allo stesso tempo eccitante in campo, non si vede da un po' tra le maglie bianconere. Sono tutti grandi campioni, professionisti, non parlano quasi mai di questioni personali, la squadra e la società sono l'unico fine. Non è una cosa negativa, sia chiaro, però credo che il mondo del calcio sia ormai diventato così tanto business-friendly da annullare quasi totalmente le personalità, in particolare quelle di giocatori non costantemente sotto i riflettori, e addirittura da farci pensare che sia un errore di sistema quando uno di loro sembra avere passioni, pareri, emozioni.
Dopo un anno e mezzo poco entusiasmante, sia sul profilo tecnico, sia sul profilo umano, per la Juventus, e un futuro che non pare promettere bruschi cambiamenti di rotta, in più di qualche partita mi sono ritrovato a non tifare realmente per la Juve, o perlomeno non con quella foga che è il sangue del tifo. Mi sono ritrovato a tifare Weston McKennie.
E poi, l'ho preso al Fantacalcio.
Segui 90min su Facebook, Instagram e Telegram per restare aggiornato sulle ultime news dal mondo della Juventus e della Serie A