Tebas: "Messi? Scelta fatta per tutelare la legalità. Lui e gli avvocati hanno fatto un errore"

Javier Tebas
Javier Tebas / PIERRE-PHILIPPE MARCOU/Getty Images
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Javier Tebas, numero uno della Liga spagnola, ha concesso un'intervista al Corriere della Sera. Il presidente del calcio spagnolo ha parlato della 'guerra' contro Leo Messi, terminata con la 'vittoria' del Barcellona e della stessa Liga, che ha blindato il calciatore argentino, che non lascerà la Spagna per un altro campionato: "La mia non è stata una guerra contro Messi. Avrei fatto lo stesso se si fosse trattato di Pepito Perez o di qualunque altro giocatore del nostro campionato. Come Lega avevamo, abbiamo il dovere di difendere la legalità, la giustizia: i contratti vanno rispettati. Sempre. Che ti chiami Messi o Pepito Perez. Tutto qua".

Dicono che lei sia l’unico vero vincitore di questa vicenda.

"No, in assoluto. Personalmente ritengo non ci sia stata nessuna battaglia con Messi e il suo entourage, ho una stima speciale per Leo, lo adoro, è la storia del nostro calcio negli ultimi 20 anni: come avrei potuto fargli la guerra? Ribadisco: il mio intervento era finalizzato solo al rispetto dei contratti. Poi è chiaro che essendoci di mezzo Leo, la vicenda ha assunto dimensioni mediatiche enormi".

Secondo Messi però la clausola da 700 milioni non era più valida.

"Per quanto i suoi avvocati dicessero il contrario, il contratto era chiaro: veniva decontestualizzata una parte, questo li ha indotti all’errore. Alla fine sono contento della decisione di Messi di evitare conflitti giuridici. Continuerà a giocare nella squadra della sua vita. Spero che i rapporti tornino normali".

Leo però sostiene di esser stato trattato male.

"Non saprei. Ma non dimentichiamo che il sentirsi trattati male è una questione soggettiva".

L’intervento così pronto e risoluto da parte della Lega spagnola ha colpito tutti: è corretto dire che avete protetto un asset collettivo?

"Quando interveniamo per difendere la legalità, interveniamo per difendere la Liga e i suoi club. In questo caso il Barcellona".

A giugno, prima dell’esplosione del caso, lei aveva detto: la Liga con la partenza di Cristiano Ronaldo ha perso poco, con Messi sarebbe un’altra cosa. Per questo ha deciso di intervenire direttamente?

"Come ho già detto, è stato un atto per tutelare la legalità. Poi è evidente che chiunque preferisca avere Messi nel proprio campionato. Se fra un anno deciderà di andarsene sarà un peccato, ma non deve dimenticare che dalla stagione 2014/2015 è stato stabilito che il marchio del campionato stesse al di sopra dei giocatori e anche dei club. Solo questo è il modo per garantire redditività al settore, infatti ogni giorno che passa la posizione del marchio Liga si consolida".

Qualcosa potrebbe cambiare o ritiene che fra un anno Leo se ne andrà di certo?

"Sarà una sua decisione. Il contratto glielo permette".

LaLiga
LaLiga / Carlos Alvarez/Getty Images

Squadre e agenti hanno troppo potere?

"Penso siano due questioni diverse. Sulle squadre non sono d’accordo: se non rispettano i loro contratti, hanno sempre gravi conseguenze. Gli agenti forse sì, hanno troppo potere. Se ne parla da molti anni. La loro attività va regolamentata. In questo senso la Fifa sta facendo sforzi che vanno nel senso giusto".

La serie A ha margini di crescita, deve avere una visione collettiva: lavoro interessante di Dal Pino
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"Molto bene, in continua crescita, affrontando giorno per giorno le sfide. Continua la nostra strategia di digitalizzazione e di internazionalizzazione che abbiamo iniziato più di 4 stagioni fa".

E la serie A? Come la vede da fuori?

"Lo dico da anni, ha margini di crescita enorme. Ma per crescere nel ventunesimo secolo non basta aprire gli stadi, giocare una partita e mandare il segnale su un satellite. Per non restare indietro, devi fare molte altre cose".

Tipo?

"Serve una visione più collettiva, di sistema. Questo manca alla serie A".

Che ne pensa del progetto italiano del presidente Dal Pino di aprire ai fondi?

"Molto interessante, sto seguendo da vicino la vicenda. Penso sia una buona idea di partnership non solo per una questione finanziaria, ma anche perché permetterebbe alla serie A di affrontare e vincere le sfide del futuro nel più breve tempo possibile".

Due anni fa stava per diventare manager della nostra Lega di serie A: perché poi non è successo?

"Non si sono create le circostanze. Diciamo che i club spagnoli mi hanno amorevolmente “forzato” a non avere dubbi".

Ma è vero che dorme 120 notti all’anno in aereo?

"Quando si poteva viaggiare, sì. L’internazionalizzazione della Liga non richiede solo satelliti, devi cercare molti e buoni partner in ogni Paese...".

Un giorno o l’altro verrà a lavorare in Italia?

"L’Italia è un grande Paese, la Serie A ha molto margine. Anche se Spagna e Liga attraggono molto. Comunque, mai dire mai".


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