Estate 2004: la storia del fallimento del Napoli
Camminare nel centro di Napoli è un'esperienza unica. Puoi venire anche da lontano, ma quando attraversi quelle viuzze ti senti subito a casa. E non è solo per la rinomata ospitalità dei cittadini, ma è anche per le loro abitudini, così abitudinarie e speciali allo stesso tempo.
Perdersi per i quartieri spagnoli, immergersi nella folla di Spaccanapoli, lasciarsi inebriare dai profumi e dai suoni che avvolgono il capoluogo campano è un'esperienza unica.
Non è per tutti Napoli. Per comprenderla a fondo, bisogna viverci o perlomeno annullarsi completamente al suo folklore. Solo così puoi capire quanto i napoletani siano persone dal cuore così grande da riuscire a sorridere nonostante le difficoltà.
E questa tenacia i partenopei non l'hanno persa nemmeno nell'estate del 2004, cioè nel periodo più buio della Napoli calcistica, quello in cui una manica di personaggi avidi ed egoisti rischia di far sparire il pallone da una città che di pallone si nutre.
Per farvi capire quanto il calcio sia cruciale per Napoli, vi basterà sapere che i tifosi partenopei hanno provato così tanto amore per un calciatore, da elevarlo a divinità e costruirci una religione attorno. E i problemi per i partenopei sono iniziati proprio quando Diego Armando Maradona ha lasciato la città, nel 1991.
Nel corso di tutti gli anni '90, il Napoli vive infatti un periodo di mediocrità. Certo, niente di tragico, ma per una squadra abituata a dominare in Italia e in Europa, un decimo posto in campionato equivale a un disastro. Tuttavia, i problemi iniziano a manifestarsi nel 1998, quando la società si vede costretta a vendere i suoi giocatori migliori per riuscire a galleggiare in un mare di debiti.
La rosa subisce un forte ridimensionamento, ma quella retrocessione da ultimi in classifica arriva come un fulmine a ciel sereno, non se l'aspettava nessuno. La verità è che i tempi d'oro della presidenza di Corrado Ferlaino sono ormai finiti. La Serie A cresce a dismisura e le 7 sorelle investono così tanto da lasciare indietro una nobile del calcio italiano come il Napoli.
Come si può immaginare, i tifosi non vivono bene il ritorno in cadetteria dopo 18 anni di massima serie, ma sperano che qualche anno in Serie B possa alleggerire la società dai debiti accumulati. In effetti, l'arrivo in città Giorgio Corbelli fa ben sperare i partenopei. Verso maggio, il re delle televendite versa 100 miliardi di lire alla sezione fallimentare del Tribunale Civile di Napoli per comprare il 50% del club e diventare il nuovo presidente. Il campionato del 2000 vede inoltre trionfare i ragazzi di Walter Novellino che conquistano il ritorno in Serie A.
Il nuovo patron azzurro decide però di mettere mani sull'equilibrio tecnico della squadra, esonera l'allenatore e ingaggia Zdenek Zeman. Morale della favola: il boemo delude e nemmeno il subentrato Emiliano Mondonico riesce a salvare il Napoli dalla seconda retrocessione nel giro di tre anni. Dopo una mancata promozione nella stagione seguente, fa il suo ingresso in scena anche Salvatore Naldi, un imprenditore napoletano del settore alberghiero che entra in società con Corbelli. I due decidono di liquidare definitivamente Ferlaino che ancora deteneva delle quote azionarie e rimangono gli unici proprietari del Napoli.
Il fallimento del Napoli e il salvataggio
Tuttavia, un uragano è pronto a colpire il capoluogo campano. In Italia si scatena infatti lo scandalo televendite e Giorgio Corbelli finisce in manette, lasciando Naldi da solo e senza un soldo. In città si comprende da subito che il Napoli avrebbe passato tempi difficili, ma nonostante le avversità i giocatori riescono a restare in Serie B fino al 2004, quando arriva quella famosa estate di cui parlavamo poco fa.
Il 22 giugno, alle 19:40, dopo due anni e un giorno di presidenza, Toto Naldi si dimette e la società, priva di un presidente, scivola tristemente verso lo stato di liquidazione. Il che vuol dire perdita del titolo sportivo e ripartenza dai dilettanti.
Per salvare il club si muovono diversi imprenditori, Luciano Gaucci su tutti. Il presidente del Perugia si autoproclama salvatore del Napoli, paragonandosi addirittura al Vesuvio. Gaucci non intende far ripartire la società partenopea dai dilettanti né intende avvalersi del Nodo Petrucci, una norma che permetteva al nuovo proprietario di un club prestigioso caduto in rovina di ripartire dalla C1 senza passare dai dilettanti. Quello che è un buon compromesso, non va bene al patron del Perugia che intende iscrivere il Napoli in Serie B.
Per raccogliere fondi, Gaucci lancia un'iniziativa denominata "Orgoglio Partenopeo", incitando i tifosi a pagare un biglietto da 5€ per sovvenzionare le casse del club. L'evento viene fissato alla vigilia della decisione della Covisoc sull’iscrizione alla prossima Serie B e davanti a uno stadio San Paolo gremito sfilano idoli partenopei come Nino D'Angelo, Gino Rivieccio e Luis Vinicio. Manca però ogni rappresentante della giunta comunale che appoggia invece il Lodo Petrucci.
La vicenda inizia infatti ad assumere connotazioni politiche. Luciano Gaucci è un noto sostenitore di destra, mentre il sindaco Rosa Iervolino e l'assessore Antonio Bassolino provengono da ambienti di sinistra. Ecco perché il Comune sostiene Paolo De Luca, presidente del Siena, nonché militante del Partito Comunista. Pian piano iniziano ad affacciarsi nuovi pretendenti: oltre a Gaucci e De Luca, si registra anche l'interesse di una cordata di imprenditori di San Giuseppe Vesuviano, di un'inedita alleanza Moggi-Giraudo-Zamparini e della Lega Azzurra, un comitato di tifosi intenzionato a rilevare il 10% della società per dar vita a un azionariato popolare.
Il 1° agosto il Napoli compie 78 anni, ma il clima è tutt'altro che festivo. Mancano solo 48 ore per versare i 7 milioni di euro necessari per accedere al Lodo Petrucci e poter ancora iscrivere i partenopei in C1. Dopo due giorni, i giudici annunciano il fallimento del Napoli, parlando di "morte annunciata a causa della malaccorta ed inadeguata gestione imprenditoriale da parte dell’ex presidente Naldi".
La ripartenza con De Laurentiis
Nel corso del mese, si fanno avanti altri volti noti del calcio italiano, Enrico Preziosi e Gino Pozzo, ma l'interessamento più concreto arriva da parte di Aurelio De Laurentiis. L'imprenditore della cinematografia aveva provato a rilevare il Napoli già alla fine degli anni '90, ma la formula proposta non era stata considerata lecita da parte della FIGC. Ora, il proprietario della Filmauro mette sul piatto 25 milioni cash in caso di serie C1 oppure 47 per la Serie B.
Il 31 agosto, al termine di due settimane concitate, De Laurentiis parte all'alba da Capri e raggiunge Napoli in motoscafo e presenta un'offerta da 31 milioni di euro, molto più di quanto proposto dagli altri candidati. I tifosi appoggiano però Gaucci che continua a proclamare un posto in Serie B. Nella notte del 1° settembre, i partenopei si lasciano andare ad atti di violenza e teppismo in giro per la città, dando anche fuoco alla sala stampa del vecchio centro sportivo del Napoli.
Passano un paio di giorni e arriva l'ufficialità: Aurelio De Laurentiis è il nuovo proprietario della società che prende il nome di Napoli Soccer. Il neo presidente afferma: "Sono felice, si realizza un sogno. Ora non c’è tempo da perdere, bisogna mettersi al lavoro per allestire una grande squadra e una grande società, in cinque anni voglio riportare il Napoli in Europa”.
In effetti, al Napoli bastano appena due anni per tornare in Serie B e, grazie a un progetto solido e a lungo termine, il 10 giugno 2007 arriva la promozione nella massima categoria. Oggi quello partenopeo è uno dei club più forti ed economicamente stabili d'Italia e i tifosi sognano uno Scudetto che in Campania manca da troppo tempo. La squadra di Spalletti è attualmente prima e in caso di successo, la città potrebbe finalmente tornare a gioire dopo anni di sofferenze.
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