Spagna o Germania, dove deve volgere lo sguardo il calcio italiano?

Il Lipsia ferma l'Atalanta, la Roma scivola nuovamente contro il Bodø Glimt. Non è un periodo roseo per il calcio italiano fuori dai limiti dello Stivale, dove solo le competizioni europee minori possono ancora regalare qualche soddisfazione alla Serie A.
La Champions League vista da ospite non pagante sin dagli ottavi, dove solo due italiane su quattro hanno avuto accesso (Inter e Juventus), e le difficoltà delle altre in Europa League e Conference League (Napoli sconfitto da un Barcellona ancora non pienamente trasformato come quello odierno, Roma in difficoltà prima con Vitesse e poi nuovamente con il Bodø) rappresentano l'immagine di un campionato in cui il livello delle formazioni partecipanti sembra essersi abbassato drasticamente.
Da anni, dopo un lungo periodo di mancate vittorie in Europa, le società hanno cercato di abbandonare il celebre tatticismo all'italiana per adattarsi ai nuovi standard - richiesti a gran voce anche dai vari tifosi in giro per l'Italia e non solo. Lo sguardo allora viene allontanato da casa propria e condotto in due zone distinte dell'Europa: Inghilterra e Spagna. La Premier League inglese diventa in poco tempo il modello da seguire dal punto di vista dell'intensità messa in campo, distante dalla fragilità e dalle continue interruzioni che caratterizzavano (e lo fanno tuttora) il nostro campionato. In Spagna spopola, invece, il Guardiolismo, il tiki taka: i continui fraseggi, nello stretto ed in velocità, illuminano gli occhi di tifosi e addetti ai lavori, che a gran voce chiedono di adattarsi alla realtà blaugrana per tornare competitivi ad alti livelli.
Se l'esempio britannico fatica ad attecchire (la classe arbitrale resta l'incognita numero uno, caratterizzata da una mancata uniformità di valutazione nei diversi episodi da valutare), in Italia spopola l'immaginario del tiki taka - tradotto nel celebre "bel giuoco". Sempre più società hanno cercato di intraprendere questa nuova strada, spinti anche dal murmuglio dei tifosi che vorrebbero vedere un bello spettacolo una volta pagato un biglietto di ingresso sempre più caro. Negli ultimi anni c'è chi è riuscito a colmare il gap con l'estero e chi invece ha deciso di non tradire il proprio credo.
Diverse sono le realtà sviluppatesi, due su tutte quelle di Atalanta e Sassuolo. I bergamaschi con l'epoca Gasperini hanno dato via ad un progetto lontano dai canovacci tattici del calcio all'italiana: centrali di difesa spinti in area, fraseggi veloci nello stretto, esterni di centrocampo alzati in attacco per sfruttare la superiorità numerica negli ultimi sedici metri. Il modello atalantino non ricorda propriamente quello del Barcellona di Guardiola (almeno tatticamente), ma le similitudini nel possesso palla e nello scarico della sfera sono abbastanza.
Simile, ma distante allo stesso tempo, è il progetto del Sassuolo. I neroverdi hanno abbracciato una filosofia del tutto destinata a creare scompigli offensivi, facendo molto forza sulle ultime due linee (centrocampo e attacco) di gioco. In entrambe le circostanze resta però un aspetto da sottolineare: Atalanta e Sassuolo continuano a regalare emozioni e spettacolo, ma di coppe alzate neanche l'ombra (seppur qualche finale di Coppa Italia l'Atalanta l'abbia disputata).
Questo accende una spia nella mente di chi si avvicina a questo nuovo calcio dinamico, come sottolineato da Fabio Capello al Corriere dello Sport.
"Noi siamo quelli della costruzione dal basso. I passaggini laterali, tanti simpatici scambi col portiere moltiplicati dalla regola che consente di passarsi il pallone all’interno dell’area. La ricerca immediata della superiorità numerica, come dicono quelli più bravi di me. Da molto tempo ripeto che stiamo copiando il calcio di Guardiola di quindici anni fa.
Fino a quando non avremo capito - continua Capello - che il modello al quale ispirarsi è quello tedesco non andremo avanti, perché se vogliamo fare come gli spagnoli, che hanno una tecnica superiore, non otteniamo che il 50 per cento del loro risultato. Dobbiamo copiare i tedeschi nella determinazione, nel gioco in verticale e nella profondità".
Il tecnico ex Juventus, Milan e Roma tra le tante ha rimesso in dubbio tutto l'attuale sistema calcistico italiano, quello che guarda al Guardiolismo di tinta blaugrana. E la base non può che essere più vera. In un campionato dove ci si lamenta di non avere più veri campioni, se non quelli giunti al termine della propria carriera, il sistema del tiki taka o del "bel giuoco" non sembra poter dare i frutti richiesti. E la Serie A 2021/2022 lo dimostra in pieno. In un periodo in cui il Milan fatica ad esprimere un gioco fatto di manovre avvolgenti, i risultati arrivano puntando sulla profondità concessa da Giroud e dalle verticalizzazioni continue sui trequartisti alle sue spalle - Leao e Diaz su tutti, Messias è in calo.
La Juventus è il perfetto esempio di modello da evolvere. Sia in campionato che in Champions, Allegri ha mostrato più volte una tessitura di gioco basata su un lungo possesso palla, interrotto spesso per errori in impostazione dei singoli. Nella sfida europea contro il Villareal i bianconeri hanno dimostrato evidentemente di essere in grado di far male quando im verticale si sposa la profondità dell'attaccante o la si sfrutta a dovere per permettere ai compagni di colpire. Quando gli spagnoli hanno chiuso tutte le linee di passaggio la Vecchia Signora è riuscita a creare più pericoli, ma senza lo spazio per concretizzarli - da conquistare con giuste verticalizzazioni a tagliare gli ultimi venti metri avversari - la rete non è mai arrivata (concedendo poi la possibilità al Sottomarino Giallo di chiudere i giochi nei minuti finali).
Gli esempi si sprecano in alcune circostanze. Il calcio italiano deve iniziare a capire che il "bel giuoco" non è l'unico gioco efficace in Europa e che si possono regalare emozioni anche senza fare millemila scambi dalla difesa all'attacco. Perché la soluzione non è copiare a specchio il Guardiolismo, ora marca City, o rimanere al passato come il Cholismo. Le società non hanno le casse e i settori giovanili dove attingere i fenomeni per il tiki taka, trasformando quest'arma da potenziale strumento per il successo a coltello a doppio taglio che limita le soluzioni dei club. La verità sta nel mezzo, in una nuova idea di gioco che si allontani dagli avversari - che padroni di questo sistema, sono a conoscenza anche di come rispondere a dovere - e si fondi su un nuovo modello. Capello ha lanciato il sasso, parlando giustamente di verticalizzazioni e profondità (caratteristiche sposate soprattutto di chi è in lotta per la salvezza). Ma, senza adattarsi mentalmente alla possibilità di cambiare figura da seguire, l'Italia non potrà mai trovare la sua vera strada.
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