Sorrentino: "Il tiro imparabile non esiste. Il segreto della longevità è nella testa"
Dopo averlo a lungo sottovalutato e perfino trascurato, è solo negli anni recenti che allenatori e addetti ai lavori stanno iniziando a riconoscere l'importanza del ruolo del portiere. Basta infatti un grande intervento o un errore grossolano per decidere l'esito di una gara, ed è per questo che si dedica sempre più attenzione alla crescita degli estremi difensori, chiamati anche a svolgere un lavoro fondamentale in fase di costruzione del gioco.
Uno dei portieri più iconici della nostra Serie A è Stefano Sorrentino, che nel corso della carriera si è costruito la nomea di "para rigori" neutralizzando, tra gli altri, anche un penalty a Cristiano Ronaldo. In occasione del suo 44° compleanno, l'ex estremo difensore di Torino, Chievo Verona e Palermo ha parlato ai nostri microfoni dei migliori portieri di questo campionato e ha ripercorso alcuni momenti inediti del suo percorso da calciatore. Non è mancato poi un commento su una Nazionale sempre più povera di giovani talenti.
Iniziamo dalla fine: cosa fa oggi Stefano Sorrentino?
"Oltre ad essere commentatore Mediaset per le partite di Champions League e Coppa Italia, oggi Stefano Sorrentino è il presidente del Chieri Calcio, società gloriosa del territorio torinese. La prima squadra milita nel girone A di Serie D; siamo a metà classifica. Per quanto riguarda invece il settore giovanile e la scuola calcio, abbiamo circa 400 iscritti e in più nel nostro centro sportivo c'è anche l'Academy Sorrentino che è appunto la mia scuola per portieri".
La crescita dei portieri diventa sempre più importante per un club. Secondo te quali caratteristiche dovrebbe avere un estremo difensore moderno e chi ne è un esempio in Serie A?
"Ti rispondo con la seconda domanda e ti dico che è Vicario. Quest'anno sta facendo grandissime cose anche se è da un po' di tempo che sta facendo cose interessanti. Diciamo che questa è stata la stagione della consacrazione. Bisogna dargli merito. Siamo fortunati che sia italiano perché ormai ce ne sono sempre meno visto che le società investono sempre più sugli stranieri. lo dico che la miglior scuola di portieri è quella italiana. Se vedi Vicario rispondi anche alla prima domanda: oggi un portiere deve saper giocare con i piedi, senza esagerare come stanno facendo molti allenatori; dev'essere sicuro nelle uscite e farle solamente quando serve; e molto forte tra i pali. Ho notato che ha una forte personalità, che la sua prestazione non cambia né dopo un errore né dopo una grande parata. È una cosa molto positiva, a me hanno sempre insegnato che la partita va letta come quando si scrive un libro: fai una parata o un errore, scrivi e giri pagina, A tutti i portieri è capitato di giocare benissimo per 95 minuti e al 96' fare un errore che ti costa la partita. Oppure viceversa, di fare un errore nei primi minuti ed essere protagonista nel finale con un rigore parato o un grande intervento che vale i tre punti. Il ruolo del portiere si sta modificando e Vicario lo rappresenta al meglio".
A proposito di errori, chi è riuscito a mettersi alle spalle un'annata storta è Alex Meret, grande protagonista del Napoli che sta dominando il campionato. Come valuti la sua stagione?
"La sua stagione è molto positiva. Meret non lo scopriamo adesso. In passato è stato limitato dai molti infortuni e dalla concorrenza di altri portieri. Non si capiva chi era il titolare. lo sono dell'idea che negli altri ruoli ci può essere un'alternanza ma il portiere dev'essere uno. Poi è normale che se il primo ne combina tante allora è giusto dare una possibilità anche al secondo, però l'alternanza tra i portieri non mi è mai piaciuta".
Torniamo sulla tua carriera. Tutti abbiamo potuto vedere i tuoi interventi e i rigori parati: sappiamo che portiere sei stato. Però non tutti sanno che hai chiuso la carriera come attaccante. Quindi ti chiedo che tipo di attaccante è stato Sorrentino?
"Un attaccante grande e grosso li davanti, un po' come Luca Toni. Spero che Luca non legga o non senta quest'intervista perché sennò non mi saluta più. A parte gli scherzi, da bambino ho iniziato come attaccante. Poi con i Giovanissimi ad un torneo sono finito in porta per una casualità e, dopo aver vinto il premio come miglior portiere, ci sono rimasto. Una volta finito con i professionisti però mi sono andato a divertire a fare l'attaccante con i dilettanti con due squadre di Promozione, una ligure e una piemontese. Peccato che erano gli anni del Covid quindi ho giocato poco, però mi sono divertito e sono tornato bambino. Dopo aver fatto soffrire gli attaccanti per tanto tempo, ho fatto soffrire un po' anche i portieri... almeno ci ho provato".
Adesso torniamo tra i pali. Ti è capitato di rivedere una tua parata e pensare "Wow, come ho fatto a prenderla!?"?
"Mi capita ancora adesso, Quando nella mia academy parlo con i giovani portieri dico sempre che il tiro imparabile non esiste. Bisogna crederci sempre, anche quando vedi partire un tiro e mentalmente pensi di non prenderla. Se tu ci metti tutto te stesso, ti allunghi e spingi al massimo a volte ti accorgi di poter anche solo toccare appena la palla e capita di fare una grande parata".
C'è invece una parata che ti fa pensare "Questa avrei voluto farla io"?
"A dire il vero no. Avendo giocato tanti anni in Serie A, di parate ne ho fatte tante. Sicuramente sono contento di non aver mai subito gol su rigore con il cucchiaio. Il mio più grande desiderio è sempre stato quello di parare un cucchiaio. Sarebbe stata una goduria tremenda, ma non mi è mai capitato che qualcuno tirasse un rigore in questo modo quindi è rimasto un sogno nel cassetto".
Qualche giorno fa Buffon ha annunciato che si ritirerà al termine di questa stagione o al massimo della prossima, quando avrà 46 anni. Tu hai smesso quando ne avevi 40: qual è il segreto per essere competitivi anche a quell'età?
"lo dico sempre che è la testa che fa la differenza. Anch'io quando compivo gli anni leggevo in giro "il vecchietto". Però alla fine anche oggi che ne compio 44 penso che l'età sia un numero, è la testa che ti da quella forza li. Chiaro che alla base ci dev'essere un po' di fortuna e non devi aver avuto grandi infortuni. Finché hai la voglia, la passione e il fuoco vai avanti. lo ho smesso perché dentro di me, anche se avevo ancora questo fuoco, non è arrivata un'offerta che mi ha stuzzicato. Ne sono arrivate tante ma nessuna mi ha stimolato, quindi ho preferito smettere. Credo che per Buffon valga la stessa cosa. Finché va al campo tutti i giorni e non fa fatica ad allenarsi e a buttarsi da un palo all'altro sicuramente potrà andare avanti. Anche per lui ci siamo quasi, ma è stato molto più bravo di me nel continuare fino a sopra ai quaranta".
Visto che oggi è il tuo compleanno, proviamo a fare un salto indietro nel tempo: se Sorrentino oggi compisse 15/16 anni quale portiere prenderebbe come punto di riferimento?
"C'è ancora Gigi! Lo era già prima ma può esserlo anche ora. Battute a parte, sicuramente Neuer. Anche se gioca tanto con i piedi è un portiere fisico, di posizione, che non fa tante scenate nei voli. A volte fa delle parate facendole risultare semplici quando invece semplici non lo sono. Se dovessi guardare in Serie A, direi Maignan: un portiere attivo, sveglio. Ho sempre cercato di essere non un portiere più altri dieci giocatori, ma portiere attivo nel gioco, stavo sempre molto dentro la partita".
In conferenza stampa, Mancini ha detto che i bambini italiani non giocano più per strada. Vorrei sapere cosa ne pensi e se, a tuo avviso, in futuro ci saranno sempre meno giovani portieri disposti a buttarsi nel fango:
"Il mister ha pienamente ragione. lo giocavo a pallone in cortile fino a quando non diventava buio, adesso purtroppo non è più così. È anche vero che le società iniziano a comprare giocatori stranieri già nelle giovanili e questo non aiuta. Si dovrebbe mettere un limite agli stranieri, altrimenti dopo la nostra Nazionale deve andare a prendere giocatori che non sono italiani perché poi non riesce a metterne insieme 22 che siano competitivi. Ormai i campi sono quasi tutti sintetici, quindi trovare un campo in erba è un miracolo. Però è chiaro che dobbiamo essere noi - e qui mi ci tiro dentro pure io in quanto presidente di una società dilettantistica - a non far passare questa passione ai giovani. Loro devono sapere che fare il calciatore comporta tanti sacrifici ma è anche il lavoro più bello del mondo. È giusto che continuino con il loro sogno e sta a noi istruttori renderglielo sempre vivo giorno dopo giorno".