Sebastiano Rossi, l'ascensore umano

Sebastiano Rossi
Sebastiano Rossi /
facebooktwitterreddit

Serie A 1993/94. Il Milan di Capello è un'armata, sono ancora gli Invincibili che due anni prima hanno conquistato il campionato da imbattuti, con in panchina un Fabio Capello che era poco più che un esordiente. Era il Milan che veniva da una finale di Coppa Campioni persa contro il Marsiglia, ma anche il Milan che era salito su un treno che avrebbe portato all'umiliazione del Barcellona di Cruijff nella finale di quell'anno. Era il Milan che era stato il Milan di Sacchi, per chi il Milan di Sacchi non l'aveva mai visto. Era il Milan degli italiani, Gullit e Rijkaard non c'erano più, Van Basten si avviava ad appendere gli scarpini al chiodo. L'Italia era l'Olimpo, Baggio vince il Pallone d'Oro, Sacchi (uno degli allenatori più importanti della storia del calcio) allena la Nazionale, il Milan è il re degli dei, è Zeus. Ai mondiali in USA ci va la difesa del Milan, il centrocampo del Milan, l'attacco del Milan. Il portiere non c'è. E non ci sarà mai, perché Rossi la porta azzurra non la difenderà mai, un po' per uno scherzo del destino che lo ha fatto coesistere con i più grandi portieri della storia italiana, un po' perché se vuoi passare una serata tranquilla tra amici a divertirti, Sebastiano Rossi non sarà mai il primo nome che ti verrà in mente.

Antipatico, burbero, silenzioso, ma anche una testa calda sul campo (e fuori), Rossi sembrava un tifoso della curva rossonera che, cadendo, si era ritrovato per sbaglio in campo: intonava i cori, fomentava i suoi tifosi, esultava come un forsennato. Forse quest'interpretazione si è spinta anche troppo oltre, quando da buon ultrà sul campo, durante un Foggia-Milan, rispedisce ai tifosi foggiani un fumogeno lanciato verso il campo. In quella partita Rossi era avviato verso il record di imbattibilità in Serie A, ma un certo Igor Kolyvanov lo ferma a 690 minuti, e in quel momento, ai tifosi pugliesi che lo bersagliavano con insulti e fumogeni, risponde con la stessa moneta. Di certo, non un gentiluomo, ma la sua storia quell'anno si intreccerà un'altra volta con la squadra rossonera di Zeman, ma avrà un finale positivo.

Il Ratto di Proserpina, o Sebastiano Rossi contro il Parma che porta avanti l'ormai perduta tradizione del cappello da portiere
Il Ratto di Proserpina, o Sebastiano Rossi contro il Parma che porta avanti l'ormai perduta tradizione del cappello da portiere / Getty Images/Getty Images

L'anno è cambiato, ma la stagione è la stessa. Il Milan, dopo il girone d'andata, è ormai in testa da solo, nonostante un attacco poco prolifico, soltanto 36 gol fatti in 34 giornate al termine del campionato, una media da retrocessione, compensata però da una difesa impenetrabile, forse la più forte mai vista: Tassotti, Costacurta, Baresi, Maldini. Rossi non poteva chiedere di meglio, e di meglio non ci sarebbe stato in qualsiasi caso. Paradossalmente, la linea difensiva semidivina e la tattica estremamente protezionista di Capello, sono state croce e delizia della storia di Rossi. Le sue imprese, quegli anni passati a sigillare la porta rossonera, si ritrovano spesso oscurate dall'ombra di quella difesa impenetrabile. "Eh, ma con quella difesa ci riesco pure io" è forse la frase che più impesta l'aria quando si parla di Rossi e del suo record. Record che infranse alla fine, superando i 903 minuti di imbattibilità di Dino Zoff, con i suoi 929'. Proprio nella partita di ritorno contro il Foggia, al Meazza.

La partita dove si compie il record è anche quella dove quel record viene fermato, guarda caso, proprio dallo stesso Kolyvanov che aveva distrutto le speranze del portierone rossonero all'inizio del campionato. Scontato che un record di imbattibilità si infranga contro una squadra allenata da Zeman. In quella partita, quando Rossi raggiunge il record, tutti i tifosi del Milan sono in piedi ad applaudirlo. Un piccolo riconoscimento, forse troppo piccolo per il portiere più vincente degli anni '90, e, allo stesso tempo, forse il più sottovalutato.

La storia di Rossi al Milan comincia proprio nel 1990, voluto dal suo ex-allenatore alle giovanili del Cesena, Arrigo Sacchi. Parte dietro Pazzagli, ma il suo esordio non è in una partita comune, anzi, in realtà è nella partita più importante della stagione per antonomasia: il derby. Riesce a mantenere la porta inviolata, e pian piano entra nelle grazie dell'allenatore e dei tifosi. L'anno dopo è lui il titolare, con Capello al suo primo anno in panchina, e vincerà il suo primo scudetto, rendendosi protagonista di ottime prestazioni. Da qui in poi inizia il topos letterario ricorrente della storia di Rossi: quello di non essere mai abbastanza, ma di farcela sempre. Arriva Antonioli, poi anni dopo Pagotto, Taibi, Lehmann, tutti sarebbero dovuti essere i sostituti di Rossi, nessuno ci riuscì. Le rivincite, Rossi se le prendeva parando i rigori da subentrato, come fece con Antonioli, contro la Juve di Vialli, rigore parato che fu fondamentale la cavalcata del Milan verso lo scudetto del '93, oppure con Lehmann, sei anni dopo, contro il Cagliari, un rigore che più che la classifica, o la partita, aiutò il suo orgoglio, ferito dall'ennesimo portiere che avrebbe dovuto soffiargli il posto.

Rossi è stato per anni il giocatore più alto della Serie A: 198 cm. Quello di fronte a lui è Maurizio Ganz, 180 cm.
Rossi è stato per anni il giocatore più alto della Serie A: 198 cm. Quello di fronte a lui è Maurizio Ganz, 180 cm. / David Rogers/Getty Images

TItolarità riconquistata per poco, però, e questa volta fu per colpa sua. Ultima giornata del girone d'andata, è il giro di boa, il Milan si trova in casa il Perugia di Nakata. Proprio quest'ultimo segna un rigore al 90', che porta la squadra umbra ad accorciare le distanze sul 2-1. Cristian Bucchi corre verso la porta, per recuperare velocemente il pallone e ripartire subito all'arrembaggio, alla ricerca di un pareggio. Se non fosse che Rossi, tra la deformazione professionale, il nervosismo e un carattere troppo spesso irruento e rabbioso, lo atterra con una mossa da wrestling (vibes da Hulk Hogan). Al suo posto entra il giovanissimo Christian Abbiati, che sarà il Sebastiano Rossi di Sebastiano Rossi: una volta subentrato, diventerà il titolare della squadra, e proprio come Rossi, verrà continuamente messo in discussione per tutta la sua carriera al Milan. Le cinque giornate di squalifica, una lite violenta con Zaccheroni e un Abbiati in stato di grazia gli impediranno di tornare titolare, rimarrà al Milan altre tre stagioni, come secondo e terzo portiere, riuscendosi anche a togliere un ultima soddisfazione: partecipare allo storico derby vinto dal Milan per 6-0.

Il record di Rossi fu superato nel 2016 da Buffon, che raggiunge con la Juventus i 974 minuti di imbattibilità in campionato. Lo stesso Buffon che lui ha visto esordire, in un Parma-Milan che doveva terminare a reti inviolate. Tra Zoff e Buffon, c'è lui, SuperSeba, che forse avrà avuto meno qualità dei due portieri juventini, o di Pagliuca, Peruzzi, e forse meno aplomb del "conte" Marchegiani, ma allo stesso tempo sembra anche essere stato un po' vittima della sorte, e di sé stesso. Ma Rossi rimane il portiere con più trofei degli anni 90' italiani, rimane il portiere che ha giocato due edizioni della Coppa Campioni consecutive (arrivando in finale della prima e vincendo la seconda) subendo soltanto quattro (quattro!) gol totali, il portiere che, in una sola annata, ha subito 18 gol in 46 partite, stabilito un record di imbattibilità, vinto la Coppa Campioni contro l'osannatissimo Barcellona di Cruijff con un rotondeggiante 4-0, ed è riuscito a non farsi convocare dall'allenatore che lo ha scoperto e lo ha voluto al Milan per i Mondiali USA del '94. Rossi non rimpiange nulla, lo dice spesso, anche se non riesce a nascondere un po' di rancore per quella mancata convocazione quando dice "Forse quei rigori gli avrei parati, io, non lo so, forse avremmo vinto il mondiale". Speriamo riesca a passarci sopra prima o poi, ma credo che tutti noi possiamo capire.

Almeno Rossi ha avuto comunque le sue (enormi) soddisfazioni: cinque campionati, una Coppa Campioni, una Coppa Intercontinentale, ma soprattutto l'affetto della sua curva. Quando stanno per tirare verso di lui, mi piace pensare che Rossi voglia proteggere non solo la porta, ma anche i suoi tifosi. L'evento simbolo di questo rapporto così forte tra gli ultrà rossoneri e il loro portiere è l'undicesima giornata della Serie A 1999/00. Una partita che significava poco e nulla, in gioco non c'era il campionato, una coppa, non era un derby o una sfida particolarmente sentita. Il Parma ottiene un rigore, sul dischetto c'è Crespo. Tira forte, in basso a sinistra, ma Rossi intuisce e lo para. In quel momento si gira subito verso la curva, mentre viene abbracciato dai compagni. Sembra commosso, raccoglie una sciarpa e intona insieme ai tifosi "Forza vecchio cuore rossonero". Alla fine anche Sebastiano Rossi aveva un cuore. E questo Tassotti, Costacurta, Baresi e Maldini non possono metterlo in ombra.


Segui 90min su FacebookInstagram e Telegram per restare aggiornato sulle ultime news dal mondo del Milan e della Serie A.