Ronaldo, un Fenomeno breve ma intenso

Ronaldo Nazario
Ronaldo Nazario / PATRICK HERTZOG/Getty Images
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Provate a scrivere su Google "Ronaldo". Qual è il primo risultato che vi viene suggerito? Va bene, non scomodatevi, ve lo diciamo noi: Cristiano Ronaldo, l'asso portoghese da tutti considerato uno dei migliori calciatori della storia. Al secondo posto c'è invece Ronaldo Luís Nazário de Lima.

Facciamo un altro gioco. Scommetto che riesco a indovinare a quale generazione appartieni semplicemente sapendo come ti riferisci al Ronaldo. Se lo chiami "L'altro Ronaldo" oppure "Ronaldo, quello brasiliano", allora sei un millennial, avrai massimo 20 anni (Oh mio Dio, davvero i millennials hanno 20 anni!?), oppure sei nato alla fine degli anni '90.

Se invece lo definisci "Ronaldo, quello vero" o "Ronaldo, il Fenomeno" allora hai circa 30 anni, ti credi un vero intenditore di calcio e forse sei interista. Questo perché chi ha avuto la possibilità di vivere Ronaldo Nazário sa bene che si trattava di un giocatore fuori dal normale. Un attaccante grosso e veloce, con un tiro formidabile. Uno che era capace di segnare gol senza senso ma che si è purtroppo dovuto arrendere al fato beffardo.

Il suo talento era già evidente ai tempi del Cruzeiro. Ronaldo aveva appena 16 e già faceva parte in pianta stabile della prima squadra. Nella sua unica stagione da professionista con i brasiliani mise a segno 12 gol in sole 14 partite.

Vedendo reti come questa, il PSV Eindhoven non esitò e lo portò ad Amsterdam. Il rendimento di Ronaldo in Olanda è totalmente senza senso. Non tanto per i 44 gol in 47 partite, ma per la facilità con la quale riusciva a segnare. Quando gli passavano la palla, i compagni smettevano di esistere, c'erano solo lui, la porta e 11 avversari da superare per arrivarci. Con la prestanza fisica di un cavallo da corsa, il brasiliano riusciva sempre a seminare il panico nelle difese.

L'esperienza del '96/97 col Barcellona sembra una breve parentesi, ma in appena un anno Ronaldo riesce a stravolgere il mondo blaugrana. In un'intervista rilasciata quando allenava il Barça, Luis Enrique disse che "Oggi siamo abituati a Messi che dribbla sei giocatori, ma non a quei tempi. Era forte, era una bestia". Nel 1997 arrivò secondo nella classifica per il Pallone d'Oro, alle spalle di Matthias Sammer del sorprendente Borussia Dortmund.

Ronaldo riuscì però a vincere il premio come miglior calciatore l'anno seguente, quando nel frattempo era passato all'Inter per la cifra record di 48 miliardi di lire. Ed è con i nerazzurri che il brasiliano entra nella leggenda, segnando 49 gol in 68 partite e trascinando la squadra verso la Coppa UEFA del 1998.

Oggi il Fenomeno compie 45 anni e nel cuore di tutti gli appassionati di calcio rimane ancora impresso quel gol segnato nella fanghiglia di Mosca contro lo Spartak. A mio avviso, quella rete racchiude tutta l'essenza di Ronaldo, la perfetta sintesi tra la sua prestanza fisica, la sua resistenza e la tecnica sopraffina.

Quando il bomber partiva, era impossibile stargli dietro, non c'era difensore capace di stargli dietro. Purtroppo, l'unico in gradi di fermare Ronaldo era Ronaldo stesso. Il 12 aprile 2000, l'Inter di Marcello Lippi stava perdendo una partita di Coppa Italia contro la Lazio di Sven-Goran Eriksson e, per riacciuffare il risultato, viene buttato nella mischia il brasiliano.

Ronaldo era appena tornato da un infortunio: a novembre si era lesionato il tendine rotuleo e per recuperare ci erano voluti un'operazione delicata e una convalescenza di 5 mesi. Probabilmente, quando è potuto scendere di nuovo in campo, tutto quel tempo sembrava sparito e il Fenomeno si prodigò nei soliti dribbling e nelle magistrali finte di gambe. Al 19' il bomber nerazzurro punta verso l'area e, come spesso accadeva, la difesa biancoceleste indietreggia per non farsi saltare. Nessun intervento killer, nessuna scivolata, il ginocchio fece crack da solo.

Ronaldo si accascia a terra, si tiene la gamba e urla a squarciagola per il dolore. Arrivano i medici che lo portano via in barella, mentre l'Olimpico cade in un silenzio che fa gelare il sangue.

Da quell'infortunio, Ronaldo non si riprenderà mai. Certo, riuscirà comunque a portare avanti una carriera leggendaria, approderà al Real Madrid dei Galacticos e segnerà tanti altri gol vincendo il mondiale in Giappone e Corea e ancora una volta il Pallone d'Oro nel 2002. Eppure, non riuscirà più a giocare al 100%. In un articolo pubblicato su L'Ultimo Uomo, Emanuele Atturo spiega come il soprannome "Fenomeno" sia perfettamente calzante per il brasiliano. Il termine deriva infatti dal greco "fàinomai" che significa "mostrarsi, apparire". E in effetti, quella di Ronaldo è stata un'apparizione, un ciclone che ha colpito il mondo del calcio portandolo verso orizzonti mai visti.


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