Roma, la rivoluzione è di casa: i tanti addii turbolenti dell'era Pallotta
Roma è universalmente riconosciuta come la "Città Eterna", ma la sua squadra, almeno dalla stagione 2011/12 e cioè da quando al comando c'è la proprietà americana targata prima Thomas Di Benedetto e poi James Pallotta (tuttora presidente), è diventata quella degli addii, spesso eccellenti.
Se per quanto concerne il trading (acquisto/vendita) del parco giocatori la situazione è più o meno quella di gran parte delle squadre alla ricerca di plusvalenze per sistemare i bilanci dopo l'avvento del Fair Play finanziario Uefa, per quello che riguarda lo staff dirigenziale no. Il club giallorosso rappresenta quasi un unicum nel panorama calcistico. Un via-vai che probabilmente non ha mai visto la fermata della Metro Colosseo. La parola "progetto" implicherebbe una pianificazione delle mosse a medio-lungo termine: ma questo, tanto decantato dalla Roma americana, dalle parti di Trigoria non si è quasi mai visto. La maggior parte delle squadre, al netto di avvenimenti imponderabili, crea una squadra dietro la scrivania che possa tramutare le proprie competenze in una squadra vera, in campo.
Bene, tutto il contrario di quanto accaduto in questi quasi dieci anni, peraltro senza trofei, a giudicare dall'epilogo del rapporto di lavoro con il direttore sportivo Gianluca Petrachi (sospeso in attesa della rescissione): cambiare tutto è ormai l'unica costante che James Pallotta usa per la Roma.
Tantissimi gli avvicendamenti e gli addii burrascosi in tutti i ruoli: da Joe Tacopina vicepresidente a Mark Pannes amministratore delegato, sostituito poi da Italo Zanzi, Umberto Gandini e ora Guido Fienga. Per quanto riguarda i direttori sportivi si è partiti con Walter Sabatini (recordman con cinque stagioni), sostituito poi da Monchi, a sua volta rilevato da Petrachi, a cui da pochi giorni è subentrato Morgan De Sanctis. Chi resta saldo? Solo Mauro Baldissoni come direttore generale, oltre a Franco Baldini, dirigente ombra ma vera mente "calcistica" del presidente Pallotta.
Senza dimenticare l'addio, prima al campo e poi alla dirigenza (velenoso) per eccellenza, quello di Francesco Totti, che in una infuocata conferenza stampa ha salutato baracca e burattini. Così come quello di Daniele De Rossi, a cui inspiegabilmente la Roma ha dato il benservito.
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