Ricardo Kakà, la storia di un golden boy

Ricardo Kaka
Ricardo Kaka / Etsuo Hara/Getty Images
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Ricardo Izecson dos Santos Leite, in arte Kakà, lo smoking bianco di Carlo Pellegatti, sinonimo di classe ed eleganza, dai campi della scuola brasiliana è venuto a fare lezione alla Serie A. Il fantasista idolo della tifoseria, il bravo ragazzo nella squadra del diavolo.

Nell’estate del 2003 il Milan acquista Kakà per 8,5 milioni di euro, cifra che si rivelerà irrisoria in relazione al talento del brasiliano. Nato in Gama e cresciuto nella squadra del San Paolo, il suo soprannome gli viene affibbiato da piccolo, dal fratello minore. Sarà proprio quel nome scomodo ad attirare le attenzioni ma soprattutto i commenti di dirigenti e telecronisti. "Io, uno con un nome così non l’avrei mai preso" aggiunse Luciano Moggi. Non ci mise molto il ragazzino a dimostrare quanto tutti si sbagliassero e quanto quel nome potesse valere da lì a pochi anni. Al suo esordio viene definito come una riserva del settore giovanile, non ha la faccia del predestinato, viene da un Brasile troppo lindo e rispettabile, non è figlio dei quartieri poveri e della fame. Eppure il ragazzino sa giocare a calcio e lo si nota fin da subito. Kakà gioca come se respirasse, con una naturalezza iconica che lo rende imprescindibile all'interno della rosa, reinventa il ruolo di trequartista e palesa il suo totale e definitivo talento. Con il Milan vince uno scudetto, due Supercoppe Uefa, una Champions League e un Mondiale per club, colleziona una stagione positiva dopo l'altra, innalzandosi sempre di più e toccando l'apice con la stagione del 2007, quando vince il Pallone d'Oro, battendo Messi e Ronaldo. Miracolo del calcio, incarna tutta l'eleganza brasiliana, danzando con la palla come se fosse parte di lui. Arrivato in alto, così vicino da toccare il sole, il successo inizia a sciogliersi come cera e lo lascia inciampare in un errore che costerà carissimo alla sua carriera.

Ricardo Kaka con il Pallone d'Oro
Ricardo Kaka con il Pallone d'Oro / Etsuo Hara/Getty Images

Proprio sul più bello, dopo 6 anni d'oro, nel 2009 Kakà lascia Milano. L'offerta arriva dal Real Madrid che offre 67 milioni di euro. La scelta del brasiliano non si rivelerà felice, in 4 anni trova poco spazio, pochi spunti, in quel contesto non riesce a esprimersi come faceva prima. Una sterzata che probabilmente danneggia e rallenta la sua rincorsa alla vetta per sempre. Nella notte tra l'1 e il 2 settembre 2013 Kakà ritorna a casa, al Milan. Le aspettative sono alte, il ricordo è ancora vivido, e il giocatore, il cui talento non venne mai messo in dubbio, né dimenticato, non riuscì a riprendersi il suo posto da fuoriclasse assoluto. Beneamato dai tifosi, ormai assuefatti dal suo gioco, i numeri parlano chiaro, l'affetto non può riportare in vita le vecchie stagioni d'oro del brasiliano. L'ascesa di Kakà sembrava ormai decisa, non è assurdo ammettere che il numero 22, con le sue capacità, sarebbe potuto diventare uno dei giocatori più forti al mondo, scalando l'olimpo del calcio e appendendo là la sua maglia. Eppure qualcosa lo ha fermato. Gli ultimi febbrili anni lo hanno dipinto come un talento perduto. Uno dei numerosi del Milan, che si è esaurito come un fiume in inverno.

Kaka in azione
Kaka in azione / Maurizio Lagana/Getty Images

Kakà però è sempre Kakà, e a distanza di tempo la messa a fuoco sulla sua carriera ne evidenzia le increspature, ma anche l'ammirevole bellezza, l'impeccabilità e lo stile. Sopratutto lo stile. Musica e Magia, figlio del Brasile, ma con l'accento milanese, il calcio italiano non si è mai potuto dimenticare di lui e mai lo farà, ricordandolo sempre come uno dei giocatori più forti dell'ultimo secolo.


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