Rangnick: "Niente Milan per il Covid. Ibra? Io creo valore, non lo compro"
"Sono un trainager. Trainer, allenatore, ma anche manager. Risultato sportivo ed economico fanno parte dello stesso progetto e un head coach dà il meglio di sé quando sceglie i calciatori adatti al suo gioco e non subisce decisioni altrui. Klopp al Liverpool — con Firmino, Mané, Keita, Matip, Van Dijk, Salah, Robertson, Alisson — lo sta facendo e i risultati sono arrivati. Serve sostenibilità a medio-lungo termine e tutto parte da un concetto: l’idea fortissima del calcio da proporre. L’identità porta al sistema di gioco, alla Red Bull tutte le squadre (Salisburgo, Lipsia, New York e Bragantino) giocano allo stesso modo". Parola di Ralf Rangnick, protagonista di una lunga chiacchierata con il Corriere della Sera in cui torna anche sulla trattativa sfumata con il Milan: "Perché non si è chiuso? Una risposta semplice può essere: c’è stato il Covid. Ero stato contattato a fine ottobre, quando il Milan era quattordicesimo a 3 punti dalla retrocessione. Mi ha colpito la conoscenza che avevano del mio lavoro passato. Poi Pioli ha vinto 9 partite e ne ha pareggiate 3, così la faccenda è terminata. Eravamo d’accordo sul fatto che cambiare, a quel punto, non sarebbe stato saggio nell’immediato. Sul medio-lungo termine non so e questa può essere una risposta più complessa. Di sicuro non ho cambiato convinzioni e filosofia".
IBRA E KJAER - "Sono ammirato dalla forma fisica di Ibrahimovic a 38 anni. Però il mio compito è sempre stato creare valore, non comprarlo. I calciatori vanno cercati quando non li conosce quasi nessuno e quelli più esperti, che sono già nel club e hanno atteggiamento e mentalità convincenti, possono comunque migliorare attraverso il lavoro dello staff. Alla Red Bull abbiamo lavorato di continuo con e sugli scout. Sanno quali sono le caratteristiche che cerchiamo. Può capitare che un procuratore mi proponga un giocatore interessante, ma se è bravo davvero dovevamo già averlo notato noi".
IL SISTEMA - "Se è esportabile? Bundesliga e Serie A sono simili: Bayern e Juve dominano da tanti anni e ci sono un gruppo di squadre che provano a costruire un’alternativa. Per questo serve una visione d’insieme e un piano preciso. Il lavoro fatto all’Atalanta da Gasperini e il suo staff è eccezionale".
LA ROMA - "Roma è una metropoli mondiale e la Roma è un club di tradizione europea, che ha vinto l’ultimo dei suoi tre scudetti 20 anni fa e l’ultimo trofeo 12 anni fa, la Coppa Italia. Sarà interessante vedere come i nuovi proprietari Dan e Ryan Friedkin, imprenditori di successo, cercheranno di rimettere la Roma sulla strada del successo".
IL SUO STAFF - "Non ne porterei 20 o 25, ma 5 o 6 specialisti di livello mondiale. Ma fa parte del mio approccio anche valorizzare le persone che ci sono già. Nel 2012 ho accettato il doppio incarico come direttore sportivo del Lipsia e del Salisburgo e per i primi due mesi ho parlato con tutti. Ho trovato persone giuste al posto giusto, persone giuste nel posto sbagliato e persone sbagliate nel posto sbagliato. Ogni dettaglio è importante, in campo e fuori. Nella finale di Europa League tra Siviglia e Inter, per esempio, quattro gol su cinque sono venuti da palla inattiva. Per portare un progetto ambizioso al traguardo si deve mettere la persona migliore al posto giusto".
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