Protocollo medico di Serie A: le richieste dei medici per la ripresa

FIGC Press Conference
FIGC Press Conference / Paolo Bruno/Getty Images
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Continua la lotta a distanza tra richieste del Governo e medici di Serie A, come riportato dall’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport. Il protocollo FIGC ha suscitato non poche proteste tra le Leghe, specie per quanto riguarda il tema responsabilità civile e penale del medico.

Il Covid-19 è considerato una malattia sul lavoro, quindi medici sociali e club sono teoricamente responsabili in caso di positività di un giocatore. L’Inail, però, ieri ha alleggerito la posizione di tutti i datori di lavoro davanti al coronavirus: "È utile precisare che dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro". Nel caso in cui un componente della squadra prendesse il virus, il medico e la società risponderebbero solo se le responsabilità venissero "accertate attraverso la prova del dolo o della colpa". Senza volontarietà o colpa, quindi, i medici sono salvi. Scrive sempre l’Inail: "Si deve ritenere che la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro". La possibilità che vengano alzati i massimali delle assicurazioni per il risarcimento danni da responsabilità civile resta comunque. E in più non fare il ritiro preventivo da lunedì prossimo libererà i medici dal peso di controllare il gruppo squadra e adottare le misure di sicurezza per 24 ore al giorno.

Capitolo tamponi. Per i medici resta una questione da chiarire. I tamponi, che sono a carico dei club, non devono impattare sulla disponibilità dei reagenti "in relazione ai bisogni sanitari del Paese", come dice il protocollo. Ma la ripetizione così ravvicinata nel tempo (tamponi e test sierologici 72-96 ore prima dell’inizio degli allenamenti collettivi, altro tampone dopo 24 ore e ancora tamponi e test dopo 7-8 giorni dal via degli allenamenti) in questa fase della pandemia, può essere un problema. Soprattutto in certe zone dell’Italia, dove la reperibilità dei reagenti per i test rimane difficoltosa.

In merito alla quarantena del giocatore positivo e di tutta la squadra per 14 giorni con sorveglianza attiva, per i medici l’isolamento del solo giocatore o del componente dello staff positivo al Covid-19 sarebbe la soluzione migliore. Il ministro dello Sport Spadafora ha dato una prima apertura nella serata di ieri.


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