"Podia pasar esto". La prima sconfitta dell'Argentina dopo il Mondiale
L'Argentina ha perso. È questa la notizia. Se prendiamo le ultime 51 partite dell'Albiceleste in ordine cronologico rintracceremo 50 risultati utili, una Copa America, una Finalissima e una Coppa del Mondo, con la sola macchia della gara d'esordio in Qatar contro l'Arabia Saudita.
Lionel Scaloni ha guidato la Seleccion 66 volte, vincendo in 48 occasioni e perdendo soltanto in due, nella partita sopracitata e questa notte contro il nuovo Uruguay di Marcelo Bielsa.
Numeri impressionanti, una striscia positiva con pochi precedenti e destinata, come tutto, a terminare. Spesso, specialmente guardando al recente passato, ripensiamo al calo delle Nazionali dopo la vittoria di una Coppa del Mondo. Se prendiamo gli esempi più vicini c'è quello della Francia all'Europeo 2021 (Campione del Mondo nel 2018) o della Germania all'Europeo del 2016 (Campione del Mondo 2014).
Si tratta di cali fisiologici dovuti in gran parte alla mancanza di stimoli dopo aver conosciuto la gloria, dovuti alla fine di un ciclo. Ciclo che sembra però tutt'altro che terminato per l'Albiceleste. Scaloni non ha modificato la Scaloneta, ha mantenuto il blocco storico, aggiungendo qualche elemento in più. Contro l'Uruguay, in una Bombonera ancora ferita dalla sconfitta in Finale di Copa Libertadores del Boca, è stato un altro storico argentino a dettare legge: il loco Marcelo Bielsa.
Nel primo tempo e durante tutta la sfida, il possesso l'ha mantenuto l'Albiceleste, ma è stata la Celeste a creare le palle gol migliori, con transizioni offensive e contropiedi veloci che hanno fatto male al Dibu Martinez. Il vantaggio l'ha costruito l'ex Roma Matias Viña, oggi a Sassuolo, credendo in una pressione alta su Molina e servendo un cross basso perfetto per il piatto di Ronald Araujo, da terzino a terzino.
L'Argentina ha risposto dominando il campo. Messi ha disegnato un paio di traiettorie da fermo e ha anche scheggiato l'incrocio dei pali su punizione. Gli animi in campo si sono surriscaldati, come accade spesso, con un gesto evitabile da parte di Ugarte a De Paul e i nervi tesi non hanno aiutato la squadra di casa. L'Argentina ha preso il secondo gol nel finale. L'imbucata a campo aperto di De La Cruz per Nuñez ha crudelmente mostrato la differenza in velocità dell'attaccante del Liverpool con Nicolas Otamendi. A tu per tu con il Dibu Martinez, il 9 di Klopp è stato gelido; ha firmato il raddoppio sotto le gambe del portiere e si è preso una vittoria che vale tantissimo per l'Uruguay, la prima squadra a battere l'Argentina dopo il Mondiale.
Ripercussioni
Qualche conseguenza c'è sempre. Una sconfitta può minare il morale e le certezze di una squadra che sembrava destinare a vincere in modo perpetuo. Una sconfitta può però anche servire in alcuni casi. Non accade in nessuno sport che una squadra vinca sempre e non perda mai. Può succedere per mesi, qualche volta il discorso si può estendere a un anno o a qualcuno in più se riguarda le Nazionali (che giocano meno), ma non accade nel calcio contemporaneo che un undici resti imbattuto così a lungo.
Ne ha parlato Messi a fine gara, elogiando Bielsa e l'Uruguay e dichiarando che sarebbe potuto succedere. "Dovevamo perdere. Anche questa è una prova. Sarebbe potuto succedere. Bisogna rialzarsi e provare a giocare una gran partita in Brasile martedì. Dobbiamo rialzarci rispettando gli avversari, giocare nel Maracaná non è facile".
Un messaggio esperto da chi forse con l'Argentina ne ha vissute troppe, chi ha giocato tutte le partite più complicate che un calciatore possa disputare. Lui, che proprio grazie a questo ultimo biennio ha cambiato la sua storia con l'Albiceleste, ha chiaro il prossimo obiettivo. La Scaloneta ha perso una partita che significava poco nell'economia della qualificazione, ma ha guadagnato un monito che può essere utile per il prossimo futuro. Stando agli esempi passati, questa sconfitta potrebbe indicare la fine di un ciclo storico, ma la sensazione è che sia solo un comprensibile errore nel percorso.