Perché Tammy Abraham è entrato nel cuore dei tifosi della Roma
La stima che i tifosi della Roma nutrono nei confronti di Tammy Abraham prescinde dal mero aspetto realizzativo. Certo, l'attaccante inglese segna con una costanza incredibile, soprattutto se consideriamo che è il suo primo anno di Serie A, ma il motivo per cui la Curva Sud canta il suo nome risiede nell'empatia che si è creata con l'ex Chelsea.
Navigando tra le varie community Facebook dei giallorossi mi sono imbattuto in un termine ben preciso: "Tammysessuale". Un po' estremo, ma la tifoseria della Roma è così: o ti ama in maniera viscerale o sei solo uno dei tanti.
Ciò che però rende quello di Abraham un caso più unico che raro è che non si tratta del classico giocatore romano e romanista, ma di un forestiero. I vari Totti, De Rossi e Florenzi devono infatti parte della propria fortuna all'essere nati nella Capitale, mentre il classe '97 arriva dall'Inghilterra, un paese che con Roma ha avuto a che fare solo tra il I e il V secolo d.C quando era una delle tante province dell'Impero.
Tammy Abraham non si è lasciato intimorire e dopo circa 7 mesi dal suo sbarco a Trigoria è già diventato un idolo, l'uomo in più di una squadra che ambisce a un piazzamento in Europa.
In questa neonata storia d'amore un ruolo chiave - una specie di Cupido 2.0 - l'ha svolto José Mourinho. È infatti per volere dello Special One che l'inno della Roma viene fatto partire a pochi minuti dall'inizio del match. Sentendo i propri tifosi cantare a squarciagola, i giocatori dovevano sentire uno stimolo in più, ma alla fine il processo è stato anche inverso.
Puntualmente le telecamere dell'Olimpico mandano sul maxischermo Abraham, intento nella riproduzione in playback di "Roma, Roma, Roma". Un gesto semplice ma che è bastato per creare empatia con la curva.
Il motivo per cui tutti alla Roma sono pazzi per l'inglese non è - ovviamente - solo nella sua abilità canora. Il 9 giallorosso è infatti il primo a disperarsi per un'azione che non va a buon termine o per un fallo generoso che gli viene fischiato contro, non si accontenta mai e pretende sempre il massimo dai compagni e soprattutto da sé. L'ultima dimostrazione l'abbiamo avuta proprio nel derby, quando la rabbia per aver sciupato il gol del possibile 4-0 ha superato in proporzione la gioia per aver siglato una doppietta pochi minuti prima.
Quando è arrivato nella Capitale, Abraham aveva il compito difficile di non far rimpiangere Edin Dzeko, un attaccante che con quella maglia ha scritto la storia. Certo, è eccessivo dire che l'inglese abbia già surclassato il bosniaco, ma rispetto al suo predecessore ha un carattere più simile a quello della gente di Roma. Dzeko è infatti silenzioso e introverso, Abraham è una trottola, è in movimento perpetuo, parla sempre, grida sempre, incita sempre.
Alla fine non sarà di Roma, ma Tammy Abraham qualcosa di romano ce l'ha eccome.
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