Perché lo sfogo di Guardiola sugli infortuni è più che giusto

Pep Guardiola
Pep Guardiola / James Gill - Danehouse/GettyImages
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Il Mondiale 2022 in Qatar è appena cominciato ma alcune nazionali dovranno fare a meno di alcuni importanti giocatori durante l'avventura qatariota. Basti pensare a una squadra come la Francia: il ct Didier Deschamps, prima dell'inizio della competizione, ha visto Benzema e Nkunku gettare la spugna oltre a Paul Pogba e N'Golo Kanté (questi ultimi alle prese con un lungo infortunio e neanche convocati).

A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato anche un allenatore blasonato come Pep Guardiola: il tecnico del Manchester City, di recente, ha rilasciato delle dichiarazioni a Sky Sport sottolineando come i tanti k.o. dei calciatori siano dovuti ai troppi impegni nel corso della stagione, lanciando anche una frecciatina ai vertici del calcio. "Con il Mondiale ci sono due stagioni in una. Ma si gioca troppo e chi comanda se ne frega, sarà sempre così. Stiamo tutti aspettando per vedere come torneranno i giocatori. Ci sono tanti infortunati, la risposta è chiara: nell'organizzazione si pensa alla quantità e non alla qualità".

Ma cosa c'è dietro lo "sfogo" di Guardiola? Sicuramente una critica nei confronti del sistema calcio. L'allenatore dei citizens, in un certo modo, ha voluto far capire almeno in parte come il Mondiale abbia rappresentato un ostacolo non solo per i club ma anche per i calciatori. Non solo: nel mirino anche l'organizzazione dei calendari anno dopo anno, segno evidente di come ormai non si predilige più lo spettacolo e - come dice Guardiola - la qualità, ma semplicemente si dà risalto al numero di partite.

Un'accusa più che comprensibile: Guardiola, così dichiarando, gioca a suo favore e si unisce al gruppo di tutti quei tecnici (es. Maurizio Sarri) che vorrebbero i calciatori più disponibili, oltre a essere più riposati e pronti nel corso della stagione. Torniamo però al problema principale... e anche alle possibili soluzioni: la verità è che si gioca troppo. I giocatori, escludendo il Mondiale, sono costretti nel corso dell'anno a dare forfait e a non rispondere neanche alla convocazione in nazionale per le amichevoli. Il motivo? La mole esagerata di match, che non permette a ogni singolo calciatore di una squadra di club di poter rifiatare a dovere, in modo tale da arrivare poi ai momenti clou della stagione in perfetta forma fisica.

Manca sicuramente una "rivoluzione" dall'interno, una sorta di movimento che possa dire - assieme agli allenatori - la seguente frase: "Siamo pronti a giocare meno partite". Un movimento che - momentaneamente - sembra essere utopico, dato che non giocare tante partite significherebbe non guadagnare tanti soldi. E allora, cosa c'è di giusto nel discorso di Guardiola? Sicuramente ogni virgola, ma anche un J'accuse sacrosanto contro un calcio che sta tenendo ritmi sempre più forsennati e che sta facendo diventare i calciatori quasi come dei robot. In un calcio sempre più all'avanguardia e meno razionale, le dichiarazioni di Guardiola sono le ultime che pesano come un macigno. In questo caso sarebbe meglio trovare al più presto una soluzione, per evitare che scenari e bordate simili possano ripetersi.