Perché Lautaro Martinez viene soprannominato El Toro?
Nell'ultima turbolenta estate dell'Inter in cui i tifosi hanno visto Conte, Hakimi e Lukaku andar via nel giro di pochi giorni, si pensava che anche Lautaro Martinez avesse le valigie pronte. D'altronde perché sarebbe dovuto rimanere in una squadra ridimensionata nelle aspettative e depauperata tecnicamente, quando in Spagna un certo Leo Messi chiedeva al Barcellona di ingaggiare il compagno di nazionale come rinforzo per l'attacco?
E invece alla fine Lautaro non è solo rimasto, ma ha addirittura rinnovato il proprio contratto. Nonostante il periodo di grosse difficoltà economiche, il club nerazzurro ha infatti deciso di non rinunciare all'argentino, ponendolo invece al centro del nuovo progetto, come dimostrano quei 6 milioni annui di ingaggio che l'hanno reso il più pagato della rosa interista.
Per Lautaro Martinez sarebbe stato semplice chiedere la cessione alla dirigenza e accasarsi presso una delle più prestigiose corti d'Europa, dove non avrebbe fatto fatica a ritagliarsi un ruolo da protagonista. Nell'anno che ha visto tantissimi calciatori - anche alcuni insospettabili - cambiare casacca, la scelta del 10 interista di restare a Milano va in controtendenza, ha quasi del romantico.
È quasi il completamento di una scalata, di una sorta di cursus honorum che ha visto Lautaro passare dal rango più basso, quello di panchinaro, a quello ben più blasonato di "uomo-copertina" della squadra. Sin dal suo sbarco sulla sponda nerazzurra dei Navigli, l'argentino ha sempre fatto i conti con un attaccante più accreditato di lui: prima c'era Icardi che, forte dello status di capitano, relegava il connazionale appena 19enne in panchina; poi è arrivato Lukaku che magari non ha mai portato quella fascia al braccio, ma è stato ugualmente il leader nella cavalcata che ha portato l'Inter allo scudetto.
In estate il belga ha salutato Milano (e a quanto pare se n'è anche pentito) e i nerazzurri l'hanno sostituito ingaggiando addirittura due attaccanti: Edin Dzeko e Joaquin Correa. Il primo è un attaccante navigato, che conosce la Serie A come le sue tasche; il secondo è - banalizzando - il cocco di mister Inzaghi. Insomma, i presupposti per vedere ancora Lautaro Martinez in veste di "spala dell'eroe" c'erano tutti, ma lui ha saputo finalmente imporsi, diventando il bomber assoluto dei nerazzurri.
Magari sarà lontano dalla vetta della classifica cannonieri, ma fin qui la stagione di Lautaro sta andando alla grande. L'unica nota stonata è stato l'errore dal dischetto nel derby contro il Milan, per il resto l'argentino spicca sempre per impegno e dedizione, è il primo ad aggredire l'avversario in pressing per cercare di rubargli palla, nonché l'ultimo a mollare quando la partita si mette in salita (anche se, a dire il vero, finora è successo davvero poche volte).
A volte lo si vede attaccare a testa bassa, noncurante di chi gli sta intorno. Sembra un animale furioso che si fermerà solo quando avrà colpito la sua preda. Un toro.
Nel bagaglio con il quale ha percorso tutto l'Oceano trasferendosi dall'Argentina, Lautaro Martinez ha portato con sé il soprannome El Toro. Non ci vuole certo la traduzione di un madrelingua spagnolo per capire che significa "Il Toro" e che indica quel bestione con le corna che corre avanti e indietro senza sosta.
In effetti questo nomignolo rispecchia alla perfezione il modo di giocare dell'argentino, cioè quello di una punta atipica che non dà punti di riferimento, che se ogni tanto si allontana dall'area di rigore è solo per prendere la rincorsa e "incornare" con forza il pallone prima di buttarlo in rete.
Un soprannome davvero calzante, ma chi è il genio che l'ha coniato? A raccontarlo è stato lo stesso Lautaro Martinez che, in un'intervista rilasciata a La Repubblica un po' di tempo fa, ha rivelato che a inventare El Toro è stato un certo Santiago Reyes, suo compagno di squadra e di dormitorio nelle giovanili del Racing Club, che era rimasto colpito dalla ferocia che l'attaccante dimostrava quand'era in campo. A 17 anni Lautaro disponeva già di una forza fisica nettamente superiore rispetto a quella dei coetanei e, quando si involava verso la porta, i giovani difensori non riuscivano nemmeno ad abbatterlo. Era davvero una bestia.
Alla fine Santiago Reyes non è riuscito a coronare il suo sogno di diventare un giocatore professionista e, come rivelato nella stessa intervista, ha appeso prematuramente gli scarpini al chiodo, "Come molti altri ragazzi argentini". Eppure ha dato comunque il suo contributo al mondo calcistico, ideando il soprannome perfetto per uno degli attaccanti più forti degli ultimi anni: quello del Toro Lautaro Martinez.
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