Perché Gaetano Scirea era il campione di tutti

Esistono giocatori che non puoi non guardare con ammirazione. Campioni che trascendono il tempo e che rimangono impressi nella storia del calcio. Gaetano Scirea è uno di quelli.
Sono passati esattamente 36 anni da quando un maledetto incidente stradale si è portato via uno dei migliori calciatori italiani mai esistiti. Ma a distanza di tutto questo tempo, il suo ricordo è più vivo che mai.
Anche chi non ha mai avuto la fortuna di vederlo giocare sa infatti che Scirea era un calciatore eccezionale. Tatticamente parlando, costituisce un ponte tra il ruolo tradizionale del libero e quello del difensore moderno che, dotato di un piede educato, dev'essere il primo regista della squadra. E infatti l'iconico n°6 della Juventus era sia capace di recuperare palla con interventi puntuali ed eleganti sia di lanciare i compagni verso la porta avversaria.
Proprio il club bianconero ha diffuso un comunicato per onorare questa triste ricorrenza:
"Trentasei anni fa ci lasciava Gaetano Scirea.
Ogni 3 settembre trascorso da quella tragica giornata del 1989 che colse tutti di sorpresa, è diventato così un momento di ricordo doloroso e indelebile nel cuore di tutti i tifosi bianconeri. La sua capacità di interpretare lo sport, il lavoro e la vita lo hanno portato nel corso della sua carriera a diventare un riferimento apprezzato dagli appassionati di calcio e non solo. Un uomo talmente grande da essere in grado di superare gli stretti limiti a cui spesso è confinata la figura del giocatore.
Un modello, un esempio, un capitano per tutta la famiglia juventina. Un compagno di viaggio che ci ha lasciato troppo presto - trentasei infatti erano anche gli anni di Scirea nel momento dell’incidente che ci ha portato via un uomo straordinario e uno dei giocatori più vincenti della storia del nostro club.
Manchi a tutti noi, capitano."
Per chi non lo sapesse, Scirea è stato il primo giocatore ad aver vinto tutte le competizioni della UEFA per club. A differenza di molti suoi colleghi, era un difensore silenzioso e composto, non amava urlare e sbracciarsi in campo, preferiva farsi capire con la postura del corpo o con gli sguardi rivolti ai compagni che lo seguivano per via delle sue innate doti da leader.
C'è chi dice che fosse troppo buono durante le partite. Mai una polemica, mai una discussione con gli avversari, addirittura mai un cartellino rosso in carriera. A Scirea non importava degli altri giocatori, aveva occhi solo per il pallone, oggetto che doveva conquistare nella maniera più pulita ed elegante possibile.
E quell'eleganza, Gai la metteva anche fuori dal campo. All'epoca era impensabile per un calciatore andare in giro con creste, vestiti strappati o barbe folte; bisognava vestirsi decorosamente e avere un aspetto sobrio e austero. Scirea sapeva di essere visto da migliaia di persone e proprio per questo voleva mandare solo messaggi positivi.
Era impossibile odiare Gaetano Scirea. O meglio, i tifosi avversari lo odiavano solo durante le partite quando lui, Zoff, Cabrini e Gentile costituivano un muro impossibile da valicare. Però alla fine del match si tornava a guardarlo con ammirazione e stima.
La mitica vittoria al Mondiale spagnolo del 1982 non ha fatto che consolidare la posizione di Scirea all'interno dei nostri cuori, l'ha solo consacrato come uno dei migliori giocatori della sua generazione e di tutta la storia del calcio italiano.
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