Perché Gaetano Scirea era il campione di tutti

La maglia n°6 di Scirea
La maglia n°6 di Scirea / MARCO BERTORELLO/Getty Images
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Esistono giocatori che non puoi non guardare con ammirazione. Campioni che trascendono il tempo e che rimangono impressi nella storia del calcio. Gaetano Scirea è uno di quelli.

Sono passati esattamente 32 anni da quando un maledetto incidente stradale si è portato via uno dei migliori calciatori italiani mai esistiti. Ma a distanza di tutto questo tempo, il suo ricordo è più vivo che mai.

Anche chi non ha mai avuto la fortuna di vederlo giocare sa infatti che Scirea era un calciatore eccezionale. Tatticamente parlando, costituisce un ponte tra il ruolo tradizionale del libero e quello del difensore moderno che, dotato di un piede educato, dev'essere il primo regista della squadra. E infatti l'iconico n°6 della Juventus era sia capace di recuperare palla con interventi puntuali ed eleganti sia di lanciare i compagni verso la porta avversaria.

Proprio il club bianconero ha diffuso un comunicato per onorare questa triste ricorrenza:

"Indimenticato e indimenticabile - si legge in un comunicato della Juventus - Avevamo descritto così Gaetano Scirea, in occasione dell’inaugurazione della mostra a lui dedicata. Aggettivi che infrangono le barriere del tempo, così come la sua classe, dentro e fuori dal campo, la cui purezza rimane inscalfibile e inarrivabile a distanza di generazioni. In realtà, quando si descrivono un Campione ed un Uomo così grandi, le parole diventano sempre riduttive. Per questo, a 32 anni di distanza da quella tragica notte del 3 settembre 1989 in cui 'Gai' ci lasciò, vogliamo solo stringerci in un abbraccio alla famiglia di Gaetano e a tutto il popolo bianconero per ricordare un esempio senza eguali, il cui valore va al di là di qualsiasi parola. Ciao Gaetano. Sarai sempre con noi".

Per chi non lo sapesse, Scirea è stato il primo giocatore ad aver vinto tutte le competizioni della UEFA per club. A differenza di molti suoi colleghi, era un difensore silenzioso e composto, non amava urlare e sbracciarsi in campo, preferiva farsi capire con la postura del corpo o con gli sguardi rivolti ai compagni che lo seguivano per via delle sue innate doti da leader.

C'è chi dice che fosse troppo buono durante le partite. Mai una polemica, mai una discussione con gli avversari, addirittura mai un cartellino rosso in carriera. A Scirea non importava degli altri giocatori, aveva occhi solo per il pallone, oggetto che doveva conquistare nella maniera più pulita ed elegante possibile.

E quell'eleganza, Gai la metteva anche fuori dal campo. All'epoca era impensabile per un calciatore andare in giro con creste, vestiti strappati o barbe folte; bisognava vestirsi decorosamente e avere un aspetto sobrio e austero. Scirea sapeva di essere visto da migliaia di persone e proprio per questo voleva mandare solo messaggi positivi.

Gaetano Scirea
Scirea con la maglia Azzurra / Alessandro Sabattini/Getty Images

Era impossibile odiare Gaetano Scirea. O meglio, i tifosi avversari lo odiavano solo durante le partite quando lui, Zoff, Cabrini e Gentile costituivano un muro impossibile da valicare. Però alla fine del match si tornava a guardarlo con ammirazione e stima.

La mitica vittoria al Mondiale spagnolo del 1982 non ha fatto che consolidare la posizione di Scirea all'interno dei nostri cuori, l'ha solo consacrato come uno dei migliori giocatori della sua generazione e di tutta la storia del calcio italiano.


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