Neymar e la grande occasione: la rincorsa dell'eterno erede al trono

Le Havre HAC v Paris Saint Germain - Friendly Match
Le Havre HAC v Paris Saint Germain - Friendly Match / Jean Catuffe/Getty Images
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Nel calcio si dice che il ruolo più scomodo sul piano psicologico sia quello del portiere di riserva. I suoi compiti sono quelli del leader poco manifesto, ovvero fare spogliatoio, termine del gergo calcistico utilizzato per indicare chi sa toccare le corde giuste al momento giusto nel dialogo con i compagni di squadra. Il numero 12 per eccellenza, tuttavia, deve anche sapersi fare trovare pronto quando serve, compito che in verità sarebbe di tutti i “panchinari”, ma che per un guardiano dei pali di rincalzo è fatalmente più difficile perché nel proprio ruolo ne gioca uno solo e di conseguenza le possibilità di essere impiegato sono minime e nel corso di una stagione può anche succedere che pur allenandosi ogni giorno con regolarità il minutaggio non si schiodi mai dallo zero. In fondo non è azzardato paragonare il portiere di riserva a un erede al trono, la cui vita è scandita dall’attesa.

Un’attesa che per l’appunto rischia di essere beckettiana, perché Godot, leggi la corona, potrebbe anche non arrivare mai. Una carriera da erede al trono è quella che sta vivendo Neymar da Silva Santos Junior, per tutti Neymar, 28 anni compiuti lo scorso febbraio e una bacheca già piena di titoli, senza però esserne quasi mai stato il primattore, almeno a livello di club. Ma di chi attende l’eredità Neymar? Non di un solo fuoriclasse del pallone e questo è un problema in più. In primo luogo del più grande, Edson Arantes do Nascimento, per gli amici Pelè e in tal senso il soprannome del fuoriclasse di San Paolo, "O’Ney", la dice lunga, riecheggiando l’O’Rey della leggenda degli anni ’60-70. Ma anche di Leo Messi e perché no di Cristiano Ronaldo raccogliendo il testimone di giocatore simbolo per le nuove generazioni.

The Best FIFA Football Awards - Show
The Best FIFA Football Awards - Show / Michael Steele/Getty Images


Se non fosse che i due vecchietti nati negli anni ’80 non mollano il colpo, tutt'altro, e che Neymar non ha ancora dimostrato di essere pronto per la successione. La critica calcistica è negli anni passati da un’indulgenza spesso colorata di agiografia ad una progressiva severità nei confronti di un talento certo non inespresso, ma non ancora diventato leader assoluto nei propri club e in Nazionale. Ma, si diceva, da eredi al trono si vive male. Se, con Neymar 16enne, fu lo stesso Pelè a pronunciare l’investitura (“Può diventare più forte di me”), non è da tutti mantenere i piedi per terra. Tanto più se ancora minorenne guadagni già l’equivalente di 3700 euro, tanti gliene garantì il Santos ancora prima di firmare il primo contratto da professionista, anno di grazia 2008.

Nella Baixada Santista Neymar arrivò nel 2003 insieme alla famiglia e fu immediatamente acquistato dal Peixe, ma un dettaglio può far capire ulteriormente quanto la vita da predestinato sia stata piena di pressioni: la prima “proprietaria” del cartellino fu infatti la famiglia, primo capitolo di un rapporto che sarebbe presto diventato molto stretto, forse anche troppo, a livello professionale, visto che la figura del padre, Neymar sr., anch’egli ex calciatore e molto presente, eufemisticamente, nelle vicende lavorative e soprattutto economiche del pargolo, ha svolto un ruolo decisivo nei pochi trasferimenti nella carriera del ragazzo, pur non essendone il manager ufficiale.

Dopo cinque anni di magie con i coetanei, nel 2009 Neymar diventa protagonista assoluto nella prima squadra del Santos vivendo le stagioni più belle, fino ad oggi, della carriera, se per belle si intende la capacità di essere decisivo da solo o quasi, cosa quasi mai successa al Barcellona e al Psg. In realtà quegli anni pieni di gol (oltre 130) e titoli (tre campionati paulista, una Libertadores e una Recopa) sarebbero potuti essere solo tre se nel 2006 il Real Madrid non si fosse reso protagonista di un clamoroso voltafaccia quando, ad accordi già trovati con società e giocatore, i Blancos si rifiutarono di pagare un premio di valorizzazione di 60.000 euro all’agente di Neymar, Wagner Ribeiro, per chiudere la trattativa. Non la più astuta delle mosse ed è per questo che quando, nel 2014, proprio la procura di Madrid iniziò ad investigare sulle modalità del passaggio dal Santos al Barcellona ai tifosi blaugrana comparve la sagoma di Esopo e della sua “La volpe e l’uva”.

Paris Saint-Germain Training Session - UEFA Champions League
Paris Saint-Germain Training Session - UEFA Champions League / David Ramos/Getty Images

Peccato che fosse tutto vero e che i 57 milioni denunciati dai catalani nell’affare concretizzatosi nel 2013 fossero stati in realtà 88 con i genitori di Neymar che confermarono di aver ricevuto 40 milioni. Secondo molti questa inchiesta segnò l’inizio del declino di squadra e società, ma questa è un’altra storia. Quella di Neymar in Catalogna è invece stata piena di titoli e gol, ma anche di qualche rimpianto. L’attacco con Messi e Suarez è considerato tra i più forti della storia, ma le percentuali dei singoli contributi non sono certo state le classiche 33-33-33. Mai sopra i 24 centri in campionato, Neymar ha saputo imporsi per le proprie indiscutibili qualità tecniche, nello stretto come negli spazi larghi, come trasformatore di calci di punizioni e come campionario generale di colpi, ma non a livello di personalità, soffrendo in campo quella pur non straripante dell’amico-“nemico”-modello Messi senza quasi mai riuscire a prendere in mano la squadra nei momenti di scarsa vena ispiratrice della Pulce o realizzativa di Suarez.

Alla fine due campionati, due Supercoppe, tre Coppe di Spagna, una Champions (pur conquistata nell’anno del Triplete 2015 con il titolo di co-capocannoniere alla pari, guarda a caso, di Messi e Ronaldo), una Supercoppa europea e un Mondiale per club rappresentano allora un bottino solo “normale”, comunque sufficiente per convincere l’opinione pubblica che Neymar sarebbe stato l’erede di Messi, concetto rafforzato dal ruolo finalmente da protagonista, con due gol e un assist, avuto nella storica rimonta del 2017 contro il Psg nei quarti di Champions, dallo 0-4 dell’andata al 6-1 del ritorno. Impara l’arte e mettila da parte, insomma, anche se sarebbe meglio dire che campioni si diventa e fuoriclasse si nasce, se si pensa al percorso in Nazionale, scandito dallo stesso percorso vissuto con i club: gol a grappoli, ma titoli col contagocce.

La gioia dell’Olimpiade 2018 vinta in casa conta più per l’orgoglio nazionalistico che per la storia, dove ha invece lasciato un segno indelebile il flop in tante edizioni della Coppa America e nel Mondiale 2014 ugualmente giocato in casa e interrotto sì dall'entrata "assassina" di Juan-Camilo Zuniga che lo ha fermato sul più bello, ma dopo una prima parte di competizione appena sufficiente, fornendogli però… l’alibi di ferro con quell’assenza nella notte dell’umiliazione contro la Germania, che ha bollato come calcisticamente "indegna" un’intera generazione di calciatori.

La scelta di trasferirsi proprio a Parigi nel 2017 è stata allora dettata più dalla volontà di staccarsi dall’ombra di Messi per dimostrare di essere diventato grande come il Maestro, che da motivi economici. I primi tre anni all'ombra della Tour Eiffel sono stati scanditi da tanti gol e dagli "inevitabili" titoli nazionali, ma anche da troppi infortuni e polemiche, figlie anche di quel peso della portata di 222 milioni, cifra tuttora record mai spesa per un calciatore e "responsabili" di una scintilla mai scattata tra il brasiliano triste e i francesi, complici i tanti flop in Champions, obiettivo-ossessione della proprietà qatariota del club. Tra la nostalgia di Barcellona e di un calcio più competitivo e il chiodo fisso della Nazionale in particolare durante la prima stagione francese, Neymar non è ancora riuscito a trascinare critica e tifosi compatti dalla propria parte, complice la presenza di un altro… potenziale erede al trono, Kylian Mbappé, fatalmente il preferito dalla stampa locale, ma effettivamente più determinante sul campo oltre che campione del mondo nel 2018 nella stessa manifestazione in cui O’Ney fallì miseramente con la sua Seleçao, eliminata dal Belgio ai quarti al termine di un percorso incolore in cui la stella designata non ha quasi mai lasciato il segno.

Il destino sembra però ora essersi ricordato del Nostro, dandogli una nuova opportunità. La finale della Champions più anomala di sempre metterà di fronte il talento dei globetrotters del Psg e l’organizzazione del Bayern Monaco: nella terra di Cristiano Ronaldo Neymar può porre fine alla rincorsa al trono, vendicando il Mineirao, acuendo il rimpianto per la sua assenza in quella notte, dando finalmente concretezza al "titolo" di giocatore più costoso della storia e dimostrando di saper essere decisivo come il portoghese e come Messi. Anzi di più, vincendo con una squadra non abituata a farlo.


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