Mourinho: "A Tirana la finale più importante, Smalling e Mkhitaryan a rischio"

José Mourinho
José Mourinho / Silvia Lore/GettyImages
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José Mourinho parla in conferenza stampa nella settimana calda che porta al Torino e soprattutto alla finale di Conference League tra Roma e Feyenoord.

Ripartiamo dall'aspetto emozionale. Dopo quello che ha visto all'Olimpico se la sentirebbe di fare un percorso come quello di Ferguson al Manchester United? "Ferguson è stato 20 anni, io per arrivarci dovrei arrivare a 79 anni... Sarà dura, magari fino a 70 ma a 79 sarà difficile. Mi piace essere qui alla Roma, è visibile, si sente, ho accettato un certo profilo di un progetto che dura 3 anni. Dopo vedremo che profilo avrà dopo questi 3 anni. Penso di restare qui questi 3 anni, non sto tantomeno pensando a partire prima di questi 3 anni. Poi vedremo che direzione prenderà, a volte i progetti si avvicinano alle aspettative o si allontanano. Nel calcio conta l'oggi o al massimo il domani. Voglio restare qui anche la prossima stagione, è il modo più obiettivo che trovo per rispondere".

Indipendentemente dalla finale cosa si sente di aver già vinto qui a Roma? "Difficile fare un bilancio ora, domanda complicata. Non voglio rispondere". 

C’è grande entusiasmo a Tirana per l'arrivo della Roma e per il suo arrivo. Ci sono anche problematiche però perché lo stadio è piccolo. Kumbulla ritorna a casa e i tifosi albanesi si aspettano di vederlo in campo, sarà così?
"Quello che mi aspetto dai tifosi albanesi è che, che con o senza Kumbulla, tifino per la Roma e non per il Feyenoord. Se tifi Roma, lo fai anche se non gioca Kumbulla. Se la Roma vince la coppa, c’è un albanese che vince la coppa, questo secondo me è più che sufficiente per un tifoso albanese per essere vicino alla Roma. C’è una squadra che gioca una finale venerdì e poi un’altra ancora e una squadra che invece si sta riposando. La finale in Albania è un grande piacere, doppio perché è uno dei pochi paesi in Europa dove non ho mai giocato. Ho anche qualche importante amico a Tirana e in Albania come Paese. L’unico problema è lo stadio, se fosse stato da 50mila o da 70mila sarebbe lo stesso piccolo. Se questa partita si giocasse al Bernabeu sarebbe pieno. Ho giocato una supercoppa europea in Macedonia del Nord, è stato un fantastico evento per loro. Una finale di Europa League a Stoccolma, ci sono paesi che per la loro passione per il calcio meritano questa opportunità, dispiace per i tifosi della Roma. Sarà ancora più bello se Kumbulla alzerà la coppa”.

Lei e Ancelotti siete finalisti in Uefa. Qualcuno vi ha dato per morti troppo presto? "Penso che il problema con Carlo è che se alleni l’Everton non vince la Champions. Con me invece qualcuno si aspettava di vincere e non è stato così. Non mi sono mai preoccupato di questo, non penso alle nuove generazioni, penso alla qualità e la qualità non ha nulla a che vedere con l’età, come con i giocatori. Ci sono giocatori bravi a 20 o a 40 anni. Il gol che Quagliarella fa a 40 anni, mi piacerebbe che lo facesse qualcuno dei miei che ne ha 20. Negli allenatori non c’è età, c’è passione e se manca sei finito. Quando non senti la pressione prima di queste partite, significa che sei finito. Mi conosco molto bene e conosco Carlo abbastanza bene. Siamo noi a decidere di dire basta, se qualcuno aspetta questo, dovrà aspettare per molto tempo perché non succederà presto”.

C’è questa attesa e fibrillazione che è una cosa bella perché non respirava da tanto. C’è ancora una giornata di campionato e c’è una finale: non riterrebbe beffardo se gli incastri andassero male e la Roma rimanesse fuori dall’Europa? Se questo avvenisse, la stagione sarebbe positiva? "
"Questo rischio esiste, non possiamo dire che è uno scenario impossibile. Ci sono due finali da giocare e ipoteticamente si possono perdere entrambe e finire fuori dall’Europa. I giocatori e io lo sappiamo, non è una situazione facile da gestire. Sono capace di pensare solo a venerdì, infatti non sono contento di essere qui oggi a parlare per voi italiani e per i giornalisti stranieri in un giorno dedicato alla finale di mercoledì. Non sono contento di fare un allenamento che non lo era perché era aperto e non potevo fare nulla di tattico. È stato un allenamento finto per voi. Non sono felice di questo. C’è gente che pensa di dimenticare venerdì, per far riposare tutti e andare a Tirana al meglio. Ci sarà gente che invece pensa che mercoledì sarà una finale 50 e 50 e che quindi dobbiamo giocarci tutto venerdì perché se si vince si va in Europa League. C’è chi pensa una via di mezzo. Se mi chiedi quale è il mio pensiero, per me è tutto venerdì. Il problema è che non posso essere solo io a pensarlo. I giocatori devono pensare lo stesso, il dipartimento medico, i miei assistenti.Se guardi l’allenamento, non abbiamo nascosto nessun giocatore. Non c’era nessuno al 100% della condizione che non si è allenato per farvi pensare che non ci sarà venerdì. Chi non c’era in questo momento non è disponibile per venerdì. Sarebbe più facile essere già qualificato o addirittura già fuori dalla corsa ai posti europei. Io penso a venerdì”.

Ritiene di essere uno spot per questa coppa con la sua caratura internazionale? La situazione di Mkhitaryan e Zaniolo?
"Mkhitaryanha avuto quell'infortunio contro il Leicester, ha bisogno di tempo. Non ha ancora fatto nessun allenamento con la squadra, non ci sono possibilità di averlo venerdì e poche per averlo mercoledì. Zaniolo poche possibilità di averlo venerdì, più di averlo per la finale. Se riesce a recuperare per venerdì giocherà, senza pensare alla finale. Smalling è infortunato, 0% di possibilità di vederlo venerdì e in dubbio per mercoledì. Karsdorp è quello più vicino al recupero ma è ancora in dubbio. Mi sono emozionato per la finale, non per me, pensavo più alla gente e ai giocatori, meno a me stesso. Voglio la finale per me stesso ovviamente, ma è più importante per la gente che non vive un momento così da tanto tempo. Per i giocatori che fanno un primo passo verso una carriera bella e vincente. Sono meno egocentrico e più un uomo del gruppo e della gente. MI piacerebbe vincere per loro. Quando si fa qualcosa di nuovo c’è sempre qualche scettico e la gente che rischia ha bisogno di aiuto. È una nuova competizione che quando è iniziata, la gente ha visto i playoff dove ha visto squadre di molti paesi senza vedere le squadre spagnole, inglesi e tedesche. Ha pensato che fosse una competizione inferiore. Bisogna che le squadre più importanti della competizione la prendano sul serio sennò se vai fuori, arriveranno in semifinale e finale squadre senza espressione e la competizione, che è un'idea brillante, diventa un disastro. Il Velodrome era pieno, l’Olimpico, a Leicester, sempre pieni gli stadi. È diventata importante perché noi abbiamo aiutato la Uefa a farla diventare tale. L’anno prossimo la gente guarderà la Conference con altri occhi”.

Nota differenze tra Roma e le altre piazze prima di una finale?
"Sì, sento che è più difficile far concentrare la gente prima della finale. Ho fatto anche degli esempi, prima di vincere la Champions con l'Inter ci giocavamo lo scudetto, se non avessimo vinto l'ultima di campionato non lo avremmo vinto. E si pensava solo alla partita decisiva per il campionato, non a quella dopo. Al Porto è successo esattamente lo stesso. Qui c'è un'euforia generale che si sente e che non aiuta a concentrarsi a una gara importante. E morirò con quest'idea, per me la prossima partita è la più importante. Confesso che non è facile, abbiamo cercato di fare di tutto anche con Tiago Pinto per sistemare le cose, ogni giocatore non si deve preoccupare di aspetti logistici e dei problemi familiari. Ma è qualcosa di più globale, è qualcosa che si sente anche per la strada. La gente non ti sprona per Torino, non si pensa a Torino. Tutto questo nasce dalla gioia di giocarsi una finale e di avere il 50% di possiblità di vincere un trofeo, ma la priorità per me è venerdì, non ho problemi ad ammetterlo. Quello che mi da un po' di frustrazione è che meritavamo di essere già quinti, ma con tanti punti di vantaggi. Tra arbitri, VAR, errori nostri, errori anche miei, la sfortuna che abbiamo avuto... Dovevamo essere al quinto posto, ma non ci siamo. Venerdì c'è da giocare una gara in modo serio".

C’è ancora in ballo il quinto posto ma Sarri ha detto che è una mentalità provinciale pensare di arrivare prima della Lazio. Per lei conta o no? 
"Non commento le parole dei colleghi ma sono d’accordo in questo caso. Non si deve guardare a queste cose. Lo dicevo anche quando abbiamo perso il derby perché ho capito cosa significa perderlo e cosa significa stravincerlo. È troppo, però è cultura e il calcio è anche cultura popolare e noi come allenatori, dobbiamo imparare la cultura popolare, è molto importante. Ho cercato di farlo sempre ovunque sono andato e quando sei a Roma, nel mio caso diventi romanista e queste cose hanno importanza. Il quinto o sesto posto nella pratica è uguale, è vero. Se mi dici quinto o settimo non lo è, così come quarto o quinto. Questo diminuisce questo modo di pensare e la finale fa la differenza perché significa un trofeo e quindi significa di più”.

Nell’allenamento mi ha sorpreso vedere Ibanez come jolly e Spinazzola a destra. Spinazzola titolare con il Venezia significa qualcosa in ottica Torino e Tirana?
"Ibanez è fantastico in tanti aspetti ma non lo è nella visione e nel passaggio. Lì ci sono i suoi limiti e giocando da jolly ha la possibilità di avere più palla anche in zone dove ha pressione intorno a lui e non solo davanti. Questo lo aiuta a pensare e eseguire più velocemente. Cristante lo fa da tanto ed è migliorato tantissimo. Spinazzola contro il Venezia non ha fatto male per niente, le sensazioni sono state positive. Peccato per il cartellino giallo che poteva creargli qualche difficoltà nel secondo tempo. Il fatto di essersi allenato a destra significa che adesso non abbiamo Karsdorp mentre a sinistra abbiamo soluzioni. A Spinazzola gli piace giocare a sinistra ma quando arriva un momento di difficoltà dobbiamo fare con quello che abbiamo e se servirà giocherà a destra”.


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