Morata: "Ritorno alla Juve emozione incompleta. L'anno prossimo faremo meglio"

Alvaro Morata
Alvaro Morata / Jonathan Moscrop/Getty Images
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L'attaccante della Juventus Alvaro Morata si è raccontato, rispondendo alle domande speciali di intervistatori speciali. Lo spagnolo ha parlato ai Junior Black&White Member. Tante le curiosità dei bambini per il calciatore spagnolo, uno dei più amati dal popolo juventino. Ecco le sue parole riprese da ilbianconero.com.

Cosa deve fare un bambino che vuole diventare calciatore?

"Domanda difficile, devi seguire i tuoi sogni e crederci fino alla fine. Nessuno di noi alla Juve si sarebbe immaginato di difendere i colori bianconeri. Per diventare calciatore non c’è una formula segreta: dovrai metterci impegno e fare tanti sacrifici. Dovrai essere fortunato nel tuo percorso di crescita per non avere infortuni e sforzarti tanto". 

Qual è la cosa più bella alla Juve?

"La gente che ci lavora. Un club come la Juve ti dà la sensazione di essere in una famiglia. Ci danno una mano in tutto. Questo fa la Juve una squadra così". 

Cosa mangi?

"Quando devo giocare, mi alzo e prendo subito un caffè per svegliarmi un po’ e mangio banana, cocco e miele. A pranzo mangio pasta per avere forza per la partita, pesce o pollo. Senza tante salse se no non sei in grado di correre tanto. A cena dipende: quando giochi una partita completa puoi permetterti anche una pizza o una cotoletta". 

Come lavora la squadra in settimana?

"Di solito con il percorso della settimana iniziamo in due gruppi diversi: chi ha giocato ha bisogno di recupero, chi no ha bisogno di allenamento. I primi giorni della settimana si lavora sulla corsa, poi la palestra la facciamo sempre prima degli allenamenti per evitare infortuni. Quando iniziano ad avvicinarsi le partite, guardiamo i video con lo staff degli avversari e facciamo le partitine, il momento che più ci piace. Il giorno dopo mettiamo a posto tutte le botte che prendiamo in partita".

Il ritorno alla Juve?

"Un’emozione bellissima, incompleta perché quando ero qua non vedevo l’ora di giocare allo stadio con i tifosi e non ho ancora avuto il piacere di riapprezzare quel momento. Spero che possano tornare presto per una vita più normale, condividendo così i nostri momenti con voi". 

Cosa è cambiato?

"Gli allenamenti? Sempre gli stessi. Ad essere cambiata è la vita. Dobbiamo fare attenzione, essere responsabili. È dura ad esempio non fermarmi con la gente prima degli allenamenti: è complicato, ma speriamo di tornare presto alla normalità".

Com'è la vita da attaccante?

"Ti diverti. Certe partite avrai l’occasione di fare tanti gol ma altre volte sarà il turno degli altri e dovrai aiutarli. Se tu sei pericoloso, i difensori staranno attaccati a te. E’ un’emozione bellissima, inizierai anche a fare i passaggi agli altri".

Quando hai iniziato a giocare a pallone?

"Ho iniziato a giocare quando ero piccolo. E' stato mio nonno che mi ha regalato la prima palla a 2 anni. Ho giocato nella scuola a calcetto, poi a 7/8 anni ho iniziato a giocare i campionati con i più grandi. Mi hanno chiamato un po’ di squadre, mia mamma non voleva mandarmi perché pensavo solo al pallone e non alla scuola. Finché non ho passato tutti gli esami mia mamma non mi ha portato all’Atletico, ma dovevo continuare a fare bene nella scuola se no mi buttava fuori. Giocavo nella scuola dove studiavo, ed era proprio attaccato a casa. Mi divertivo tanto, perché vedi tutti i giorni i tuoi compagni di scuola, divertendoti dopo le lezioni. Quando ero piccolo i miei genitori lavoravano. A volte mi portava mio papà, a volte mia mamma, a volte mia sorella e qualche amico. Sarà grato a loro perché senza tutti quei viaggi e sacrifici non sarei mai diventato calciatore".

Qual è il tuo calciatore preferito?

"Oggi dico Cristiano Ronaldo, che è il mio compagno e mi piace vederlo durante gli allenamenti. Anche Dybala: è un piacere enorme giocare con loro".

Alvaro Morata
Alvaro Morata / Gabriele Maltinti/Getty Images

Sei sempre stato un attaccante?

"Non sono sempre stato centravanti. All’inizio mi piaceva fare il portiere, ma siccome la squadra della scuola era forte mi annoiavo perché non arrivava un pallone. Ho iniziato quindi a giocare davanti, a fare il difensore, ma volevo sempre tirare. Non c’era una posizione più avanti dell’attaccante e lì sono rimasto".

Qual è il ricordo più bello?

"La semifinale di Champions con il Real Madrid. Era da tanto che la Juve non arrivava in finale e abbiamo vinto allo Stadium e pareggiato al Bernabeu. La finale è invece il ricordo più amaro, siamo arrivati vicini alla vittoria".

E la famiglia?

"Non sono a casa tutto il tempo che mi piacerebbe ma ogni volta che ci sono sto con loro. I figli più grandi sono malati di Juve, mettono la maglietta anche al piccolino. Da bambino? Il sogno era quello di diventare calciatore professionista e giocare con la Nazionale del mio Paese. Ci sono riuscito. Quando realizzi il primo sogno di giocare in Serie A, di vincerla, di vincere la Champions è un orgoglio. Ancora ho dei sogni, e quando smetti di averne vuol dire che non hai più ambizione".

Cos'è la Juve per te?

"Il massimo. Quando ero piccolo tifavo Atletico Madrid, poi ho scoperto che c’era la Juventus e quando mi hanno chiamato è stato un sogno. Loro hanno puntato su di me quando non giocavo tanto, quando ero giovane. Se oggi sono qua in gran parte è grazie ad un club come la Juventus. Gol o assist? Dipende, anche da come va la partita. È una cosa bellissima far segnare gli altri anche. Io sono amico con chi gioca con me, ed è emozionante far loro degli assist. La mia squadra preferita? La Juve. Spero che l’anno prossimo sia migliore di quest’anno, lavoreremo duro per questo. Arrivare in una big? Quando ero bambino non me lo immaginavo. La cosa più positiva che puoi fare da piccolo è divertirti, senza metterti pressione".

Momenti belli della tua carriera?

"Ce ne sono tanti. Ricordo la prima volta che mi hanno chiamato in Nazionale. Non me l’aspettavo, è stata un’emozione pazzesca. Un’altra volta, da piccolo, quando ero a scuola mi chiamò il direttore dicendomi di prendere lo zaino e andare al Mondiale con la Nazionale".

Quali sono i difensori più forti che hai incontrato?

"Ne ho incontrati tanti. Quelli con cui ho fatto più fatica sono Chiellini, Barzagli e Bonucci: erano forti singolarmente già, e quando si mettevano insieme diventava impossibile superarli. Me li sono goduti da compagni anche. Sono grandissime persone, e tra i difensori più forti del mondo".

Tuo nonno mi voleva all'Atletico?

"Sì, questa è una storia che fa ridere. Lui è stratifoso dell’Atletico, mi ha regalato anche la maglietta da piccolo. Era arrabbiato con me quando sono andato al Real, non è mai venuto a vedermi. Quando sono andato in prima squadra all’Atletico, però, gli ho comprato un biglietto per la partita attaccato alla panchina e sembrava quasi l’allenatore".

Qual è il tuo piatto preferito?

"In Spagna sono le uova fritte con patatine e prosciutto. Lo mischi tutto ed è buonissimo. Mi piacciono tanto le crocchette. Qui in Italia la pizza e la pasta".

Com'è stata la tua prima volta in campo?

"Emozione incredibile. La prima volta tremavo tutto: giocavo contro il Barcellona, lo ricordo come se fosse ieri. Ero nervoso, la prima palla che ho toccato ho fatto un assist. Guardavo tutte le persone che erano in tribuna, poi mi sono concentrato".

Il gol più bello che hai fatto?

"Uno di quelli che mi piace di più, soprattutto per l’esultanza la cui foto ce l’ho ancora a casa, è contro il Manchester City in Champions League. Non stavo facendo una bella partita, avevo un dolore forte alla caviglia e alla fine ho fatto quel gol importante per noi. Nell’esultanza abbiamo fatto la scivolata con Dybala, Cuadrado e Pogba. Ho quella foto incorniciata a casa".


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