Milan ai milanisti: esperimento fallito? Forse i rossoneri hanno bisogno di altre certezze
Negli ultimi anni, il Milan ha cercato di affidarsi ad ex giocatori rossoneri per tentare la scalata per tornare in alto. Una tendenza iniziata già verso la fine dell'era Berlusconi. Era, infatti, il 12 gennaio del 2014 quando l'allenatore dell'ultimo Scudetto, Max Allegri, veniva esonerato a seguito della cocente sconfitta di Sassuolo e sostituito da Clarence Seedorf, il primo di una lunga serie di ritorni, appunto. L'olandese, in quel momento, era ancora in attività, in forza al Botafogo, in Brasile, ma, pur di non farsi scappare la grande occasione, decise di ritirarsi e accettare la panchina rossonera. Sotto la sua guida, tuttavia, finisce il campionato all'ottavo posto, il peggior risultato dal 1997/1998.
Per la stagione 2014/2015, dunque, si scelse di non continuare con Seedorf anche per via di un non eccellente rapporto con lo spogliatoio, complici delle dichiarazioni che, poi, si sarebbero rivelate corrette. L'olandese, infatti, aveva detto, in poche parole, che per tornare in alto quella non sarebbe stata la squadra adatta e che sarebbe servita una rivoluzione. Niente rivoluzione ed esonero. Al suo posto, Berlusconi e Galliani decisero di affidare la panchina a un altro ex giocatore/bandiera del Milan, Pippo Inzaghi. Da qualche anno, infatti, i rossoneri lo stavano crescendo in casa, nelle giovanili, come un novello Guardiola. Anche con Inzaghi, però, le cose non migliorarono, anzi. Il Milan finì decimo con l'ad rossonero, Galliani, che, addirittura, durante le ultime partite, cercò di convincere Ancelotti a tornare, lasciando il Real. Il tutto mentre Inzaghi era ancora in carica.
Nella stagione successiva, dunque, dopo esser stati vicini a Sarri, giudicato, però, troppo poco elegante per un club come il Diavolo, Berlusconi andò su Sinisa Mihajlovic, un ex Inter. Nessun ritorno, dunque. Anzi no, perchè il serbo venne esonerato nonostante una finale di Coppa Italia conquistata e sostituito da Cristian Brocchi, altro ex che aveva fatto la trafila da allenatore di Allievi e Primavera. Anche stavolta, però, il Milan raccolse appena un settimo posto, decidendo di non continuare con l'ex mediano rossonero, anche se all'inizio gli era stata promessa fiducia a prescindere dai risultati. La stagione 2016/2017, quella della fine dell'era Berlusconi, stranamente, non vide alcun ritorno.
Tuttavia, nell'estate successiva, la nuova proprietà cinese decise di ingaggiare Gennaro Gattuso come allenatore della Primavera rossonera. Tra i giovani, Ringhio, resterà poco, assumendo in autunno la carica di tecnico della Prima squadra, condotta al sesto posto nella stagione 2017/2018 e al quinto in quella successiva. 2018/2019, però, che ha visto altri ritorni. Con l'arrivo di Elliott al posto dei cinesi, infatti, tornarono anche Leonardo e Maldini. Stavolta, però, gli ex non si misero in panchina, ma dietro la scrivania. Naufragato il progetto Leonardo, infine, arriviamo alla stagione attuale, in cui il brasiliano è tornato al PSG e il suo posto è stato preso dall'ennesimo ex, Boban, epurato già in primavera.
Ritorni su ritorni, dunque. Probabilmente le tre diverse proprietà che hanno avuto il Milan in questi anni pensavano di poter ripetere quanto visto negli anni 2000 quando un ex calciatore rossonero in panchina, Ancelotti, guidava i suoi ragazzi alla conquista dell'Europa. O forse credevano, come altre squadre hanno fatto prima e dopo di loro (Solskjaer al Manchester United uno degli ultimi esempi), che le bandiere avrebbero ricordato ai giocatori cosa significa l'amore per quella maglia o cosa significhi anche solo far parte della gloriosa storia del Milan. Sta di fatto che poche volte guardare al passato ha funzionato e questa non è stata l'eccezione che conferma la regola.
Col senno di poi, inoltre, il fallimento poteva essere previsto. Se, infatti, da una parte tutti gli allenatori hanno avuto una squadra non all'altezza del blasone rossonero e i dirigenti (forse) un budget adeguato, dall'altra c'è da ricordare come a tutti gli ex che hanno fatto ritorno a Milanello nelle varie vesti mancava un elemento fondamentale: l'esperienza. Tutti quelli scelti per occupare la panchina erano alle prime armi o quasi (Seedorf, Inzaghi, Brocchi e Gattuso), mentre, a eccezione di Leonardo, Maldini e Boban non avevano mai avuto un incarico da altre parti. Si sono ritrovati tutti in condizioni nuove. Al Milan, però, servono persone capaci, a prescindere dal curriculum da giocatore.
Ora, con tutta probabilità, Maldini lascerà il posto a Ralf Rangnick, il dirigente del mondo Red Bull, il quale porterà maggiore esperienza e un sistema nuovo. Solo il tempo ci dirà se è il metodo giusto per tornare in alto. Sicuramente, però, sarà un sistema più sicuro rispetto all'improvvisazione degli ex tornati negli ultimi anni.
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