Marco Tardelli, l'urlo calcistico più celebre di sempre

Marco Tardelli
Marco Tardelli / 90min
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Non poteva mancare, nella nostra rubrica settimanale dedicata ai numeri 8 del calcio, Marco Tardelli, il più italiano tra gli italiani, di ieri e di oggi. Caratterialmente forte, calcisticamente imprescindibile: ecco la storia da urlo di un numero 8 dalla carriera semplice, per così dire, vissuta tutta d'un fiato e, soprattutto, con tutto se stesso. Dalla sua Toscana a Torino, sponda Juventus, per poi passare all'Inter e chiudere in Svizzera, al San Gallo: in mezzo, il celebre Mondiale di Spagna '82, l'evoluzione da difensore a centrocampista, l'urlo di quell'indimenticabile notte spagnola, contro i temutissimi tedeschi. Tecnico e ruvido, uomo d'un pezzo ed italiano dentro, scopriamo assieme chi è stato e chi è Marco Tardelli, in campo e nella vita.

Marco Tardelli con la maglia della Juventus
Marco Tardelli con la maglia della Juventus / Alessandro Sabattini/Getty Images

Tardelli nasce il 24 settembre 1954 a Capanne di Careggine, in provincia di Lucca, e cresce all'interno di un ambiente famigliare umile e di modeste condizioni. Dimostra sin dai primi calci al pallone di avere ambizione, voglia, determinazione e, in particolar modo, una buona tecnica di base, sebbene il suo fisico gracile e minuto non lo aiuti: la madre, preoccupata, nascondeva le scarpette da gioco al piccolo Marco, che quindi necessitò di un grande periodo di tempo per far capire in casa quale fosse il suo desiderio più grande e la sua passione sfrenata. Ecco, poi, gli inizi di carriera. Cresce calcisticamente nelle giovanili del San Martino (Pisa), per poi approdare allo stesso Pisa nella stagione 1972, dopo aver compiuto i 18 anni. Il fisico e la tecnica iniziano ad affinarsi, Tardelli dimostra applicazione e, dopo due stagioni in maglia nerazzurra, condite da 41 presenze e 4 reti, ecco l'approdo al Como, incantato da questo giovane terzino dalla scarsa esperienza, ma dalla propensione all'attacco e dal carattere forgiato.

Il passaggio dalla Serie C alla Serie B non sembra essere di difficile digestione per l'ex centrocampista della Nazionale, che col Como vive grandi momenti ed offre prestazioni al limite del generoso. L'ammirazione per l'idolo Gigi Riva, di piede mancino, lo fece diventare ambidestro e, quindi, versatile su entrambe le corsie. Terzino destro o sinistro faceva poca differenza per Tardelli, che in Lombardia segna 2 gol in 36 presenze, essendo artefice della scalata comasca: a fine stagione 1974-75, infatti, il Como guadagna la promozione in massima serie, mentre Marco, dal canto suo, guadagna l'opportunità della vita.

Alessandro Sabattini/Getty Images

Metà degli anni '70. Como in Serie A e Tardelli compie 21 anni: proprio nell'anno in cui la maggior età, in Italia, passa dai 21 ai 18 anni. Definitiva consacrazione, anche dal punto di vista anagrafico, qualora ce ne fosse stato il dubbio, per il ragazzo lucchese, in grado di prendere autonomamente le proprie decisioni, senza giustificazioni ed assistenze genitoriali. Durante la stagione di Como, il presidente della Juventus Giampiero Boniperti scova ed osserva Tardelli, aggiudicandoselo per 950 milioni di lire cash. L'arrivo a Torino sancisce l'inizio del rapporto padre-figlio tra Marco Tardelli e Giovanni Trapattoni, il tecnico che rende possibile la presenza di Marco in questo speciale settimanale: lo vede in prospettiva, lo scruta, lo ritiene sprecato nel marcare l'avversario in fascia ed avanzare a supportare l'attacco di rado. Ecco quindi l'evoluzione da terzino a centrocampista, precisamente nel ruolo e nel compito di mezzala, con qualità tecniche indiscusse, ma anche un senso di posizione ed inserimento davvero invidiabili. Dal 1975 al 1985, un decennio bianconero costellato di trofei, vittorie e, non da meno, costanti e decisive chiamate in Nazionale, ma di questo parleremo a breve.

Oltre che per il suo carattere forte, rigido e permaloso, si dice, il pubblico italiano e della Juventus lo ricorderà sempre per un palmarès davvero cospicuo e ricco, sebbene ci sia una vittoria di cui, tuttora, non vada fiero: Marco, infatti, è stato uno dei pochi protagonisti del 29 maggio 1985 ad essersi scusato, negli anni, per aver festeggiato la "vittoria" in finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool, in quella che è poi passata alla storia come la Strage di Heysel e che, quasi come per una strana coincidenza, è stata anche l'ultima apparizione in maglia bianconera del numero 8 italiano. Tornando però alla bacheca, Tardelli ha vinto ovunque, praticamente tutto con la maglia juventina addosso: 5 Scudetti, 2 Coppe Italia, 1 Coppa UEFA, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa Europea ed infine, appunto, la Coppa dei Campioni 1985.

Continuando e concludendo la carriera di Tardelli in maglie di club, la stagione 1985-86 vede il passaggio del centrocampista dalla Vecchia Signora alla Beneamata, dopo un lungo corteggiamento passato, quando ad aggiudicarsi le sue prestazioni, però, ci fu la Juventus di Boniperti. All'Inter vive una seconda giovinezza, pur non alzando alcun trofeo, ma dimostrando il suo valore, la sua tecnica e la sua importanza, di cui risente soprattutto la Juventus che, in sua assenza, ricuce un nuovo Scudetto sul petto 9 anni dopo l'ultimo. Dopo due stagioni in maglia Inter (1985-1987, 43 presenze e 2 reti), ecco l'approdo ed il finale di carriera in Svizzera, con la casacca del San Gallo: un'unica stagione, con un solo gol all'attivo, ma nessun rimpianto. La carriera agonistica di Marco Tardelli si chiude qui, ma non per noi italiani e per tutti gli amanti di calcio, che ricorderanno sempre quella celebre corsa del 1982, quel celebre golasso alla Germania in finale Mondiale, quelle gagliarde prestazioni con la maglia della Nazionale azzurra.

Marco Tardelli in maglia azzurra
Marco Tardelli in maglia azzurra / Alessandro Sabattini/Getty Images

Qualche passo a ritroso, dunque: Marco viene convocato in Nazionale maggiore per la prima volta nell'aprile 1976, tra lo scetticismo e le malelingue, che lo vedono protagonista della chiamata in Azzurro esclusivamente perché in forza alla Juventus. Ma la verità è che il ragazzo, allora 22enne, in campo, anche in palcoscenici internazionali, ci sta benissimo, con personalità ed energie da vendere. Diventa cardine del centrocampo e della rosa di Enzo Bearzot, CT della Nazionale che intuisce come, senza di lui, la difesa possa andare in apnea e l'attacco, dall'altra parte, fatichi a ricevere palloni interessanti. Viene convocato ed è titolare inamovibile sia al Campionato Mondiale 1978 ed al Campionato Europeo 1980. Ma la storia di un Paese, di un popolo e di una Nazionale interi Marco la scrive al Mondiale di Spagna '82, dove è protagonista con due gol, tanto belli quanto dannatamente significativi: gol all'Argentina di Diego Maradona e, dulcis in fundo, gemma rara contro la Germania Ovest, in finale, a Madrid, dove l'Italia trionfa per 3-1. Marco esulta, perde la testa, corre verso il centro del campo urlando continuamente "GOL!", battendosi i pungi sul petto e scuotendo la testa: "dopo che segnai, tutta la vita mi passò davanti — la stessa sensazione che, si dice, si ha quando stai per morire. La gioia di segnare in una finale di Coppa del Mondo fu immensa, qualcosa che sognavo da bambino, e la mia esultanza fu una sorta di liberazione per aver realizzato quel sogno. Sono nato con quel grido dentro di me, e quello fu l'esatto momento in cui venne fuori" dirà il nostro numero 8 in un'intervista, dopo quel gol che, ironia della sorte, sarà l'ultimo dei sei segnati con la maglia Azzurra.

Claudio Villa/Getty Images

Oggi, invece, Marco Tardelli è allenatore ed opinionista televisivo: attualmente libero, in passato ha coadiuvato il suo mentore Giovanni Trapattoni sulla panchina della Nazionale irlandese, nonchè guidato diverse panchine delle Giovanili della Nazionale italiana. Augurandoci che possa ripetere le stesse gesta compiute in campo anche alla guida di una squadra, Nazionale o club che sia, non possiamo far altro che innalzare Marco Tardelli come, probabilmente, il miglior numero 8 della storia passata del calcio italiano: rigido, robusto, dominatore assoluto di un reparto che, in Italia, ha da sempre conosciuto talenti puri e caratterialmente maturi: Marco è certamente stato uno di questi. Italiano dentro, uomo d'altri tempi. E pensare che la madre, timorosa per il suo fisico debole, nascondeva le sue scarpette da gioco: cosa ne sarebbe stato del giovane Marco? Grazie, per averci creduto.


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