Ma è proprio necessario fare turnover in Serie A?

Hellas Verona v FC Internazionale - Serie A
Hellas Verona v FC Internazionale - Serie A / Timothy Rogers/GettyImages
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Nei giorni scorsi ha preso vita una discussione molto contraddittoria: il turnover serve per le squadre di Serie A? Alla luce di quanto è accaduto nelle ultime giornate e soprattutto analizzando i verdetti del campo da gioco proviamo a fare chiarezza su questo aspetto cruciale e sulla sua necessità o meno per le big di casa nostra.

Partiamo dal principio, le discussioni su questo tema sono nate dal fatto che le principali interpreti della massima lega italiana, negli ultimi tempi, hanno collezionato pochi punti quando si è parlato apertamente di turnover nelle conferenze di preparazione dei match. Gli esempi più chiari di quanto stiamo dicendo arrivano precisi da Milano, i due club hanno avuto non poche delusioni nelle giornate passate: il Milan che pareggia con il Bologna in previsione del ritorno in Champions League giocato contro il Napoli (concluso con il passaggio del turno dei rossoneri) o ancora, l’Inter che perde con il Monza, in casa sua a San Siro, per poi pareggiare 3-3 con il Benfica e qualificarsi alla Semifinale che tra l’altro si giocherà proprio contro i cugini in un derby tutto lombardo. Neppure il Napoli è rimasto immune, prima della partita di ritorno dei quarti di finale europei non è riuscito ad andare oltre il pareggio in campionato.

Nel mondo del pallone il turnover è stato spesso un’arma da sfruttare e le rose lunghe hanno permesso agli allenatori di essere competitivi in ogni ambito, sia nazionale che oltre i confini. Ricordiamo tutti come la Juventus dei 9 scudetti abbia fatto dell’abbondanza di scelte un suo punto fermo, oggi però, in virtù di quanto accaduto con la pandemia da covid-19, il lusso di avere a disposizione più di 22 calciatori potenzialmente titolari è forse prerogativa di pochissime grandi realtà; nemmeno il Real Madrid, detentore dell’ultima Champions, prevede una rosa vastissima.

In Italia il turnover è vitale?

In pochissimi e semplici casi è ovvio che concedere delle partite di riposo ad alcuni dei professionisti più navigati è vitale: si pensi a Giroud che con i suoi 36 anni non può essere sempre titolare; il discorso è molto simile per la controparte nerazzurra, Dzeko all’anagrafe riporta addirittura 37 anni. Altra misura deve essere utilizzata per quanto riguarda i giovani talenti come Leao o Theo Hernandez, il primo è del 1999 (23 anni) e il secondo è del 1997 (25 anni): relegare in panchina questi ragazzi per concedergli del riposo non sembra molto utile, sono perfettamente in grado di giocare 3 partite a settimana, ma allo stesso tempo capiamo che potrebbe intervenire un fattore diverso: la stanchezza mentale.

Per affrontare così tante partite e un calendario fitto di impegni riuscire a fare delle rotazioni è essenziale, ma vanno dosate. Non si può pensare di far scendere sul rettangolo di gioco 10 giocatori su 11 totalmente diversi, vanno sfruttate anche le 5 sostituzioni consentite durante l’incontro, cambiare poco a poco per concedere minuti a tutti senza stravolgere la squadra titolare, questa probabilmente è la soluzione. Se si procedesse con gradualità non si incorrerebbe in situazioni di stanchezza fisica e mentale e, cosa ancor più importante, si eviterebbe di demonizzare uno strumento chiave come quello del turnover.