Lippi: "Pirlo come Zidane, il più grande, ma mi rivedo in Gattuso. Con Nedved nel 2003 avremmo vinto la Champions"

Marcello Lippi
Marcello Lippi / Fred Lee/Getty Images
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Marcello Lippi è intervenuto al Festival dello Sport di Trento parlando della Juventus, della sua carriera e anche di alcuni dei suoi 'allievi', passati dal campo di calcio alla panchina. Ecco le dichiarazioni di Lippi riportate da ilbianconero.com.

Gavetta?

"Si fa ancora, ma succede anche che chi in carriera da calciatore mostra grandissimo talento, intelligenza e conoscenza, non ne ha bisogno. Come Andrea Pirlo. Se io non l’avessi fatta, se non fossi anche passato da Napoli, non avrei mai potuto allenare la Juventus".

Pirlo?

"Talento, lo ha sempre avuto e lo avrà anche da allenatore: vuole dominare il campo e sa comunicare con i top player. Notizia molto importante, questa, per la Juve. Se la squadra non dovesse raggiungere i suoi obiettivi, non sarà certo per colpa sua, per colpa del fatto che manca di esperienza".

Gattuso?

"Quello in cui mi rivedo maggiormente. Lo identificano tutti con l'agonismo e la cattiveria, invece le sue squadre giocano molto bene. Vuole la ripartenza dal basso con qualità, somiglia abbastanza a me. Al Mondiale mi prese per il collo: dissi che sarei andato via e lui mi venne addosso".

Moggi?

"Prima di un Napoli-Roma mi disse che la Juventus mi voleva a Torino. Settimana successiva ci trovammo con Giraudo e Bettega per firmare il contratto".

Finale Champions?

"Ci arrivi con giocatori molto motivati, noi non vincevamo il campionato da dieci anni e quando iniziammo il lavoro pre-season c'erano tante cose da migliorare. Mi arrabbiavo quando andavamo indietro e non avanti, chiedevo pressione e gioco. Da quando ingranammo, non ce ne fu più per nessuno. Tanta roba quello che abbiamo conquistato. Difendeva anche Del Piero, correvano tutti, era bella quella Juventus. Quando sono tornato abbiamo rivinto e raggiunto ancora la finale di Champions. Massacrammo il calcio spagnolo con le vittorie su Deportivo La Coruna, Barcellona e Real Madrid. Con Nedved, quella finale contro il Milan nel 2003 non l’avremmo sicuramente persa".

Marcello Lippi
Marcello Lippi / Fred Lee/Getty Images

La notte del Mondiale ha cambiato la tua vita?

"Ci arrivi con giocatori molto motivati, noi non vincevamo il campionato da dieci anni e quando iniziammo il lavoro pre-season c'erano tante cose da migliorare. Mi arrabbiavo quando andavamo indietro e non avanti, chiedevo pressione e gioco. Da quando ingranammo, non ce ne fu più per nessuno. Tanta roba quello che abbiamo conquistato. Difendeva anche Del Piero, correvano tutti, era bella quella Juventus. Quando sono tornato abbiamo rivinto e raggiunto ancora la finale di Champions. Massacrammo il calcio spagnolo con le vittorie su Deportivo La Coruna, Barcellona e Real Madrid. Con Nedved, quella finale contro il Milan nel 2003 non l’avremmo sicuramente persa".

Cannavaro?

"Ha vinto anche il FIFA World Player che è anche più importante del primo Pallone d'Oro. Un fuoriclasse, uno che anche fuori dal campo risultava determinante per le vittorie".

Zambrotta?

"Si strappò l’adduttore alla Juventus prima di comprare Camoranesi, ma quando tornò, per non dover scegliere tra i due, lo feci adattare alla corsia di sinistra. Dopo un mese crossava meglio con il mancino che il piede naturale, diventando poi tra i tre esterni più forti al mondo".

Il più grande mai allenato?

"Zidane. Come Pirlo sa comunicare con i grandi. I top in panchina non vincono con il pressing o il raddoppio di marcatura, ma convincendo i grandi giocatori a seguirli. Così vincono i grandi allenatori".

Futuro?

"Non farò più l’allenatore. Se vengono a crearsi una serie di condizioni, qualcosa farò. Ma è presto per annunciarlo, prima dobbiamo sconfiggere il virus. Assurdo che il mondo non si unisca per trovare una cura permanente”.


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