Le squadre del ventennio (2000-2020): La Lazio di Cragnotti Campione d'Italia
A fine anni '90 e nei primi anni 2000 irrompe sulla scena del calcio italiano la Lazio. Erano gli anni delle 7 sorelle e della provincia ambiziosa. Il club, presieduto da Cragnotti, compie grandi investimenti. La stagione 1999-2000, quella del centenario, inizia con la conquista della Supercoppa Europea: la Lazio, che vi prese parte avendo vinto l'ultima edizione della Coppe delle Coppe, sconfisse il Manchester United (campione d'Europa) con una rete di Marcelo Salas.
Quella Lazio era formata da grandissimi campioni. In difesa c'erano Alessandro Nesta, uno dei migliori difensori della storia del calcio italiano e mondiale, Sinisa Mihajlovic, a centrocampo gente del calibro di Juan Sebastian Veron, Diego Pablo Simeone, Dejan Stankovic e Pavel Nedved, in attacco Roberto Mancini, Marcelo Salas, Alain Boksic e chi più ne ha più ne metta. La Lazio, a 8 giornate dal termine, è a -9 dalla Juventus ma compirà una rimonta simile a quella subita un anno prima. Vinse lo scontro diretto a Torino con il gol di Simeone e grazie al crollo della Juventus all'ultima giornata a Perugia (con l'arbitro Collina che fece aspettare più di un'ora per la ripresa della gara nonostante un violento nubifragio) vinse lo Scudetto, il secondo della storia.
La grande rimonta
L'annata 1999-2000 verrà ricordata per la Juve affondata (letteralmente) a Perugia e per la grande rimonta della Lazio. Quella Lazio riuscirà a smentire, un po' come accadrà diversi anni dopo con la Juventus di Antonio Conte, il luogo comune del grande bomber come condizione indispensabile per arrivare alla vittoria. I biancocelesti lasciarono andare Bobo Vieri per 90 miliardi e lo rimpiazzarono con il giovane Simone Inzaghi, autore di 15 gol in 30 partite con il Piacenza, al suo primo anno in Serie A (a gennaio arriverà l'esperto Fabrizio Ravanelli). La Lazio vincerà lo Scudetto con un solo giocatore in doppia cifra (Marcelo Salas con 12 reti), poi Veron (8 gol) e Sinisa Mihajlovic (con 6 reti). La Lazio però poteva contare su un grande centrocampo, che fu la chiave o una delle chiavi, del successo della formazione allenata da Sven Goran Eriksson. La Lazio ebbe un ottimo inizio di stagione, era sempre nelle prime posizioni, poi ci fu lo scatto della Juve ma a 8 giornate dal termine avvenne qualcosa di clamoroso. I biancocelesti vinsero lo scontro Scudetto a Torino con il gol di Simeone e qualcosa cambiò nei pensieri dei giocatori laziali e bianconeri. Il resto è storia. Con la vittoria del secondo storico scudetto della Lazio.
Il credo tattico di Eriksson
Una Lazio senza una vera grande prima punta, dicevamo, ma con un grandissimo centrocampo. biancocelesti avevano impreziosito la mediana che poteva contare su elementi come Pavel Nedved e il portoghese Sergio Conceição sugli esterni, e sulla garra argentina di Almeyda e sulla classe di Dejan Stankovic, con la garra degli altri argentini Diego Pablo Simeone, inserito nella trattativa per Vieri e anche il difensore Nestor Sensini e la Brujita Veron, l’acquisto più costoso della storia del club (53 miliardi delle vecchie lire), superato l’estate seguente da Crespo. Eriksson decide di puntare su un 4-5-1 che poteva essere declinato in un 4-2-3-1, 4-3-3 o 4-4-2 a seconda degli interpreti e dei momenti della partita, dove Nedved, nominalmente mezzala sinistra, o Mancini, l'attuale c.t. della Nazionale, che parte dalla fascia sinistra, accompagnano la punta centrale.
L'elemento nostalgico
Le 7 sorelle. Era un grande momento per la Serie A, con grandi calciatori ovunque. La Lazio, la Fiorentina, il Parma, la Roma potevano ambire allo Scudetto e potevano sognare grandi piazzamenti e grandi colpi di mercato. La Lazio aveva un centrocampo di fenomeni e l'anno dopo acquisterà anche Hernan Crespo e l'argentino del Valencia El Piojo Lopez, uno dei migliori in quegli anni. Sono passati 20 anni e il calcio è cambiato, l'inerzia si è spostata in Inghilterra ma la Serie A sta provando a cancellare il gap.
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