Guardiola: "Messi il più forte. Farò il mio gioco anche in Italia. Capello? Diceva solo palla avanti"

Pep Guardiola
Pep Guardiola / Sebastian Frej/MB Media/Getty Images
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La Bobo Tv, nella serata di ieri, ha ospitato Pep Guardiola. Ospite d'onore per la trasmissione streaming di Bobo Vieri, Lele Adani, Antonio Cassano e Nicola Ventola. Grande chiacchierata con Pep Guardiola, l'allenatore del Manchester City atteso da una finale di Champions League. Ecco le sue dichiarazioni principali.

Messi e il Barcellona?

"Messi è fortissimo, è il più forte al di là della qualità, è la sua mentalità che impressiona. In quattro anni con lui, non ha mai perso neanche una partitella. Può giocare dappertutto. Sono quattro-cinque nella storia del calcio come lui. Il ruolo di Messi? Io ricordo i primi anni al Barcellona con Laudrup che faceva il centravanti, lasciando i due centrali senza marcatura per tenere un uomo in più in mezzo. Se loro decidono di venire a prendere l’attaccante a 40 metri, allora puoi attaccarli alle spalle. Io l’ho imparato da Crujiff. Quando ho visto Messi ho pensato che era perfetto perché primo toccava più palloni. Sull’esterno stava a volte 20 minuti senza toccare palla, e non mi stava bene perché il più forte deve toccare tanti palloni. E con il Real Madrid ho deciso di metterlo lì. Oltre a Messi c’erano tanti calciatori con grande mentalità.Erano animali competitivi: giocavano le finali come un’amichevole, avevano consapevolezza che ce l’avrebbero fatta. Erano tutti molto forti, la mentalità di Puyol, Abidal, Dani Alves… Mamma mia come andava! Poi erano amici e tutti conoscevano i ruoli. Tutti sapevano che Messi era il più forte e lo accettavano. Chi non giocava sapeva che non poteva farlo perché gli altri erano più forti”.

City e Bayern?

"I primi momenti ho avuto tantissime difficoltà. Al Barcellona non facevamo mai cross, chi segnava Messi di testa? Sono arrivato in Germania con Ribery, Robben Lewandowski e Muller e dovevo crossare. Per forza. Quando verrò in Italia farò lo stesso".

Mazzone?

"Arrivo dal Barcellona a Brescia in un albergo brutto, io mi sentivo una stella. Lui mi dice: “Pep io non ti volevo qua, perché io ho acquistato Giunti e devo vedere come giocare. Io ti voglio bene però e vedremo come farti giocare”. Poi c’è stata la vicenda doping ed è stato come un padre per me. Quell’anno è stato un peccato perché con Baggio potevamo andare avanti. Baggio era intelligentissimo. Lui era sempre al posto giusto. E per le punizioni…"

Pep Guardiola
Pep Guardiola / Gareth Fuller - Pool/Getty Images

Busquets?

"Busquets è molto forte, capisce tutto. Non ha un grande fisico ma a livello mentale è fortissimo. Per sopravvivere 10-15 anni al Barcellona devi essere davvero forte. I centrocampisti centrali devono essere così, se parlano troppo non sono buoni per questo. Lui è perfetto, perché deve pensare anche per gli altri. Rodri può diventare come lui, dobbiamo aiutarlo".

Bielsa e Menotti?

"Sono stati entrambi gentili. Sono stato 11 ore con Marcelo Bielsa; mi ha raccontato tutti i segreti del calcio. Il suo modo di giocare è unico. Marcelo è un regalo per il calcio, produce soltanto cose buone, anche quando perde accetta la sconfitta".

Mascherano difensore?

"Cruijff diceva che i giocatori più forti devono stare dietro, perché senno la palla arriva male in avanti. E’ la condizione più comoda per fare un bel gioco. Mascherano aveva una capacità tattica, di velocità per andare dietro a prendere palla, che era unica. Lui era umile: il centrocampista centrale più forte che si mette a servizio e diventa fortissimo. Diventerà un grandissimo allenatore perché si mette a servizio della squadra. Sa quando andare a prendere l’avversario a 15 metri e poteva smazzare la palla. Come con Dani Alves e Lahm: quando li vedi in allenamento, capisci che possono giocare anche a centrocampo. Sono come Iniesta che vedono tutto. Vedi anche Alaba, è finito centrale. Non tutti possono giocare dentro al campo. Cancelo, ad esempio, ci ha aiutato molto quest’anno".

Xavi e Iniesta?

"Erano incredibili, anche io mi chiedo perché non sbagliavano mai uno stop. Il buono di questi giocatori è che venivano pressati ma non si sentivano mai pressati. Sapevano perfettamente cosa fare. A volte non si deve giocare uno-due tocchi ma anche quattro-cinque. La giocata ti dice quanti tocchi devi fare. Il Barcellona ha vinto tanto per questo: erano speciali come il Milan di Sacchi, ad esempio".


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