Le categorie di Allegri: un paradosso che rischia di ritorcerglisi contro

Massimiliano Allegri
Massimiliano Allegri / Jonathan Moscrop/GettyImages
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La Juventus si prepara ad affrontare la Roma nella terza giornata di Serie A. Nonostante il pareggio con la Sampdoria sia ormai alle spalle, le critiche rivolte a Massimiliano Allegri non sembrano cessare. Uno sviluppo della manovra lento e prevedibile e una scarsa capacità di cambiare il copione tattico durante il corso della gara hanno fatto sì che Vlahovic e compagni non si rendessero quasi mai pericolosi dalle parti di Audero. Proprio Vlahovic, sì. Fa specie la partita dell'attaccante serbo che ha toccato appena tre palloni in tutto il primo tempo, salvo poi nella seconda frazione provare a dare una scossa ai suoi, nonostante fosse quasi sempre troppo isolato in avanti.

Nonostante al tecnico livornese spesso vengano rivolte critiche dal punto di vista del gioco e dell'atteggiamento che la sua squadra mette in campo, non possiamo non dire che siamo ancora alla seconda giornata e, come tutti, anche lui necessita di tempo per amalgamare una rosa forse non tanto brillante quanto possa sembrare. Ma della trasferta di Marassi a far ancora più scalpore sono le dichiarazioni che Allegri ha rilasciato nel post gara, quando a seguito di una domanda ha tirato di nuovo in ballo il tema a lui tanto caro delle categorie.

Nel macro contesto calcistico il principale compito di un allenatore, ancor prima degli schemi, del gioco e della tattica, è quello di valorizzare il capitale della squadra, cioè i calciatori che si hanno a disposizione. Le dichiarazioni di Allegri al termine della partita sembrano andare in una direzione diametralmente opposta, il quale nei momenti di difficoltà e di emergenza piuttosto che trovare soluzioni valorizzando i calciatori a disposizione, si appella alla società per avere grandi calciatori dal mercato e al tema delle categorie. Anzi, ca-te-go-ri-e.

Inoltre, quello che traspare dalla gestione tecnica del tecnico bianconero è che i singoli vengano prima del gioco di squadra. Altro paradosso. Perché nessuna squadra può vivere solo di individualità senza che queste siano legate e inserite in una sinfonia collettiva che le esalti. Se così fosse, però, il quesito che verrebbe posto sarebbe quello del motivo che ha spinto la Juve a privarsi dei suoi giocatori di maggior classe, ovvero Ronaldo e Dybala. Per quanto riguarda il primo, è stato proprio il portoghese ad avanzare la richiesta al suo agente di cercargli un'altra sistemazione, ma per quanto riguarda l'argentino è stata una scelta della dirigenza - in particolare di Arrivabene - quella di non presentargli una proposta di rinnovo contrattuale, aggiungendo che, dall'arrivo di Vhalovic, non facesse più parte del progetto tecnico.

Saranno state le elevate richieste di ingaggio a fronte di una tenuta fisica ormai non più delle migliori? Allora perché sostituirlo con un calciatore di 34 anni, anche lui non particolarmente brillante nella tenuta fisica e muscolare.

Al momento del suo ritorno in bianconero, quello che in molti si sono chiesti è se Allegri fosse l'uomo giusto per riportare la Juve a lottare per i vertici del campionato. Dopo averlo sostituito al termine del 2019, per ricercare un'altra filosofia di calcio con Sarri e Pirlo, Agnelli decise di puntare nuovamente sul pragmatismo del tecnico livornese. Dal 2019 al 2021, però, la squadra cambiò notevolmente, soprattutto in campo: giovani di grande potenziale presero il posto di giocatori decisamente più esperti e pronti nell'immediato.

Nel corso dell'ultimo campionato, nonostante un girone di andata abbastanza negativo, alla fine il tecnico riuscì nell'obiettivo (minimo) della qualificazione in Champions. Nonostante ciò i dubbi iniziali vennero confermati: Allegri è sempre stato molto bravo a gestire rose formate da grandi campioni, mentre nelle squadre da ricostruire mostra i suoi limiti (come si può parlare di categorie a giocatori come Fagioli, Rovella e Miretti?). Al contrario di un allenatore come Conte, molto più bravo a gettare le basi di una squadra che nel tempo, se gestita bene, diventerà vincente. Esattamente come la Juve dal 2011 al 2019.

Se, come detto dallo stesso Allegri nel 2019, "il calcio è un gioco stupido per persone intelligenti" è bene che anche lui stesso dimostri la sua intelligenza calcistica, perché le categorie a lui tanto care valgono sia per i giocatori sia per gli allenatori. E nell'estate del Pioli is on fire la differenza l'ha fatta proprio la capacità di sfruttare al meglio tutto il potenziale dei giocatori a disposizione, non rimarcando la differenza di categorie tra i vari giocatori. Anzi, ca-te-go-ri-e.