Le big di Serie A non possono lanciare i giovani? Proviamoci noi
Partiamo col porci una domanda: Nicolò Barella è un giocatore giovane?
Risposta: no.
Certo, non possiamo dire che sia già vecchio, ma a 25 anni sei un uomo a tutti gli effetti. Eppure, leggendo i giornali o seguendo la televisione, si parla di lui - come di tanti altri della sua età - come la nuova speranza alla quale si deve aggrappare il movimento calcistico italiano. Perché - si sa - per uscire dai momenti difficili bisogna ripartire dai giovani.
Solo che un ragazzo del 1997 non è più giovane.
Il calcio altro non è che lo specchio della società in cui si tengono le partite e i campionati. Pertanto, se in Italia siamo abituati a considerare giovane un 25enne, allora faremo lo stesso anche con la Serie A. Negli ultimi mesi, più precisamente dalla mancata qualificazione della Nazionale ai Mondiali, ci lamentiamo della mancanza di talento nei vivai dei club e della mancanza di prospettive che ne deriverebbe.
"Beata la Spagna che ha Gavi e Pedri! Quanto invidio la Germania di Wirtz e Musiala! Ma hai visto l'Inghilterra che fa giocare Foden, Mount e Bellingham, perché noi non facciamo altrettanto!?". Quante volte sentiamo discorsi simili? Il problema è che in Italia i giovani di prospettiva ce li abbiamo - d'altronde viviamo in un paese dove il 90% della popolazione ama/segue il calcio - ma nessuno ha il coraggio di dar loro spazio...ma questo succede in ogni ambito lavorativo quando parliamo del Bel Paese.
Le Academy delle squadre di Serie A sono tra le più valide d'Europa; eppure sono sempre meno i giocatori che riescono a consacrarsi tra i grandi. Spesso vengono usati come contropartite per arrivare a profili già pronti, a volte vengono spediti in prestito e si perdono nei contorti meandri delle serie minori, talvolta spariscono direttamente nel dimenticatoio senza neanche avere una chance.
Ma perché i giovani - italiani o stranieri che siano - non vengono impiegati nel campionato italiano. Certo, il discorso è culturale come dicevamo prima, ma non solo. Purtroppo - e qui si denota la nostra mancanza di lungimiranza - pensiamo sempre all'obiettivo a breve termine, mai al beneficio che ci può portare un errore commesso oggi. Un 19enne non può naturalmente offrire la stessa continuità di rendimento di un adulto, capita che ogni tanto sbagli o che abbia una giornata no. È normale. Tuttavia, quando non si vince, viene subito travolto dalle critiche di giornalisti e tifosi, e l'allenatore, appellandosi a frasi del tipo "devo agire nel bene della squadra", lo fa riaccomodare in panchina.
Roma esempio virtuoso: merito di Mourinho?
Nell'ultima edizione di Serie A solo un club si è distinto per l'impiego di giocatori under 21 ed è la Roma targata José Mourinho. Allo Special One va infatti riconosciuto il merito di aver fatto esordire Bove (20 anni), Tripi (20), Afena-Gyan (19) e Volpato (18). Certo, il loro minutaggio è stato modesto, ma al momento del bisogno i ragazzi si sono sempre fatti trovare pronti.
Discorso a parte merita Nicola Zalewski, 20enne polacco cresciuto a Tivoli che ha saputo approfittare dell'infortunio di Spinazzola e delle prestazioni horror di Vina per prendersi il posto da titolare sulla corsia sinistra. Non è la sua posizione naturale visto che nasce trequartista, ma parliamo di un 2002, secondo voi gliene importa del ruolo che ricopre in campo!? Zalewski è stato decisivo per la vittoria dei giallorossi in Conference League e il suo rendimento gli è valso la prima convocazione per la Polonia (purtroppo ha declinato le avances dell'Italia), dove ha avuto modo di giocare al fianco di un certo Robert Lewandowski. A inizio stagione nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di lui, ma ora il "polacco di Tivoli" è un profilo di livello internazionale, nonché patrimonio prezioso per la Roma.
Mourinho non ha mai avuto la nomea di "promotore di giovani talenti". Anzi, proprio lui ha sempre preferito gente pronta. Quindi sorprende che abbia lanciato nella mischia tutti questi ragazzini. Perché l'ha fatto? Chissà, magari la vecchiaia lo sta addolcendo, oppure le esperienze all'estero gli hanno insegnato che è cosa buona e giusta affidarsi a 20enni che vogliono spaccare il mondo affiancandoli a calciatori esperti.
Le big provano a giustificarsi
La Roma ha trovato il modo di far esordire diversi volti nuovi ed è riuscita comunque a vincere la Conference League. E le altre big invece?
Il Milan è probabilmente il club che ha trovato il giusto mix tra esperienza e linea verde. Di under 21 solo Daniel Maldini è sceso in campo, ma i rossoneri hanno una rosa piena di giocatori con 22/23 anni che costituiscono le fondamenta della squadra. Senza Tonali e Leao, lo scudetto sarebbe stato un miraggio, se Kalulu non si fosse adattato a fare il centrale, i gol subiti sarebbero stati ancora di più. Nonostante un'età media molto bassa (26,9 anni secondo Transfermarkt), il Milan ha chiuso il campionato al primo posto, facendo meglio di chi ha puntato sull'usato sicuro.
L'Inter, ad esempio, sta chiaramente scegliendo una strategia improntata verso giocatori navigati. Altrimenti non si spiegherebbe la cessione (quasi sicura) di Pinamonti che, nonostante l'ottimo campionato a Empoli, verrà sacrificato sull'altare del mercato per riuscire a ingaggiare un Dybala che ha ormai raggiunto (e superato) l'apice della carriera e un Lukaku che viene da un'annata disastrosa al Chelsea. Certo, il tridente con Lautaro Martinez farà sognare i tifosi, però anche un Cesare Casadei meriterebbe un'occasione. E invece il 19enne sarà costretto a trasferirsi in Serie B per "farsi le ossa". Quanto odio questa frase, come se un centrocampista da 17 gol in stagione non fosse già pronto...
Sono invece giorni di riflessione in casa Juventus, dove gli addetti ai lavori devono decidere che ne sarà del futuro dei tanti prospetti interessanti di cui dispongono. Quest'anno i tifosi della Vecchia Signora hanno potuto apprezzare gli spunti di Aké, però la società ha scelto l'appeal internazionale di Di Maria, tanto che è disposta ad aspettare un mese prima di avere una sua risposta. A Fagioli non basterà essere stato uno dei migliori della Serie B: se tutto va bene verrà prestato a qualche squadra di medio bassa classifica dove giocherà con il contagocce perché - e come biasimarli - perché dovrebbero far migliorare un giovane di un'altra squadra!?
Secondo Massimiliano Allegri, considerato da molti uno dei migliori tecnici del panorama italiano, per giocare nella Juve bisogna avere una grande esperienza. Questo è vero, visto che un errore con quella maglia (così come con quelle di Milan e Inter) pesa decisamente di più. Solo che un conto è schierare i giovani dal primo minuto ad ogni partita, un altro è inserirli in maniera graduale, magari dando loro più tempo nelle partite più alla portata. Sembra un'utopia visto che parliamo pur sempre dell'allenatore pragmatico per antonomasia.
I giovani che potrebbero (e dovrebbero) trovare più spazio
Le prime settimane in Nazionale di Wilfried Gnonto racchiudono perfettamente il modo in cui trattiamo i giovani calciatori in Italia: la sua convocazione ha prima suscitato l'ira dei boomer nostalgici che rimpiangono Baggio e Del Piero, poi l'assist per Pellegrini e il gol nella debacle contro la Germania l'hanno elevato a nuovo enfant prodige del calcio nostrano. Ora tutti in Serie A lo vogliono. C'è ancora chi parli di giocatore sopravvalutato dal perverso meccanismo dei media, ma sta di fatto che parliamo di un profilo interessante che meriterebbe molto più spazio.
Gnonto ha deciso di dire addio all'Inter per giocare con più costanza, ma lo Stivale è pieno di ragazzi come lui che aspettano solo un'occasione. Quando recupererà dall'infortunio, Marco Carnesecchi avrà modo di cimentarsi con una Serie A che ha già dimostrato di meritare.
Il Torino sta ancora cercando di convincere Belotti a rinnovare, ma dovrebbe invece scommettere su Pietro Pellegri che, nonostante i diversi infortuni, è ancora un attaccante che può migliorare molto, soprattutto con un allenatore come Juric che in carriera ne ha lanciati tanti di ragazzi. Sicuramente diventerà titolare Samuele Ricci, un regista la sua partenza è stata di fatto una sliding door nella stagione dell'Empoli.
Ma poi quanto sarebbe bello se il Napoli, dopo un'estate che vedrà probabilmente una rivoluzione, decidesse di affidare la fascia da capitano a Gianluca Gaetano! Archiviare un ciclo per iniziarne uno nuovo ripartendo da un giovane - forte - del vivaio sarebbe un segnale forte e di fiducia verso il futuro.
Per non parlare dei vari Okoli, Parisi, Esposito, Cambiaghi che ci piacerebbe vedere come riserve attive nelle big o come protagonisti in realità medio-piccole. È da qui che il calcio italiano deve ripartire, dai giovani. Da quelli veri però, non quelli che lo sono soltanto per un'usanza sociale.
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