La storia della 'maglia bandiera' della Lazio

Dalla presidenza Casoni fino a quella di Lotito: storia della "maglia bandiera" del club biancoceleste.
Miroslav Klose, Stefan De Vrij
Miroslav Klose, Stefan De Vrij / Paolo Bruno/GettyImages
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Siamo al centro sportivo di Formello quando la Lazio decide di concedersi un "ritorno al passato". La collaborazione con lo sponsor tecnico Macron è proficua, tanto che il brand sceglie di spingersi oltre e di far emozionare il popolo biancoceleste. In che modo? Giocando con il lato più romantico e nostalgico. Il club capitolino, per la stagione 2014-2015, presenta la famosissima "maglia bandiera". Il main sponsor, in questo caso, non è Seleco: nessun marchio sulla maglia home e su quella away. I tifosi, specialmente i fedelissimi della Curva Nord dello Stadio Olimpico, si fiondano al primo Lazio Store presente in città e in provincia. Il kit va a ruba, ma per comprendere meglio l'importanza e la scelta della Lazio e della Macron di mostrare una "divisa vintage" bisogna tornare alla stagione 1982-1983.

La stagione della promozione e della maglia "entrata nella leggenda"

Si tratta di una stagione, quella del 1982-1983, cruciale per la storia della Lazio: i biancocelesti ottengono la promozione in Serie A dopo essersi piazzati sul secondo gradino del podio nel campionato cadetto. Quella squadra era piena di giocatori che poi sono diventati icone, come ad esempio Bruno Giordano che proprio in quella cavalcata - terminata con un secondo posto - riuscì a ottenere il titolo di capocannoniere della Serie B. Come presidente c'era Gian Chiarion Casoni, che - all'inizio - dovette risolvere il problema della credibilità del marchio e della squadra in seguito allo "Scandalo Totonero", uno dei primi casi di calcioscommesse in Italia. Lo sponsor tecnico? NR, brand nato da Nicola Raccuglia (lo stesso che mise le sue iniziale sul cult kit del Napoli del primo scudetto di Maradona). Casoni riuscì a riportare entusiasmo e a far risalire la squadra. Peccato che, a distanza di quattro anni, la situazione sarebbe nuovamente peggiorata.

La parentesi con Calleri e il nuovo sponsor commerciale

Nel 1986 la Lazio partì in Serie B con nove punti di penalizzazione, dato il Totonero-bis che vide come protagonista Claudio Vinazzani (centrocampista della Lazio). La Lazio del patron Calleri si salva agli spareggi per evitare la retrocessione in C grazie a Giuliano Fiorini, che contro il Vicenza segnò la rete utile per non retrocedere e giocare i play-out. La "maglia bandiera" viene sempre disegnata, sui kit home e away, ma con una piccola variazione: lo sponsor non è Seleco, ma Cassa di Risparmio di Roma. Dal punto di vista dello sponsor tecnico anche NR non c'è più: il marchio TuttoSport, altra italiana, riuscì a prendere il posto di Nicola Raccuglia senza però abbandonare la scelta stilistica e i colori principali del club (il bianco e il celeste).

Seleco riapparve poi l'anno dopo, anche se la maglietta non presentò lo stesso, storico, formato. Giorgio Chinaglia era il presidente e decise - seppur in minima parte - di riprendere alcune peculiarità della maglia della stagione 1982-83: main sponsor Seleco, quello tecnico NR ma non più con l'aquila in bella mostra. Nella stagione 2014-2015, come detto, la Lazio tornò alla maglia bandiera: sul campo il club ottenne la finale di Coppa Italia (persa all'Olimpico contro la Juve di Allegri). I biancocelesti, andando a rispolverare seppur episodicamente quella maglia, furono capaci di intercettare la spinta nostalgica di una parte del tifo e di ottimizzare (anche a livello di introiti) il legame che si era venuto a creare con una divisa di culto, a tutti gli effetti, tra le più riconoscibili del panorama italiano.

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