La seconda vita di Andy Carroll

Un gol da centrocampo con l'Amiens e l'inizio di una nuova esperienza per Andy Carroll, intervistato dal Mail.
Newcastle United v Leicester City - Premier League
Newcastle United v Leicester City - Premier League / Michael Regan/GettyImages
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Andy Carroll gioca ancora. Normale, ha 34 anni e l'età media dei calciatori, soprattutto di quelli che spariscono dai radar dei principali campionati europei, è ormai salita di diverse centinaia di giorni. Gioca in Francia, vi si è trasferito in estate, dopo un biennio in Championship tra Reading e West Bromich Albion.

L'attaccante più britannico che io ricordi ha scelto di lasciare il suo paese nella fase conclusiva della carriera, per regalarsi un'esperienza lontano da casa, ma non troppo. L'ha intervistato Nik Simon in esclusiva sul Mail in una lunga conversazione durata almeno una mezza giornata.

Andy Carroll ha raccontato tutto. La scalata al Newcastle e l'improvviso trasferimento al Liverpool, le sue abitudini prima delle partite in casa dei magpies e la necessità di seguire i ragazzi di 17 anni che ricevono somme di denaro inadeguate alla loro età e sperperano soldi. E ancora la nuova vita in Francia, dove viene considerato una persona comune, che può svolgere tutte le attività quotidiane serenamente, senza essere disturbato per le strade.

"Volevo una sfida. Una sfida in un paese completamente diverso. Un nuovo inizio. Ho parlato con il mio agente e gli ho detto: 'Provami un club all’estero'. Sono venuto qui ed era quello giusto. È a un'ora e mezza di macchina da Calais e posso prendere la navetta per tornare a Epping (la casa di famiglia)".

Andy Carroll al Mail.

Il calcio dal giorno uno e il colpo di testa come ossessione fin da bambino. Padre impiegato in un'acciaieria e madre cuoca, è questa l'infanzia di Andy Carroll, in giro per stadi in tutto il Regno Unito, rigorosamente seguendo le mappe cartacee e perdendosi per le strade di mezza Inghilterra (il navigatore satellitare ancora non esisteva). Al Newcastle è entrato all'età 7 anni e nell'intervista ha indicato il 2010 come l'anno migliore della sua vita calcistica.

Quella stagione da 17 gol (e 12 assist) che si concluse con la promozione in Premier League dei magpies. Il cambio dalla numero 24 alla storica numero 9 del Newcastle, l'acquisto della casa dei suoi sogni e la vita che cambia in fretta; che lo spiazza quando viene preso dal Liverpool nell'inverno del 2011 per 41 milioni di euro.

Il cambiamento è questione di status del club, ma anche dell'evoluzione dei tempi. “Quando sono andato al Liverpool, tutto è cambiato a livello professionale. Andavamo in albergo prima della partita, in casa e in trasferta, e mangiavamo la pasta e la frutta buona. Adesso tutti ti dicono cosa mangiare e quando mangiare". Le abitudini del pub prima della partita a St. James Park svaniscono. È impossibile oggi immaginare un calciatore di Premier League, in procinto di giocare alle 15:00 e con appuntamento con gli altri alle 13:30, divorare carne, yorkshire puddings e tanta salsa prima della partita.

Il pub di riferimento si chiamava The White Swan e Carroll, 193 centimetri, ricorda di come una volta fu sgridato dal compagno di squadra Kevin Nolan. "Una volta Kevin Nolan mi ha chiamato e mi ha detto 'Vieni a prendermi perché la mia macchina non funziona... dove sei?' Ho detto che stavo solo mangiando un arrosto domenicale e lui è impazzito, mi ha urlato al telefono: 'Stai scherzando?' e gli ho detto lo facevo da sempre".

Al Liverpool arriva da infortunato e racconta della delusione di non essere riuscito a integrarsi e a brillare. Si accasa al West Ham, dove trascorre anni felici, e poi torna anche al Newcastle prima di proseguire tra Reading, West Brom e ora la Francia.

Sette presenze da titolare con l'Amiens e 2 gol, alla sua maniera. Il primo rigorosamente di testa, specialità della casa; il secondo da centrocampo di prima intenzione, per aprire la nostra memoria e pescare ricordi di il mancino terrificante e violento dei momenti migliori della sua carriera.

L'infortunio al crociato causato da Chris Smalling, i sei interventi chirurgici alla caviglia, le difficioltà fisiche continue ad alimentare dicerie di cattivo gusto. Come quella riguardante l'assunzione di droghe, smentita dall'attaccante inglese. Poi la depressione e la volontà di farla finita con il calcio. Il momento in cui non riusciva a usicre di casa senza cappello, nonostante fosse un capo d'abbigliamento che non apprezzava.

"Ovunque andassi portavo un cappello. Non andrei da nessuna parte senza cappello. Ho così tanti cappelli in casa mia e non mi piace nemmeno indossarli! Probabilmente ne ho uno per ogni giorno dell'anno. Devo averne sette o otto nella mia macchina, proprio lì".

Carroll al Mail

Come molti calciatori non rinnega niente delle sue scelte. Sottolinea tra le difficoltà maggiori quella del dare fiducia alle persone che incontra e ricorda una conversazione con Joe Cole, stella del calcio inglese nata qualche anno prima di lui e suo compagno di squadra al West Ham. L'ex fantasista gli raccontava di quanto quella di andare a giocare in America fosse stata la scelta migliore mai fatta, di come lì lo conoscessero soltanto come English Joe e del suo sentirsi rilassato e libero.

Per raggiungere questa dimensione Andy Carroll non ha dovuto trasferirsi a oltre 10 ore di volo dal Regno Unito, gliene sono bastate un paio.

"Sono contento. Negli ultimi anni sento semplicemente di sapere chi sono e mi sento a mio agio. Nessuno può riportarmi dov'ero prima. Potresti lanciarmi qualsiasi cosa adesso e mi sentirei al sicuro con me stesso. Sono a mio agio. Qui posso entrare in panetteria e prendere un dolce al cioccolato e nessuno mi dice: “Com'è andata la partita? Posso avere una foto?" Qui mi sento normale. Volevo solo uscirne. Essere libero. Essere me stesso".