La Roma del Flaminio: storia di un anno magico
Esistono stagioni, e squadre, magiche, nonostante non sia arrivato nessun trofeo? Sì, se parliamo di una squadra già "magica" per antonomasia come la Roma. L'anno, o meglio l'annata, in questione è quella 1989/90, che la squadra giallorossa guidata da Gigi Radice non giocò nel suo stadio Olimpico, bensì al Flaminio, l'impianto nel centro della Capitale progettato da Pier Luigi Nervi e inaugurato nel marzo del 1959. Motivo? Si attendeva (con grande eccitazione) il Mondiale di Italia '90 e l'Olimpico, stadio designato per la finalissima, si apprestava a subire grossi lavori di ristrutturazione (su tutti la copertura bianca presente ancora oggi).
Ecco perchè sia la Roma che la Lazio traslocarono al Flaminio, uno stadio nato per il calcio, senza pista d'atletica (al contrario dell'Olimpico) sorto sulle "ceneri" del vecchio Stadio Nazionale. Unico neo la capienza, troppo ridotta - inizialmente 40 mila poi ridotti fino a 25 mila - per le esigenze delle due tifoserie della Capitale. Nonostante questo il Flaminio diventò un vero e proprio catino dove i tifosi si sono rivelati davvero il dodicesimo uomo in campo della Roma. Fu un'annata, quella, piena di episodi che avrebbero fatto la storia del club, ripensandoci a posteriori. In primis l'esordio di Giuseppe Giannini, un promettente ragazzo promosso dalla Primavera giallorossa che poi diventerà simbolo e capitano.
Resta nella memoria, in particolare, il suo gol di testa al derby con la Lazio, il primo nella sua carriera "stracittadina" proprio sotto la curva biancoceleste. La Roma non poteva permettersi di perdere quella partita e anzi, dopo un inizio campionato balbettante, acquisì una grande carica psicologica per il resto della stagione proprio grazie a quell'1-1. Il Flaminio si dimostrerà praticamente inespugnabile, anche per la "solita" Juve battuta dal gol di Ciccio Desideri. Sarà la stagione del derby di ritorno vinto col cross di Giannini e la testata di Voeller.
Quella stupenda annata fu anche la prima in giallorosso di Francesco Totti, appena entrato nelle giovanili della Roma. E chissà se qualcuno avrebbe mai pensato che quel ragazzino biondo sarebbe diventato record-man di tutto quello che si poteva (dalle presenze ai gol) e simbolo della squadra.
Come se non bastasse "l'anno del Flaminio" registrò anche l'ultimo gol romanista di un'altra bandiera, Bruno Conti, con una meravigliosa punizione al Verona proprio sotto alla "Sud" romanista. Fu anche l'ultimo anno di Dino Viola, indimenticato e indimenticabile presidente del secondo scudetto che scomparirà il 19 gennaio 1991, quando la sua Roma sarà già tornata all'Olimpico, con i tifosi che avrebbero preferito rimanere in quell'indimenticabile Flaminio. Per vedere ancora "laRomadiRadice", che i più attempati pronunciano tutto attaccato.
Quella Roma chiuderà il campionato al sesto posto, con una qualificazione in Coppa Uefa che in quel periodo valeva tantissimo, visto che la Coppa dei Campioni era un privilegio riservato solo alla squadra prima in classifica. Una stagione in cui i tifosi hanno rivisto la loro Roma "testaccina", quella che non si piega e non si arrende davanti a nessuna difficoltà.
Segui 90min su Facebook, Instagram e Telegram per restare aggiornato sulle ultime news dal mondo della Roma e della Serie A.