La (pessima) condizione in cui versano i bilanci del calcio europeo
Dalla fine del 2019, il Covid-19 si è rapidamente diffuso in tutti i paesi del mondo e le restrizioni che ne sono derivate hanno avuto un forte impatto su qualsiasi settore. Secondo gli esperti, è ancora troppo presto per stimare in maniera completa l'entità delle perdite dovute alla pandemia, ma il Fondo Monetario Internazionale prevede una contrazione dell'economia del 3%, molto peggio della crisi finanziaria del 2008/09.
Oltre al turismo e alla ristorazione, lo sport professionistico è una delle industrie che dall'anno scorso è entrata maggiormente in difficoltà. Nel suo report annuale, Football Benchbark registra un calo del 15% (circa 6.1 miliardi) rispetto al 2019. Si tratta di un dato in netto contrasto rispetto al trend di crescita che il settore calcistico metteva abitualmente a segno fino a poco tempo fa. Pertanto, si evince quanto il Coronavirus abbia sortito degli effetti nefasti.
L'obbligo di disputare le partite dell'ultimo anno e mezzo a porte chiuse ha inoltre privato le varie società degli introiti legati ai biglietti, alla ristorazione e al merchandising. A soffrirne maggiormente sono stati i club della Premier League, l'unico campionato che scommette ancora tanto sull'affluenza dei tifosi sugli spalti. Nonostante le 3 squadre portate alle finali europee (Chelsea e Manchester City in Champions e Manchester United in Europa League), si stima una perdita di circa il 18% dell'Enterprise Value (Valore d'Impresa) delle principali compagini britanniche. Questo peggioramento è senz'altro dovuto alla riduzione di una parte dei diritti televisivi da parte delle emittenti.
Gli stadi chiusi e i bassi introiti radiotelevisivi non sono però le uniche motivazioni che hanno portato il calcio europeo nel momento economicamente più complicato della sua storia. Ha senz'altro contribuito la gestione inoculata da parte di diverse società che hanno speso miliardi senza poi ottenere risultati sportivi che potessero ripagare gli investimenti compiuti.
In altre parole, i club guadagnavano meno di quello che sperperavano. Ne è una dimostrazione il Barcellona che in estate non ha solo dovuto rinunciare a Leo Messi, ma ha subito anche l'umiliazione di dover chiedere un abbassamento di stipendio ai propri giocatori per poter ufficializzare i nuovi acquisti. Dopo qualche mese dal suo insediamento alla presidenza del Barça, Joan Laporta ha ammesso di non aspettarsi una situazione finanziaria così pesante. Infatti, il bilancio dei catalani è di gran lunga il più negativo d'Europa con 481 milioni di euro di rosso.
Se la passano invece meglio i nemici giurati del Real Madrid che, complice una campagna acquisti priva di qualsiasi movimento in entrata (eccezion fatta per lo svincolato David Alaba), non mettono a bilancio alcun debito. A salvare i Blancos è stato anche il forte appeal di cui gode una società così storica. Sempre secondo il report di Football Benchmark, le Merengues sono ancora una volta il club col valore più alto in Europa. Qualora a qualcuno venisse in mente di comparsi la società di Florentino Perez, dovrebbe mettere sul piatto almeno 2 miliardi e 909 milioni di euro.
Venendo alle nostre squadre italiane, qualche settimana fa abbiamo appreso la notizia dell'approvazione di bilancio da parte della Juventus. I bianconeri hanno dominato la Serie A per l'ultimo decennio, interrompendo la propria egemonia solo nella passata stagione. Nonostante i successi in patria, Andrea Agnelli ha sempre serbato il desiderio di alzare al cielo la Champions League e per farlo ha puntato tutto su Cristiano Ronaldo. L'arrivo a parametro zero di giocatori come Ramsey e Rabiot ha ulteriormente gravato sulle casse della Vecchia Signora, gettandola in un pozzo di crisi economica.
La cessione del portoghese al Manchester United gioverà ai bilanci dei bianconeri che nel frattempo si ritrovano a gestire un rosso in bilancio di -210 milioni di euro. Si tratta di una cifra comunque più bassa rispetto a quella che affligge l'Inter. In estate, Marotta e Ausilio hanno dovuto fare i conti con il regime di austerity imposto dagli Zhang, vendendo i prezzi pregiati della squadra fresca vincitrice dello Scudetto e puntando invece su giocatori a parametro zero (Hakan Calhanoglu) o comunque dal costo del cartellino molto basso (Edin Dzeko). Sebbene i nerazzurri abbiano incassato quasi 200 milioni dalle cessioni di Lukaku e Hakimi, i debiti ammontano ancora a -246 milioni di euro.
Situazione meno complicata per il Milan che, dopo le spese folli di qualche anno fa, ha deciso negli ultimi tempi di effettuare pochi acquisti mirati per riprendersi dal tunnel di mediocrità in cui era precipitato. Grazie al progetto portato magistralmente avanti da Maldini e Massara, il club rossonero ha messo a bilancio un rosso di soli 96 milioni di euro; un debito importante, ma che non deve preoccupare più di tanto.
Le contraddizioni che segnano il sistema calcistico sono tutte espresse dalla mancanza del Paris Saint-Germain dalla lista dei club più indebitati d'Europa. I parigini sembrano non aver patito le ristrettezze della pandemia e in estate hanno messo in piedi una campagna acquisti faraonica. Discorso diverso invece in Germania, dove i club della Bundesliga hanno deciso di far fronte comune promuovendo un fondo da destinare alle società tedesche in difficoltà. Le sole 4 squadre qualificate alla Champions League hanno donato 20 milioni di euro.
Si può dunque vedere come la pandemia non abbia fatto altro che consolidare e addirittura espandere quel gap economico che divideva società come PSG e Manchester City da altre più modeste. O i vertici della UEFA decidono di assumere delle politiche limitative verso i paperoni del pallone oppure dovremo abituarci a un calcio dominato da poche superpotenze.