L'uomo della 6ª giornata di Serie A: Zlatan Ibrahimovic, l'anti-Ronaldo che sa fermare il tempo
Come Cristiano Ronaldo ha sconfitto il Coronavirus e come il fenomeno portoghese non ha risparmiato frasi ad effetto, senza prendere di mira i tamponi, ma esaltando al solito la propria fibra da highlander. Come Cristiano Ronaldo ha saputo tornare decisivo poco dopo la guarigione, a dispetto dell’età. Le similitudini terminano però qui, perché oltre ad una differenza anagrafica, c’è tutto quello che rende leggendario il palmares di uno e che invece manca del tutto in quello dell’altro, dalle Champions a raffica fino ai Palloni d’Oro. Un’altra differenza è la classifica, perché oggi Re Cristiano deve inseguire il gigante svedese, autentico trascinatore di un Milan capace di riscrivere record che sembravano intoccabili, almeno in questa fase della propria storia.
Non è lecito immaginare cosa sarebbe successo con Ralf Rangnick in panchina, evento scongiurato (anche) dallo stesso Ibra, che con la società si è speso per la conferma di Stefano Pioli. “Certo, così farà la formazione e si metterà sempre in campo” disse più di qualcuno, cavalcando il carattere mansueto del tecnico parmigiano. Dicerie maliziose, perché se magari con il manager tedesco Zlatan avrebbe anche potuto vivere qualche panchina in più, di fronte a uno stato di forma così scintillante ci sarebbe comunque stato ben poco da fare.
La rovesciata di Udine si candida già da ora come una delle fotografie dell’intero campionato, per la perfezione e la spettacolarità del gesto tecnico e per l’importanza dello stesso, forse nella peggior partita disputata dal Milan in stagione e all’interno di una prestazione non sempre brillante da parte dello stesso fuoriclasse svedese.
Certo, si tratta di una giocata estemporanea e se si sogna davvero lo scudetto non sarà sempre possibile basarsi su questi episodi, ma intanto si tratta della sesta giornata di fila a segno in A, come nella storia del Milan nell’era dei tre punti era capitato solo ad Andriy Shevchenko, nel 2001, e allo stesso Zlatan, ma nel 2012, in un contesto completamente diverso, a 31 anni e con un Milan con lo scudetto sulle maglie. E come dimenticare che a inizio stagione il Milan veniva timidamente inserito tra le candidate ad un posto in Champions e che tra una gara e l’altra di campionato c’è anche un percorso finora netto in Europa con il passaggio ai sedicesimi quasi in cassaforte?
A pass ottenuto e a effettivi della rosa finalmente a disposizione Pioli potrà fare turnover e capire un po’ meglio le vere potenzialità della squadra, ma intanto l’allenatore eguaglia due miti come Ancelotti e Capello, capaci di vincere cinque delle prime sei partite di campionato in una stagione. In entrambi i casi poi fu scudetto, ora l’impresa sarà ben più ardua, perché la sensazione è che rinunciare a Ibrahimovic non sarà semplice in campionato neppure contro squadre di bassa classifica, come successo ad Udine, e che a decidere sui propri turni di riposo sarà lo stesso giocatore, come accade proprio a Ronaldo.
In 22 partite giocate dal ritorno a Milano nello scorso gennaio Ibrahimovic ha partecipato a 23 reti, firmando 17 gol e sei assist, l’ultimo dei quali a Udine per Kessié, che sembra avere tutto per diventare un… Nocerino dei tempi odierni. C’è ovviamente molto merito dello svedese se il Milan va a segno da 26 partite consecutive in campionato, striscia mai raggiunta dal Diavolo negli ultimi 40 anni, neppure durante la gloriosa era Berlusconi.
Quello di oggi è un Ibrahimovic sempre istrionico, ma più umano in termini di rapporti con i compagni, un tempo rimproverati duramente per un assist sbagliato, oggi guardati… solo con sguardo severo. Un Ibra in fiducia, leader fuori e dentro il campo e capace già di vincere la propria sfida, quello di dimostrarsi sempre decisivo. La seconda, riportare la squadra in Champions dopo otto anni, sembra alla portata. La terza, tornare campione d’Italia e magari sottrarre il Pallone d’Oro a Ronaldo, è appena iniziata. Ma non sembra impossibile. E anche questa è già una vittoria.
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